La prima serata del Festival di Sanremo 2025 l’abbiamo seguita per voi, minuto dopo minuto. Ecco la cronaca del quarto debutto di Carlo Conti (tornato dopo 8 anni) e le pagelle alle esibizioni.

Gaia è radiofonica, ritmata. Niente di più purtroppo. Dà l’impressione di voler cercare a ogni costo il tormentone: potrebbe anche farcela, ma se l’obiettivo diventa solo quello, mandiamo a farsi benedire tutta la melodia italiana e il senso espressivo della musica. Voto 6.

Con Francesco Gabbani trionfa la melodia più pura, romantica e positiva di Viva la vita. Qualcuno la definirà una canzone da boomer, sorpassata. Perdonateci, questa è la canzone italiana per cui siamo famosi in tutto il mondo. Non guastano mai la bella musica, le parole positive e l’eleganza. Bravo Gabbani: voto 9.

Gerry Scotti è spigliato, simpatico. Insomma fa Gerry Scotti: niente di nuovo (ma tanto di buono). La novità assoluta, però, è vederlo per la prima volta su Raiuno.

Rkomi invece l’eleganza l’ha dimenticata a casa, quindi sotto la giacca comprata alla rionale non indossa nemmeno una maglia della salute (glielo fa notare anche Gerry Scotti, che “alla Mike” sottolinea l’assenza di una camicia: “Attento, lo squaraus è dietro l’angolo”). La canzone, Il ritmo delle cose, ha molto ritmo e la sentiremo in radio perché facile da imparare. Da lì a dire che sia un bel brano forse ce ne passa. Rimandato ad ascolti futuri, ma se non diventa il tormentone radiofonico ce lo dimenticheremo in fretta perché di canzoni come questa ne sentiamo già troppe durante l’anno. Voto 6.

Noemi non ha mai tradito le aspettative sull’eleganza: non lo fa nemmeno stavolta con uno strascico bianco su un vestito nero. Se ti innamori muori è il titolo della canzone scritta, tra gli altri, da Mahmood: la melodia vive della sua voce graffiante, piacendo già dal primo ritornello ed esplodendo con il secondo. Come sempre, anche questa volta la si apprezzerà di più nel tempo. Voto 7.

Dopo la prima pubblicità arriva Antonella Clerici: Gerry e Carlo la accolgono con occhiali da sole da Blues Brother perché il vestito è sberluccicante. Stavolta, però, anche molto elegante e non estremamente gonfio. Omaggio a Frizzi commovente, con la voce del grande Fabrizio che canta “Un amico in me”, colonna sonora di Toy Story in cui lui doppiava Woody.

Irama sceglie una giacca da ammiraglio con sotto una maglietta bianca scollata. I sorrisi come al solito non abbondano sul suo volto e la bocca non si apre mai abbastanza perché si possano comprendere le parole. Praticamente ascoltare una sua canzone è come guardare un film con Giallini: tutti dicono che è bravo ma non si capisce nulla di quel che dice. La melodia, però, è come al solito molto romantica, forse stavolta un po’ troppo simile al passato, echi compresi. Si poteva sforzare di più. Voto 7.

I Coma-Cose, con Cuoricini, vogliono fare ballare. Ci riusciranno. Alle prime note si capisce già chi avrà uno dei brani più orecchiabili, divertenti e pure romantici. Nella settimana di San Valentino andranno alla grande: non ce li leveremo più dalla testa fino all’estate e diventano outsider per la cinquina che andrà in finalissima. Peccato solo il mezzo plagio che unisce un po’ di Non succederà più e un po’ di Dolceamaro. Voto 8.

Simone Cristicchi fa commuovere tutti con Quando sarai piccola, dedicata alla madre malata di Alzheimer. La melodia è difficile da cantare: ci vuole vera e propria interpretazione, che Cristicchi come al solito sa dare da vero poeta pur non prendendo perfettamente tutte le note. Struggente, da applausi. Commovente: un pugno allo stomaco. Standing ovation immediata e meritata: il pubblico ha già scelto il vincitore e forse non ci sarà davvero gara. Voto 10.

Marcella Bella ha uno dei brani più brutti. Se poi ci mette anche tanto autotune, il ritmo non basta. Voto 3, per la mancata credibilità.

Achille Lauro è malinconico e profondo, sembra un neomelodico. Ci prende sempre, con musica ricca di pathos. Difficile però distinguere le sue canzoni. Voto 7.

Emozionante Noa su Imagine: messaggio di pace dall’Ariston dopo le parole di Papa Francesco: un evento storico che testimonia una volta di più il rapporto tra musica e spiritualità ma anche il valore culturale del Festival di Sanremo.

