È in scena fino al 2 febbraio, al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano, L’Anatra all’arancia (produzione Compagnia Molière con Teatro Stabile di Verona) di W. D. Home e M. G. Sauvajon. Due atti, durata 155 minuti. Ecco la recensione.

IL CAST

Emilio Solfrizzi, Carlotta Natoli, Ruben Rigillo, Beatrice Schiaffino, Antonella Piccolo. Regia di Claudio Greg Gregori. Scene Fabiana Di Marco; Costumi Alessandra Benaduce; Disegno luci Massimo Gresia.

IL TARGET

Dai 14 anni in su

LA TRAMA

Gilberto e Lisa sono sposati da tanti anni: hanno due figli e la loro complicità potrebbe sembrare eccezionale. Eppure una sera, Gilberto decide di parlare apertamente alla moglie della scoperta che ha fatto: sa di una relazione extraconiugale tra Lisa e un conte francese. Lei, da sempre tradita e soffusa dal marito egoista, confessa subito il suo profondo amore per il nobile. Lo fa con una naturalezza disarmante, al pari della leggerezza con cui Gilberto ascolta il suo racconto. Lui, infatti, la asseconda, mostrandosi pronto persino a prendersi le sue responsabilità. Mette in atto anzi un piano ancor più incredibile: invita a pranzo il nobile, con cui Lisa è in procinto di andare a convivere, e Patty, la sua svampita segretaria. L’obiettivo dichiarato è farsi sorprendere dalla pettegola cameriera a letto con Patty, in modo che pubblicamente apparirà giustificata la liason tra Lisa e il conte. Controvoglia, Lisa accetta la proposta e così viene organizzato un inverosimile pranzo a quattro fra i due amanti, Gilberto e Patty. Ma perché Gilberto ha voluto ordire questo piano? Perché perde contro il conte a tennis e a scacchi, dove è sempre infallibile? Perché ha voluto che venisse cucinata proprio l’anatra all’arancia per questo incontro? Lisa si pone varie domande, in una giornata destinata a fare crescere tante gelosie reciproche…

LA MORALE

L‘anatra all’arancia è una storia che racconta l’amore nelle sue sfaccettature più complicate, scavando persino nella meschinità dell’animo umano, per mostrare la parte più tenera delle persone, che spesso rimane sopita. In fondo quello che si richiede, in amore, è di non smettere mai di giocare: l’ironia con cui Gilberto e Lisa, a suon di bicchieri di gin, affrontano le reciproche infatuazioni, è la vera chiave della coppia per rievocare ricordi e (ri)scoprire e ciò che non si ha più avuto il coraggio di dirsi per troppo tempo.

IL COMMENTO

Celebre commedia, nata a teatro nel 1967 e resa celebre in Italia anche dalla pellicola di Luciano Salce: in questa nuova versione c’è ancora più rapidità nei ritmi, con un climax di risate e momenti che accrescono la curiosità del pubblico di sapere dove vuole andare a parare il piano diabolico di Gilberto. Il clima assurdo tra i protagonisti della storia, dove il marito cornuto e consapevole tratta da complice l’amante della moglie, probabilmente è persino quello auspicato da molte coppie che vorrebbero una separazione consensuale. Se il testo rimane surreale ma cambia interpretazione rispetto a quando uscì la commedia a teatro (in Italia non vi era ancora la legge sul divorzio), a sottolineare l’aspetto più stralunato della storia sono le espressioni comiche degli attori, che devono esasperare il finto divertimento di due coniugi in realtà gelosissimi. Una bella commedia per riscoprire come in fondo non sia così difficile recuperare la vivacità originale dell’amore. Tante risate in uno spettacolo lungo ma decisamente appagante.

IL TOP

L’errore di pensare ancora a Tognazzi e Vitti lo commettiamo un po’ tutti in platea, ma è un peccato veniale: si parla di due miti assoluti, diventati modello di recitazione per chiunque. Se quindi a tratti sembra di rivedere loro sul palcoscenico, non è perché Solfrizzi e Natoli li vogliano imitare, ma piuttosto perché sono talmente bravi da somigliare ai più grandi attori di sempre. Solfrizzi ricorda Tognazzi nei soliloqui filosofici e di analisi grammaticale, la Natoli sottolinea l’ansia del suo personaggio proprio come faceva la Vitti: entrambi danno anche tanta carica di personalità, con guizzi di comicità irresistibile che si esprime già a partire dalla mimica. La coppia, che aveva lavorato insieme anche sul piccolo schermo in Tutti pazzi per amore, è azzeccatissima, la sintonia è evidente: quando c’è Solfrizzi ci si diverte sempre (e un po’ ci si commuove anche). Riuscire a fare ridere per due ore e mezza, significa essere in grado di andare oltre il divertimento del testo stesso, che inevitabilmente diventa anche un po’ ripetitivo in certi momenti. Eppure, merito anche di Greg alla regia che ha saputo snellire le parti più lunghe, si arriva a fine spettacolo senza accorgersi di quanto tempo sia passato.

LA SORPRESA

Beatrice Schiaffino è straordinariamente ironica e divertente nel ruolo della segretaria svampita che, al contrario di quanto si possa immaginare, non è affatto un personaggio semplice. Per interpretare una donna priva di personalità, bisogna in realtà averne tanta. La Schiaffino ci riesce, senza scadere mai nella banalità, ma dando grande comicità. Bella sorpresa in un ruolo da non protagonista. Scenografia luminosa e rassicurante, che rappresenta il bel salone della casa. Tanto ritmo, pur senza colonna sonora: applausi meritati al Lirico Giorgio Gaber che ogni sera fa sold out con questo spettacolo.

Massimiliano Beneggi

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