Nei concerti di Enrico Ruggeri è sempre stato il più atteso, accolto da applausi infiniti dei fans che attendevano il suo lancio del plettro al pubblico con sguardo sornione dopo uno spettacolo passato con grande concentrazione sulla sua musica. Un musicista vero, uno dei migliori chitarristi che possiamo vantare, uno dei pochissimi italiani in grado di incantare con suoni di livello internazionale, e di cui lo si possa dire con piena certezza di quel che si afferma. Ancora più bello è poter parlare di un grande artista che è anzitutto una grande persona, generosa e ricca di quei valori che esprime al meglio nella sua forma prediletta della musica: Luigi Schiavone, autore e arrangiatore di incredibili brani come Il mare d’inverno, Quello che le donne non dicono, Polvere, Prima del temporaleLa canzone della verità (lato B di Si può dare di più) e praticamente di tutti i più grandi successi di Enrico Ruggeri. Con lui ha collaborato per anni, condividendo il trionfo del 1993 a Sanremo con Mistero, dove accompagnava Enrico con la sua inseparabile chitarra. Un autore eclettico, di formazione rock, che passando poi per il punk ha saputo confezionare con l’amico di sempre Ruggeri brani melodici di grande spessore emotivo. Luigi Schiavone è senza alcun dubbio uno dei più grandi musicisti, veri, tanto che, a dispetto delle mode imposte dalle radio e dalle tv, ha già inciso due album solo strumentali, che non hanno aspettative di classifica, ma di vero amore per la musica: la sua è un’arte vera, la sua massima forma di comunicazione. Quasi certamente  sarebbe stato davvero il chitarrista italiano più celebre all’estero se la paura di viaggiare in aereo non lo avesse frenato (nel ‘93 accompagnò Ruggeri all’Eurofestival viaggiando in automobile fino in Irlanda!). È sicuramente timido, introverso, ma con lui è veramente piacevole chiacchierare, e così basta poco è il dialogo passa immediatamente dal “lei” al “tu”. E così, impegnato ora con Ale e Franz in Nel nostro piccolo, dove accompagna i due comici con gli arrangiamenti sui brani di Gaber e Jannacci, ci ha dedicato un po’ del suo tempo per questa interessantissima intervista, che si è tramutata subito appunto in una bella chiacchierata sulla musica, sui progetti (a breve uscirà un nuovo album) e sul suo rapporto con Enrico Ruggeri, dove non nasconde il suo dispiacere per una collaborazione improvvisamente interrotta, ma con la fierezza di chi guarda al futuro verso tante novità che la vita con la musica gli può dare. Siete curiosi di sapere cosa ci ha raccontato? Buona lettura!

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Luigi come nasce la collaborazione con Ale e Franz?

La collaborazione nasce qualche anno fa dopo alcuni spettacoli che si erano fatti insieme a Enrico (Ruggeri), e in occasione di questo progetto hanno rivoluto la stessa band (con Orsi, Luppi e Palermo) per lo spettacolo. Abbiamo cercato di arrangiare le musiche di Gaber e Jannacci adattandole per Ale e Franz che non sono due cantanti.

Durante lo spettacolo effettivamente ci si ritrova davanti ad arrangiamenti talmente importanti che ci si dimentica che Ale e Franz non siano due cantanti, e la musica che proponete è di assoluto valore. Cosa significa per un autore come te, che arriva dal rock, suonare Gaber e Jannacci?

Ho una formazione rock è vero, ma ho sempre suonato un po’ di tutto, e mi è sempre piaciuto molto sperimentare, dal punk al pop.

A-Nova, il tuo ultimo lavoro è stato un album solo strumentale: un progetto anche molto coraggioso sotto questo punto di vista, ma straordinariamente emozionante. 

A-Nova essendo un album solo strumentale è chiaramente molto di nicchia, e non è stato quindi distribuito in copie elevate per lo stesso motivo. Abbiamo provato con Fabrizio Palermo e Orsi a portare questo lavoro in un paio di spettacoli, ma ovviamente non è facile nemmeno trovare teatri adatti per questo genere di cose. Nello scketch della panchina di “Nel nostro piccolo” c’e una breve parte di un brano, “Zero gravity” che è inserito in A-Nova,  che hanno voluto fortemente Ale e Franz a cui piaceva l’idea di inserire anche qualcosa di questo album che avevano ascoltato.