Giorgia è finalmente tornata alla melodia: sul secondo ritornello la canzone arriva immediatamente con le parole “in questa stanza buia solo tu sei la cura”. C’è qualche riecheggio di Due vite di Mengoni. Forse non basteranno per vincere Sanremo: anche se i vocalizzi nel finale sembrano la solita spocchia con cui prova a giocare le sue carte migliori. Qualcuno ci cascherà e la voterà, ma il trionfo non sembra alla sua portata. Voto 7.

Willie Peyote ha ritmo, sfotte i Jalisse e strappa sorrisi. Nulla di più: certe canzoni funzionavano anni fa, quando a Sanremo non c’era che la musica melodica e brani come questo si distinguevano dagli altri. Ora che lo stile è quello del Festivalbar, Willie Peyote sembra avere tolto il posto a qualche altro brano che magari avrebbe meritato di più. Voto 5.

Rose Villain con Fuorilegge fa un passo indietro rispetto all’anno scorso sul piano della qualità canora. Ormai quella caratteristica di fare due canzoni in una non è più una novità: l’effetto sorpresa è svanito. Il ritornello comunque lo canteremo ascoltandolo in radio, le strofe arriveranno in discoteca. C’è invece un passo in avanti nella qualità vocale: Rose lancia acuti e falsetti che in pochi conoscevano fino a ieri. Voto 7.

Jovanotti scalda le vie di Sanremo con un medley che comincia con L’ombelico del mondo cantata (e ballata) fuori dall’Ariston. Anche questi numeri, assolutamente piacevoli e musicali, un tempo erano più apprezzati: ora che le canzoni del Festival sono già così entusiasmanti, sembra tutto una perdita di tempo mentre si ha voglia di ascoltare brani nuovi. La chiacchierata con Conti, poi, diventa davvero troppo lunga insieme al monologo con le sue filosofia di vita, di cui il mondo può fare a meno. Però non diciamoglielo: rischia di offendersi.

La gara riprende con Olly. La sua Balorda nostalgia convince nonostante quella erre moscia che sarà pure la sua peculiarità ma è davvero fastidiosa. In attesa di un logopedista, Olly si conferma buon cantautore, capace di fare un pop deciso e romantico allo stesso tempo. Voto 7,5.

Elodie, con Dimenticarsi alle 7, crea suggestioni e atmosfere che finalmente valorizzano la sua bella voce. Il corpo sinuoso si muove senza doversi spogliare, il ritmo c’è ma non è quello da dance. Perché aveva smesso di cantare così? Voto 7

Tormento, Gue e Shablo potrebbero non piacere nemmeno a chi ama il rap. Non si discute il talento per un genere che difficilmente unisce tutti in Italia, ma sembra davvero una canzone senza né capo né coda col solito atteggiamento di rivalsa nei confronti di una vita e di una società che, a detta loro, li ha esclusi. Conti, invece, purtroppo li ha inseriti: voto 3.

Massimo Ranieri, Tra le mani un cuore, ha un ritornello straordinario che canta strepitosamente bene, senza sbagliare nulla. Concentratissimo, elegante: quanta classe da insegnare ai giovani. Canzone che va in crescendo, scritta su misura per lui. Voto 8.

Dopo il numero di Raf (Self Control) ecco a presentare Clerici insieme a Scotti: ironizzano sulla somiglianza (praticamente identità) tra Io canto senior e The Voice senior. Anche per questo piacciono, perché sono veri e sinceri.

Tony Effe si presenta elegantissimo. Il brano Damme na mano ha un sapore retrò, con un bell’arrangiamento di chitarre e mandolini. Per una volta lo ascoltiamo finalmente con un testo lontano da volgarità. Insomma sembra inattaccabile: chi lo critica anche in sala stampa durante l’esibizione, lo fa sulla base di pregiudizi. In realtà funziona, anche se rischia, perché così non piacerà al suo pubblico più abituale probabilmente. Voto 7.

Serena Brancale è tribale con tamburelli e tastiere che finge di suonare. Si balla molto, lei ha studiato a memoria l’atteggiamento da tenere davanti alle telecamere. Troppa perfezione artefatta nel brano: c’è un po’ di canzone in questo autotune. In ogni caso l’idea di unire inglese, italiano e napoletano va premiata. Voto, un bel 4.

Brunori Sas punta sul racconto di un amore ideale che non rechi sofferenze: usa parole concrete, senza lasciarsi sfuggire la poesia. La strofa piace, il ritornello fa diventare il pezzo ancora più bello: cantautorato puro che merita applausi. Voto 7,5.

