Si ispira alla tragedia di Eschilo I sette contro Tebe lo spettacolo Sette a Tebe, Questo orribile amore per la guerra in scena stasera martedì 28 gennaio (ore 21) al Teatro Duse di Bologna. Sul palco PoEM – Potenziali Evocati Multimediali, compagnia nata alla fine del 2021 per iniziativa di un gruppo di diplomati alla Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino. Lo spettacolo, prodotto da ArtistiAssociati Centro di produzione teatrale diretto da Walter Mramor, si avvale della regia di Gabriele Vacis e della scenofonia firmata da Roberto Tarasco.

Al centro della scena, il vissuto corale dei cittadini di Tebe fa da cassa di risonanza a quanto accade al di là dalle mura della città e fa accadere in scena i rumori dell’assedio, i colori e le immagini terrificanti del nemico, dell’estraneo, dell’altro che da fuori spinge e minaccia l’ordine della città dalle sette porte. Ma l’altro, come ci rivela l’inaspettato scontro alla porta settima tra i fratelli nemici Eteocle e Polinice, ha sempre le sembianze del fratello: la guerra è sempre guerra civile.

Il copione è costruito incastonando nel testo di Eschilo brani di voci attuali che portano sulla scena dati tecnici sulle armi in uso nel nostro tempo, ma anche considerazioni storico-culturali sull’immanenza della guerra ad ogni latitudine, geografica e cronologica, della nostra civiltà. Sulla trama di un testo così costruito, i giovani attori/autori di PoEM si prendono la responsabilità di rappresentare, di far accedere alla realtà aumentata del teatro, i desideri, i punti di forza e di debolezza della generazione dei ventenni: in scena riflettono l’esperienza della guerra nei pensieri, nei gesti, sui corpi dei giovani loro coetanei.

La tragedia di Eschilo si dichiara così necessaria e matrice in grado di generare una presentazione adeguatamente complessa del nostro tempo.

In un’altalena che oscilla tra le parole di Eschilo e le domande del presente su cosa sia, allora come oggi, la guerra, si attiva un cortocircuito energetico tra antico e contemporaneo, complici molti autori, di epoca e cultura diversa, chiamati in causa: Henri Laborit, Sun Tzu, Franklin J. Schaffner, Bertolt Brecht e, soprattutto, James Hillman che orienta la prospettiva mai retoricamente buonista sul tremendo impasto di amore e ferocia che ha il nome divino di Ares, innescando la concentrazione di uno sguardo e la direzione di un pensiero, mai scontato, sulla terribile vitalità di ogni guerra.

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