Durante i concerti, e così anche in questo spettacolo, si ha la sensazione che tu parli con la tua chitarra in un rapporto intimistico e viva in un mondo tutto tuo dove ti estranei da tutto. Con gli strumenti quindi si parla?

Sí é il mio modo di esprimermi: io sono molto timido e anche parlare mi risulta sempre molto difficile, quindi è possibile che dia quell’impressione. Mi dicono sempre che non rida mai, in realtà non è così: a parte questo spettacolo in cui, con Ale e Franz è comunque praticamente impossibile non ridere, rido spesso, solo che quando suono resto molto concentrato sulla mia musica.

Che progetti ci sono nel prossimo futuro?

Sto finendo di lavorare a un altro album solo strumentale, il terzo perché prima di A-Nova ne era uscito un altro nel 2010.  Questo uscirà per febbraio o marzo del 2019. Mi hanno chiesto di inserire anche brani cantati, ed è probabile che ci possano essere ma eventualmente non li canterò io, li canterà qualcun altro.

Seguirá un tour?

Vale le lo stesso discorso fatto per A-Nova: un lavoro solo strumentale è difficile portarlo nei teatri.

Qualche cantante ti ha chiesto di scrivere brani per lui, magari per il prossimo Festival di Sanremo, tu che l’Ariston lo conosci molto bene e anche con successo?

Onestamente no, anche perché l’autorato delle canzoni sta andando tutto verso una direzione per cui più o meno gli autori sono sempre quelli. Non è una polemica, ma è semplicemente un dato di fatto: ora vengono richiesti altri autori, che fanno una musica diversa dalla mia.

Cosa significa per un autore come te, che ha firmato canzoni memorabili, vedere oggi le classifiche Fimi che cambiano continuamente, con album che non restano nella Top ten per più di due settimane? 

Restare in classifica ora è difficile: io ho 60 anni, forse è un fatto anagrafico ma a me certe canzoni non dicono nulla. Faccio fatica a considerarla musica. Non posso dire che mi facciano schifo o che mi piacciono: sono canzoni che non mi dicono nulla. Ascolto Young Signorino e non mi dice nulla, non mi dà alcuna emozione. Ma ripeto forse è solo un fattore anagrafico, per me la musica è un’altra cosa, io anche nelle canzoni pop ho sempre fatto un genere completamente diverso: ora però piace il trap.

Ho 33 anni e ti assicuro non si tratta di un fattore anagrafico…per questo ti chiedo, credi che davvero sia il genere che piace, o ci viene in qualche modo invece imposto dai media?

Certo le radio aiutano molto a influenzare i generi musicali. L’unico che mi piace molto è Fabri Fibra, che ha una storia e forse anche per l’eta che ha propone brani importanti, parlo anche da un punto di vista dei testi. Lo ascolto e i suoi testi hanno un significato, per il resto faccio fatica a capire cosa vogliano dire i testi del trap.

I social li usi?

Molto poco per la verità.

Ecco sui social i fan recriminano sempre la tua assenza nei concerti con Ruggeri e ne invocano il tuo ritorno. Lui recentemente ha postato una foto senza i Decibel, ma con un altro gruppo, e tu non ci sei, e in tanti hanno commentato richiedendo la tua presenza. Tornerete a suonare insieme o è finito il rapporto?

Nessuno ha mai detto “È finito il rapporto”, semplicemente Enrico ha preso un’altra strada e io ne ho preso atto. Non ci sentiamo e non ci vediamo da due anni. Non credo proprio ci sia la possibilità di un ritorno alla collaborazione. Per adesso non ci sono i presupposti. La cosa grave forse è che dopo 37 di lavoro insieme Enrico non mi abbia detto proprio nulla, mi aspettavo che mi comunicasse almeno a voce che non intendeva più avvalersi della mia collaborazione. L’ho dovuto solo dedurre, ma va benissimo lo stesso. Lui ha fatto una scelta di un percorso diverso, io ne ho preso atto, e ciascuno ha preso la sua strada. Sono molto contento per lui se questo è quello che lui voleva e che crede sia il percorso giusto.

In realtà tutti i fan comunque sembrano essere nostalgici delle vostre canzoni insieme, sarebbe un peccato non vedervi più insieme.

Non ci sentiamo da due anni ma nessuno ha mai detto “Non suoneremo mai più insieme”.

Massimiliano Beneggi

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