Articolo di Massimiliano Beneggi – È in scena fino al 13 ottobre, al Piccolo Teatro Grassi di Milano (via Rovello), Il barone rampante di Italo Calvino (produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, durata 180 minuti, 2 atti). Ecco la recensione.

IL CAST

Mauro Avogadro, Nicola Bortolotti, Matteo Cecchi, Leonardo De Colle, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Marina Occhionero. Regia di Riccardo Del Frate. Scene Guia Buzzi. Costumi Gianluca Sbicca. Disegno luci Luigi Biondi. Composizione musicale e sound design Davide Fasulo. Animazioni Davide Abbatte

LA TRAMA

Cosimo è un dodicenne primogenito di una famiglia nobile, strettamente conservatrice e attenta a consuetudini rigorose. Ribellandosi a un piatto di lumache, incontra la punizione di suo padre che lo costringe a uscire di casa, ma lui non sembra dolersene. Il piccolo barone inizia a vivere sugli alberi, finendo persino nel giardino della famiglia rivale, quella dei Dondarini. Lì si infatua di Violante, con cui tra il serio e il faceto inizia un gioco che sarà una prova d’orgoglio per tutta la sua vita: Cosimo non metterà mai più un piede a terra e rimarrà per sempre sugli alberi. La bizzarria gli costerà l’amore, ma gli consentirà altresì di vivere con leggerezza inimmaginabili avventure. Farà amicizia con personaggi stravaganti come il brigante Gian Dei Brughi, a cui fa conoscere la bellezza della lettura, con uomini di cultura come Voltaire e verrà a contatto persino con Napoleone Bonaparte. Cosimo cresce, matura, invecchia: non tornerà mai indietro rispetto al suo principio di mettere piede sulla terra.

LA MORALE

Restare eternamente fedeli a se stessi, a dispetto delle convenzioni, è un valore che rende più liberi o al contrario rende prigioniero del proprio orgoglio? Il barone rampante ci insegna a non porci troppe domande e a vivere senza preconcetti, ma di fondo sottintende una delle questioni esistenziali a cui è difficile rispondere con certezza. Cosimo abbandona le radici familiari per vivere sulle radici degli alberi e crearsi un nuovo Io pieno di avventure e conoscenze che fanno di lui un ragazzo più altruista. Ignora, pero, il rischio di essere più personaggio che persona.

TARGET

Spettacolo su un romanzo di formazione intramontabile per tutti. Studenti in primis.

IL COMMENTO

Uno dei romanzi più celebri della nostra letteratura arriva per il terzo anno consecutivo al Piccolo Teatro, riportando sul palcoscenico la leggerezza e l’ironia della penna di Italo Calvino. Nella regia di Del Frate è tutto fedele all’originale (ergo, anche chi non la passione della lettura potrà conoscere una delle opere più divertenti di Calvino). Il linguaggio dell’autore è frizzante e si presta a raccontare la storia con i ritmi dinamici di un cast variopinto, dove ciascun attore interpreta diversi personaggi. Pedane e passerelle agevolano cambi di scena, senza richiedere eccessivo sforzo di immaginazione al pubblico.

IL TOP

Brillano in particolare Matteo Cecchi (Cosimo) e Marina Occhionero (Violante): attori giovani così energici, sicuri ed espressivi regalano tanta fiducia nel futuro del teatro italiano. L’intero cast mantiene fede all’idea del regista, che fa raccontare e interpretare la storia sempre agli stessi attori adulti dall’inizio alla fine: nessuno di loro scade nella tentazione di fare la caricatura del bambino. Azzeccata la scelta di creare una doppia narrazione simultanea al passato e al presente negli stessi personaggi.

LA SORPRESA

C’è un cane, Ottimo Massimo, a cui Italo Calvino aveva pensato per rendere la storia più divertente, creando un amico fedele al buon Cosimo. Il primo problema del regista deve essere stato di capire come presentarlo in scena. Detto fatto: sui binari del palcoscenico ecco correre da una parte all’altra il cartonato di un bassotto, che diverte moltissimo il pubblico.

Massimiliano Beneggi

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