Modà arrivano a Sanremo un po’ tra il silenzio generale rispetto a come facevano quindici anni fa. Tuttavia il loro brano, Non ti dimentico, è pieno di emozione e romanticismo come nel loro stile. Emozionanti, specie quando parte l’intensità del ritornello che è una prosecuzione naturale della strofa. Forse ripetitivi, cambiano troppe poche note ad altri loro brani di successo. Voto 7.

Clara conferma l’eleganza che funziona molto in questa prima serata. L’orario (canta a mezzanotte) non aiuta, ma la canzone ha un bel ritmo e lei la canta bene. Piaccia o non piaccia, il genere che ci propinano di più è proprio questo pop che strizza l’occhio al reaggaeton: non è una novità nel panorama musicale, ma è impossibile bocciarla. Voto 7.

Lucio Corsi sorprende tanti che non lo conoscevano alla vigilia. E’ melodico e originale allo stesso tempo, cosa che raramente accade. Inizia al pianoforte, a metà brano si alza e suona la chitarra. Peccato quel look da Shinigami, però Volevo essere un duro mira a grandi risultati e li otterrà sicuramente nelle vendite. Occhio anche alla cinquina di superfinalisti. Voto 7,5.

Fedez, al secondo Sanremo con Battito, rappa parlando di depressione. Abusa di autotune e non ci si spiega come il regolamento del Festival possa autorizzarlo a fare una cosa del genere che non richiede alcuna capacità di cantare. Escludendo il fatto che non sia lui a intonare ma l’intelligenza artificiale, il brano non punterà comunque al podio. A parte il pezzo che anticipa il ritornello (“Dentro ai tuoi occhi guerra dei mondi tu mi conosci meglio di me”), non c’è niente di indimenticabile. E soprattutto non c’è più la Ferragni ad aiutarlo col televoto, anche se la sala stampa applaude forse comprendendo più che altro i suoi momenti difficili. Voto 6.

Bresh unisce rap, pop e melodia: potrebbe non essere male, ma mischiare così tanti generi fa perdere personalità e carattere al brano. La tana del granchio non appassiona, anche lui si appoggia troppo all’autotune. Voto 6,5.

Sarah Toscano è chiaramente la nuova Angelina Mango. La ricorda nello stile e nel talento. Perfetta, porta ritmo e freschezza. Il ritornello è anticipato da un crescendo praticamente identico a C’est Venice di Toto Cutugno, ma cattura per tutta la durata della canzone e sul finale di Amarcord riesce a far sentire tutta la sua voce al meglio. Anche senza credersela come fa Giorgia. Hit garantita. Voto 8,5.

Joan Thiele è la conferma di tanto ritmo in questo Festival. La sua canzone, Eco, è un inno a non mollare di fronte alle fragilità e alle paure. Lei ha personalità, l’idea del brano convince. Voto 7

Rocco Hunt fa ballare ma soprattutto dà una lezione a certi finti rapper. Il testo mischia dialetto napoletano e italiano, rimanendo perlomeno comprensibile (cosa che lo scorso anno non fece Geolier). Parla di orgoglio del Sud anche per chi si allontana da casa ma non dimentica le proprie origini. Mille vote ancora ha un significato e appassiona. Voto 7,5

Francesca Michielin canta Fango in paradiso. Riesce ogni volta a essere dolce, suggestiva e melodica. Il brano parla di una relazione difficile, mascherata da favola. Vietato sprecare il tempo con un amore che non vale la pena di essere vissuto e che non fa stare bene. Non punterà alla vittoria, ma questa è una canzone che merita molto più di quanto non sia stato detto dopo i primi ascolti, in cui è stata sottovalutata. Voto 8,5.

The Kolors danno la carica pur e cantano all’una di notte. Tu con chi fai l’amore., brano che inneggia alla leggerezza e a lasciarsi guidare dall’istinto. Il pezzo diverte ed è perfetto anche con l’orchestra, che probabilmente avrebbe potuto pure non esserci. Un’altra hit: non sbaglia nulla Stash. Voto 8,5

Si può quindi tracciare un voto per i conduttori. Gerry Scotti e Antonella Clerici non sono invadenti, ma hanno mestiere da vendere per cui la loro presenza non è solo di semplici comparse. Conti è il deus ex machina che lascia comunque spazio ai colleghi. Voto 9 a tutti e tre. Ma perché non si è deciso di mantenere la stessa conduzione per cinque sere, lasciandoci affezionare di più a questo trio? Peccato, occasione mancata.

La sigla, Tutta l’Italia, è una divertente tarantella napoletana che ha il coraggio di creare finalmente un nuovo jingle come non si vedeva dai tempi di Perché Sanremo è Sanremo (30 anni fa). Voto 8.

Massimiliano Beneggi

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