Il Festival di Sanremo potrebbe non essere più affidato alla Rai. Questa è la notizia riassunta in una frase, dopo la sentenza di ieri del TAR della Liguria che ha dichiarato illegittima l’assegnazione diretta del Festival di Sanremo alla Rai. Approfondiamo e capiamo realmente cosa significa la sentenza e cosa cambierà ora.

Anzitutto va fa fatto un passo indietro, riassumendo la storia, più che mai utile in questa vicenda. Ricorderete probabilmente che dal 1989 al 1991, il Festival di Sanremo veniva organizzato dalla società O.A.I di Adriano Aragozzini. Precedentemente era organizzato dalla Publisbei di Carlo Bixio e Gianni Ravera. Prima ancora venivano chiamati dal Comune di Sanremo i cosiddetti patron: oltre a Ravera si ricorderanno Vittorio Salvetti, Gianni Naso, Ezio Radaelli, Elio Gigante. Tutti impresari di un certo calibro che, con colossi produttivi alle spalle, si occupavano dell’organizzazione e che, come tali, erano direttamente cercati dal Comune di Sanremo e dall’ATA (azienda turistico alberghiera) per creare l’edizione del Festival della canzone italiana. Un marchio (registrato dal Comune di Sanremo solo nel 2000) che in alcuni anni non faceva gola a nessuno: si pensi all’edizione 1975, quella vinta da Gilda con Ragazza del Sud, in cui nessun produttore si fece avanti e l’organizzazione fu del solo Comune, che spesso si è affiancato a quei colossi produttivi di cui dicevamo. Nel 1992, l’organizzazione passa in mano alla Rai e per due anni c’è ancora la consulenza artistica sia di Aragozzini che di Bixio e Ravera jr. La palla, però, è già praticamente in mano al servizio pubblico (che col Casinò aveva già organizzato le primissime edizioni del Festival): dal 1994 le società private non hanno più voce in capitolo. Il Festival della Canzone Italiana è di competenza della Rai, che ciclicamente rinnova la convenzione col Comune di Sanremo.

Ebbene, nel 2023 la società Je Srl (edizioni musicali) fa ricorso contro il monopolio Rai che non ammetterebbe concorrenza. Inizialmente il ricorso è respinto, ma il TAR della Liguria ieri 5 dicembre 2024 si è espresso diversamente. Dal 2026 (per il 2025 ormai i giochi sono fatti e sarebbe scorretto cambiare nuovamente le carte in tavola), andrà indetta una gara per chi volesse aggiudicarsi il Festival della canzone italiana. In poche parole, la Rai rimane legittimamente proprietaria del format (ossia ciò che riguarda le mansioni del direttore artistico che sceglie il regolamento con 30 canzoni in gara, la serata cover ecc..) ma non è ritenuto corretto che il Comune le affidi direttamente il marchio Festival della canzone italiana (per il quale la Rai paga ogni anno) senza una gara con altri produttori. Esultano Je Srl e Striscia la Notizia che, da anni, porta avanti la causa. Si sfregano le mani alcuni che mormorano il possibile ingresso di Warner (canale Nove) nella gara per i prossimi anni.

Il rischio che il servizio pubblico possa perdere il Festival di Sanremo è concreto in base alla registrazione di quel marchio da parte del Comune, fatta nel 2000. È chiaro infatti che, qualora il bando lo vincesse una rete concorrente che offre più soldi, il Comune di Sanremo con tutta la buona volontà non potrebbe sottrarsi al risultato della gara. La Rai potrebbe organizzare comunque un altro Festival, mantenendo il suo format, ma non sarebbe più a Sanremo: per quanto sia potente il servizio pubblico, la storia ha dimostrato che ogni manifestazione musicale che provi a scimmiottare il Festival di Sanremo ha ben poco appeal. Ne sanno qualcosa Canale 5, che nel ‘93 e nel ‘94 tentò di creare il Festival italiano, e Nove, che lo scorso settembre ha raggiunto ascolti compassionevoli con il Suzuki Music Festival.

Che il Comune di Sanremo preferisca la Rai è evidente. La convenzione, di cui si parlava, è sempre stata rinnovata infatti attraverso una precisa volontà del Comune di Sanremo di affidarsi al servizio pubblico, ritenuto il migliore cliente. Nonostante i ripetuti altolà, il Comune non ha mai davvero bussato alle porte di Mediaset, Sky o altri colossi televisivi: non si vede perché, con buona pace dei titoloni sensazionalistici, si dovrebbe auspicare l’ingresso di un gruppo come Warner con tanto di Amadeus, che insieme stanno collezionando un flop dietro l’altro.

La soluzione a dirla tutta ci sarebbe. Il Comune potrebbe rinunciare a organizzare il Festival della canzone italiana, così denominato, accettando di ospitare un nuovo Festival organizzato direttamente dalla Rai (che dovrebbe registrare un nuovo marchio). A quel punto, la Rai sarebbe proprietaria direttamente anche del marchio e sarebbe lei a scegliere di rimanere a Sanremo, riconoscendola moralmente come patria della musica italiana. Oppure basterebbe imporre nel bando pubblico dei paletti ulteriori (per esempio le garanzie che la società acquisitrice sia un soggetto di comprovata storia artistica – ovviamente opinabile -) e anche in questo caso i giochi sarebbero sempre a favore della Rai.

In viale Mazzini, però, sono convinti che non sarà nemmeno necessario ricorrere a questi escamotage. È già stato fatto ricorso.

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