Amadeus ha debuttato su Nove (che in tanti continuano a chiamare erroneamente La Nove). Anche questo passaggio è fatto: la vera sfida per il conduttore inizia ora, che è superata quella minima fase di curiosità intorno al cambiamento di rete più sopravvalutato di sempre. In termini economici ma anche in termini concettuali. Onestamente, è cambiata la vita salariale o morale di qualche italiano dopo questo passaggio di Amadeus a Nove, annunciato ad aprile scorso e trattato il 22 settembre come un evento?
Scriviamolo apertamente: da un arrivo a Nove presentato in pompa magna era lecito attendersi qualcosa in più. Invece Amadeus è un flop su ogni fronte nel giorno del suo doppio debutto.

Aveva preparato tutto scientemente Amadeus, pianificando l’esordio nella sera del derby milanese. In tal modo sapeva di avere la scusa pronta per la mancanza di uno share competitivo; anzi, era pure giustificato nel non guardarsi nemmeno lui nelle registrazioni, per tifare la sua Inter. E in questo ha fatto male, perché almeno avrebbe visto che cosa ha combinato.
Si comincia con I Soliti ignoti, che per motivi di copyright diventa Chissà chi è, ma che rimane esattamente lo stesso programma. Non si è mai visto un gioco più noioso di questo, condotto con una lentezza che né Amadeus né, prima di lui, Fabrizio Frizzi hanno mai saputo evitare. È il format a richiederlo. Il pubblico si addormenta facilmente davanti a certi show: finché c’era da attendere la prima serata di Raiuno con sto programma, si sopportava, ma ora non vale proprio la pena di seguire in gioco così. Non c’è un senso logico nelle risposte dei concorrenti, ma nemmeno nel programma stesso: ci hanno insegnato per una vita che non è l’abito a fare il monaco, e nel 2020 dovremmo riconoscere il mestiere di una persona solo dal suo volto o dalle sue mani? Perché proporre ancora sto programma? E perché non cambiare nemmeno una virgola di una trasmissione che non è mai piaciuta ed era già stata interrotta anni fa? Perché riproporla pochi mesi dopo la fine dell’ultima edizione, senza nemmeno lasciare vivere il sentimento revival? Voto 4.
Si passa quindi a Suzuki Music Party (voto 4). Per presentarlo, Amadeus si è arrogato il diritto di annunciarne i cantanti con largo anticipo e con l’enfasi che poteva permettersi a Sanremo. Lo show è un concentrato di tutto quello che si è già visto e che prova a creare il grande evento televisivo. Accade tutto in un palazzetto enorme (l’Allianz Cloud di Milano, che per l’appunto non sarebbe mai stato riempito in diretta nella sera del derby). Qui Amadeus con Ilenia Pastorelli (voto 7, la sua simpatia almeno dà colore ed energia, ma il conduttore lo ha scoperto solo ora, ignorandola quando poteva chiamarla a Sanremo) presenta 15 nuove canzoni, senza gara. Qualcuno rovina la sorpresa al conduttore, come Tredici Pietro e Francesca Michielin, che avevano già fatto uscire il singolo due giorni fa dimenticandosi che Suzuki Music Party sarebbe andato in onda in differita. Qualcun altro, invece, rispetta completamente il regolamento di Amadeus: è il caso della Mannoia, con cui il conduttore va a braccetto in ogni occasione ai limiti della ruffianeria reciproca, insopportabile per chi guarda da casa e deve sorbirai in continuazione i loro scambi di complimenti. In ogni caso il conduttore si salva in calcio d’angolo, parlando di anteprima televisiva. Va bene, ma chi ha pagato il biglietto per vedere lo show all’Allianz Cloud aveva avuto altre promesse: certo, non è la prima volta che Ama non rispetta le promesse (ricordate il premio Cutugno tanto promesso?). Va detto che il pubblico le canzoni non le conosce ancora comunque: quando Tananai canta la strofa “Gli avrei spaccato il naso”, viene inquadrata una ragazza che, sicura, intona “Gli avrei spaccato il muso”. Avrà sbagliato canzone, ma procediamo sul commento di questo show autoreferenziale, dove l’evento è solo la scusa per festeggiare Amadeus con cantanti che gli devono dire un “grazie”.

Dicevamo, c’è un po’ tutto quello che si è già visto: l’atmosfera dell’Eurovision Song Contest (con tanto di pessima acustica) in uno spazio enorme, il tavolo per le interviste in stile Fabio Fazio, i brani inediti in stile Sanremo, le urla di Amadeus in stile Festivalbar e L’anno che verrà. È tutto un gran casino. La scelta dei Big si commenta da sola: due di loro sono appena usciti di galera per rissa. Ad Amadeus piace far vedere di essere al passo col gusto dei ragazzini e continua a soddisfarli come faceva al Festival con scelte discutibili. Peccato che a furia di farsi scrivere i cast dal figlio adolescente, Amadeus abbia perso il senso del suo mestiere in un’epoca che vede i nuovi cantanti essere sempre meno musicisti e più chiacchieroni da social.
È a disagio persino lui (pensa un po’, un conduttore a disagio in casa sua…) quando parla con Lazza o con Anna Pepe, che sanno tenere la scena e lo fanno sembrare un beota che prova a scimmiottarne il linguaggio. Quando ha a che fare con i galeotti, sembra il timido della classe che ha soggezione dei bulli: e allora perché invitare proprio loro? Costavano poco? Purtroppo no, ma d’ora in avanti almeno non saranno più soldi pubblici, problema di Warner Bros. In ogni caso questa esigenza che avverte Amadeus di assecondare i ragazzini è persino controproducente, ma gli serve per ribadire di essere stato il direttore artistico del Festival.
Suzuki Music Party è l’occasione per una continua autocelebrazione di ciò che Amadeus ha fatto in cinque anni a Sanremo. In effetti ha fatto molto, nessuno lo ha mai messo in discussione. Non si dimentichi però che è stato lui ad abbandonare la Rai e non viceversa. Continuare a esaltarsi da solo, piagnucolando perché nessuno gli abbia detto un grazie in più (dopo i tanti già espressi dal servizio pubblico) è pietoso. A proposito, Amadeus ha detto che non guarda Affari tuoi con De Martino perché sarebbe come vedere la propria ex con un altro. Beh, donna di facili costumi questa Affari tuoi: prima di lui c’erano già stati Bonolis, Clerici, Pupo, Giusti, Insinna, Conti. Nessuno si era mai lamentato. Questione di signorilità: oltretutto, non risulta ci sia stato un ringraziamento di Amadeus alla Rai nella sua prima puntata a Nove, perché pretendere il contrario? Per Amadeus il voto è 2. Idem per il pubblico che ne ha sopportato l’intera serata, perché se con il potere del telecomando si continua lo stesso a seguire le solite manfrine, questa tv non cambierà mai.
Massimiliano Beneggi
