È in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 25 maggio Una crepa nel crepuscolo di di Gene Gnocchi, Luca Fois e Massimo Bozza (Luna Di Miele produzioni). Atto unico, durata 85 minuti. Ecco la recensione.

IL CAST
Gene Gnocchi e Diego Cassani (chitarra)
LA TRAMA
Gene Gnocchi ha una consapevolezza: in quarant’anni di carriera artistica (dopo gli inizi come posatore di granella sui Buondì) ha fatto tutto quello che poteva fare. Esaurita ogni possibilità di creare qualcosa di nuovo, in un mondo dove la tv e il cinema non lo cercano più, si sente al crepuscolo della sua vita da comico. Specie perché si è reso conto che il suo pubblico è sempre più anziano e necessita di badanti, molto spesso straniere che devono chiedere la traduzione istantanea di quanto raccontato a teatro. Per questo motivo ha deciso di salutare la platea con questo che sarà il suo…sestultimo spettacolo! Fatte le dovute raccomandazioni (ci sono persone nel pubblico quotate dai bookmakers perché rischiano di non arrivare a fine serata, secondo gli esami glicemici) e una rapida informazione sul traffico (svincolo per Cerignola intasato per un incidente al tir che trasportava cd di Tony Effe: metà è andata distrutta, il mezzo è stato preso d’assalto per distruggere anche l’altra metà), Gnocchi comincia il suo spettacolo, che vuole raccontare tante verità mia raccontate. A cominciare da quella su Alberto Angela, che non si ha mai dichiarato di essere gender fluid ma che infatti talvolta si fa chiamare Angela Alberto. Ricorda di quando si è dovuto fare portatore di tristi notizie, come quando dovette dire a Veronica Lario che Berlusconi non si era fatto nulla di grave dopo l’aggressione di uno sconsiderato con una statuetta del Duomo. Anche la fortuna è dalla parte di Gene, perché anche se un certo Gennaro Sangiuliano non ha potuto presentarsi come musicista della serata, si propone dal pubblico uno stravagante signore di verde pisello vestito che millanta di avere suonato coi Queen. Questo signore è da sempre un fan di Gnocchi, tanto che lo avvisa persino quando deve prendere la pillola o pagare il bollo della macchina.
IL COMMENTO
Nonsense, fuori da ogni logica: Gene Gnocchi come sempre riesce a trasportare il pubblico su un’altra dimensione, che nulla ha a che vedere con la realtà. Spara battute a raffica, talvolta sottilissime e in certi casi spietate. Si trascorre un’ora e mezza di serenità, tra risate per racconti assurdi, che pure partono sempre da qualcosa di realistico e credibile: come quando si parla della stressante smania dei selfie e si dice di un padre che con la scusa di fotografare Gene insieme al figlio di sei mesi, si è allontanato. Oggi quel bambino ha sei anni ed è adottato da Gnocchi. Per chi ama ancora la comicità che non si serve della minima volgarità (Gene si concede al massimo un paio di parolacce in tutta la serata), questo è lo spettacolo giusto. Non ci si limita a sorridere, si ride e si esce soddisfatti.
IL TOP
La forza di Gnocchi è quella di essere folle, surreale e semplice allo stesso tempo. Lo spettacolo è già nella sua stessa espressione facciale, sempre accigliata e seria mentre sta raccontando cose di fronte a cui il pubblico si sbellica. L’esperienza che porta con sé è ormai cosa nota (e rappresenta il pretesto di questo spettacolo, per il quale pur di trovare uno spazio nel cartellone la Shammah ha rinunciato a una settimana del suo Lezioni d’amore): in pochi possono vantare il suo sense of humor, denso di cultura ma che non richiede particolare cultura al pubblico. L’importante è apprezzare la comicità raffinata di un attore che sa unire tante battute e racconti, facendo apparire un filo logico tra loro che in realtà a conti fatti non esiste. Frasi brevi, da comprendere al volo senza farsi tante domande e senza troppe spiegazioni; partenza a razzo per mettere la platea in una atmosfera di allegria che prosegue anche nei momenti in cui si ride un po’ meno (in un’ora e mezza ci possono stare): i nuovi comici dovrebbero imparare da queste intramontabili scuole. C’è anche spazio per la musica: un bravissimo e ironico Diego Cassani accompagna con la chitarra elettrica Gene, che dissacra cantanti e musica cult (intonata niente male) senza risparmiare nessuno.
LA SORPRESA
Una delle battute a cui il pubblico ride di più, applaudendo, è su Olindo e Rosa, che in un immaginario condominio di famosi serial killer non gradirebbero la musica troppo alta dei vicini: questo significa che alla gente non interessa assolutamente nulla del politically correct. Se la comicità è intelligente, come scriveva Bergson, si ride di tutto ciò che smette di essere nel suo contesto originario. Lo si fa senza risparmiare nessuno, staccandosi dalla realtà e facendosi coinvolgere da un mondo parallelo, persino metafisico. In ogni caso mai offensivo. Per fortuna queste cose che non si potrebbero mai fare in televisione, sono ancora vivaci a teatro: unico spazio di espressione autenticamente libera per lo spettacolo. L’altra sorpresa è una nota informativa per il pubblico: tutti i racconti descritti anche nella trama sono ovviamente frutto della fantasia di Gnocchi, ma i nomi della gente seduta in platea, citata in quanto a rischio dipartita prima del termine dello spettacolo, sono veri. Tranquilli, basterà un piccolo scongiuro e non succederà nulla: il sottoscritto, nonostante non sapesse di avere esami del sangue a rischio come ha annunciato Gene, è riuscito a divertirsi dall’inizio alla fine. Si muore solo dalle risate: i bookmakers anche questa volta sono figli di…fake news.
Massimiliano Beneggi