È in tour teatrale in tutta Italia Mistero Buffo, di Dario Fo e Franca Rame (produzione Teatro Stabile di Torino) Lunedì 14 aprile lo spettacolo ha riempito il Teatro Carcano di Milano, che ha applaudito a lungo. Atto unico, durata 75 minuti. Ecco la recensione.

IL CAST

Matthias Martelli. regia Eugenio Allegri
aiuto regia Alessia Donadio

IL TARGET

Dai 15 anni in su

LA TRAMA

Tre episodi o, per meglio dire, “giullarate”. Si parte con Le nozze di Canaan: a un banchetto nunziale improvvisamente il vino è diventato aceto e in questo caso diventa impossibile festeggiare il matrimonio. Gesù trasforma l’acqua in vino e permette di celebrare le nozze, ma forse non ha calcolato la possibilità che qualcuno si ubriachi. È proprio una persona alticcia a prendere la parola al posto dell’Arcangelo Gabriele…

La seconda giullarata è dedicata a Bonifacio VIII, Papa noto alla storia per metodi e condotta non esattamente consoni al miglior cattolicesimo: la sua vestizione, fatta di anelli sberluccicanti e cappello imponente, mostra la spocchia di ricchezza e potere a cui tutti sono costretti a sottostare per non finire con la lingua inchiodata al portone. Ci penserà Gesù a dare un calcio nel sedere al Papa.

Infine è il turno di Giovan Pietro, che non ha mai conosciuto biblicamente una donna e viene scelto da una signora perché sposi la figlia Alessia, affinché questa possa continuare a concupire segretamente con un prete. Nella sua innocente ingenuità, il ragazzo cadrà in equivoci creati dallo scandalo di parole che volevano essere usate in forma poetica.

LA MORALE

Chi ha potere si prende gioco di chi ne è sprovvisto e, al contrario di quanto non voglia fare apparire, si mostra incapace di un trasporto poetico in questa vita corrotta. Tutti pronti ad arruffianarsi chi comanda: così si genera una catena di corruzioni che non finiranno mai e porteranno a immaginare questo atteggiamento come il normale modus operandi della società. Anche quella religiosa.

IL COMMENTO

Grottesco e irriverente, comico e moderno nel suo rifarsi alla modalità narrativa medievale. L’immoralità di chi vuole insegnare la morale agli altri è argomento più che trattato nella letteratura come nella musica, eppure nessuno lo ha mai fatto in modo completo come Dario Fo, che sottolinea appunto l’impossibilità a uscire da questo circolo vizioso in cui ci siamo cacciati sin dai tempi antichi. Mistero buffo raccontava di fatti vecchi ormai da secoli già 50 anni fa, ecco perché continuerà sempre a essere attuale e, in qualche misura, storico (si badi bene, è pur sempre satira). Prendendo in giro vizi e costumi sociali dell’epoca, questo spettacolo fa ancora ridere non tanto per i contenuti, che potrebbero essere tutto sommato riducibili a barzellette di un certo livello, quanto per il modo con cui fu inventato. Il grammelot formidabile, che rende comico qualunque argomento, regala musicalità al Mistero Buffo, qui proposto in forma ridotta con due giullarate più una presa in prestito da un’altra opera di Fo e Rame. Può darsi che la Settimana Santa non fosse quella più adeguata per riportare a Milano un testo che quantomeno mette un po’ alla berlina alcune convinzioni ecclesiastiche, ma se letto sotto la chiave del puro asservimento al potere, non ci si può onestamente più scandalizzare di fronte alla satira che osa mettere di mezzo Gesù.

IL TOP

È difficile che Fo avesse immaginato il successo di Mistero Buffo, pertanto lo aveva scritto per se stesso, delineandolo sulla propria figura e le peculiarità mimiche appartenenti a lui. Complicatissimo dunque interpretare Fo con l’obiettivo di farlo rivivere restando fedele al testo, ma senza imitarlo. Ci riesce abbastanza bene Matthias Martelli, classe 1986 (quindi ben dopo il debutto di Mistero Buffo, datato 1969): fa tutto quello che può, con un lavoro incredibile di memoria e rapidità elocutoria da applausi. Ogni giullarata è introdotta da una sua spiegazione che gli consente di mostrare anche improvvisando la sua personalità, che altrimenti sarebbe difficile distinguere, perché in certi momenti è inevitabile replicare gesti e versi del Maestro.

LA SORPRESA

Mentre il pubblico si siede in sala, viene accolto da filmati e musiche anni ‘70, con le voci di Jannacci e Fo che riportano a un’atmosfera persino poetica. L’idea rivoluzionaria di una società si mischia con la nostalgia per un mondo che, in qualche maniera, risultava più autentico. L’arte stessa, con buona pace degli scenografi, era più diretta: ancora oggi sorprende, come fa giustamente notare Martelli, la forza di Mistero Buffo nel fare vedere tanti personaggi e luoghi nonostante sul palcoscenico ci sia solo un attore vestito di nero, con un telo nero alle spalle. Quando invidiamo gli artisti stranieri, ricordiamoci che siamo il Paese di Mistero Buffo e di tante opere teatrali che il mondo ha sempre ammirato.

Massimiliano Beneggi

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