Hanno fatto il giro del web le parole di Giorgio Panariello che nel podcast Tintoria ha ripercorso il suo Festival di Sanremo 2006. Uno dei peggiori sul profilo dell’organizzazione, tanto da far sprofondare il Festival nel gradimento degli ascolti. Eppure, rileggendo le parole di Panariello, è impossibile non accorgersi di alcune incongruenze nel suo racconto, che odora forse un po’ troppo di giustificazione.

“Mi chiamarono a farlo perché venivo dai Torno sabato, che fatto il terzo per me era chiuso. L’anno prima l’aveva fatto Bonolis con grandissimo successo e nessuno voleva fare quel Sanremo là. Baudo non ci pensava minimamente, anche perché non volevano darglielo visto che Paolo lo aveva un po’ rinnovato. Hanno cominciato a farmi una corte incredibile, io non volevo farlo, ma poi ho visto l’assegno… in quel periodo lì non è che navigassi nell’oro”.
Occorre già qui fermarsi per prendere fiato e riflettere: al di là del fatto che se un conduttore non naviga nell’oro nel periodo in cui conduce assiduamente il sabato sera di Raiuno (legato alla Lotteria Italia), non si capisce in quale momento della sua carriera si attenda ciò, va raccontato un aneddoto importante. Baudo era rientrato da meno di un anno in Rai, quando fu organizzato il Festival 2006. Dunque non era lui a non volerlo, erano i tempi a essere ancora prematuri. C’era un altro conduttore a cui era stata promessa l’edizione 2006 e che ci avrebbe tenuto tantissimo, ma poi tutto saltò proprio per lasciare il posto a Panariello. Il nome di quel conduttore era quello di uno dei massimi esperti di musica: Paolo Limiti. Ma andiamo avanti col racconto del comico toscano.
“Non sapevo che quell’anno lì ci sarebbe stato l’embargo delle case discografiche e delle radio nei confronti delle televisione, per cui non mandavano i cantanti. Io ho fatto Sanremo senza cantanti, o meglio quelli che hanno partecipato non appartenevano alle major. C’erano ottimi cantanti, da Tatangelo a Zarrillo, ma il cast non lo fai con cinque cantanti ottimi, molti erano sconosciuti. Quell’anno ha vinto Povia con “Vorrei avere il becco“. Capisci, no?”. E ancora: “In quegli anni Sanremo era tutt’altro che musica. Usciva fuori di tutto, Annalisa Minetti mi accusò di non averla presa al Festival perché era cieca. Dovevo fare un altro anno lì, un contratto doppio. Pippo Baudo (conduttore e direttore artistico del 2007, ndr) mi chiese se abbia voglia di rifarlo e io gliel’ho lasciato volentieri. Ci andai ospite e l’ospitata la reggo. Quello fu un momento di tristezza infinita per Sanremo che io paragono agli anni del Totip, quella tristezza là. E io ero il conduttore, pensa che sfiga”.
Un racconto che fa acqua da tutte le parti. Non vi fu nessun embargo delle major quell’anno: Panariello punta a fare confusione con il 2004, quando condusse la Ventura sotto la direzione artistica di Renis. Nel 2006, oltre a Tatangelo e Zarrillo, c’erano tra i Big Ivana Spagna, Nomadi, Ron, Alex Britti, Anna Oxa, Dolcenera, Zero Assoluto, Simone Cristicchi, Gianluca Grignani, Noa, Luca Dirisio (all’epoca tra i più affermati). Si aggiungano nomi come quelli di Helena Hellwig (che cantò anche con un certo Andrea Bocelli), Simona Bencini (ex Dirotta su Cuba), Mario Venuti (ex Denovo), Gigi Finizio, Nicky Nicolai (che aveva ottenuto successo nel 2005 con Di Battista): insomma non proprio nomi sconosciuti. La popolarità c’era e la qualità pure. Ironia fuori luogo anche quella su Povia, fatta con l’obiettivo di strizzare l’occhio ai detrattori politicizzati del cantautore: va ricordato che quell’anno, dopo la squalifica de I bambini fanno oh , chiunque avrebbe voluto Povia in gara. Insomma, un ricordo pieno di astio e persino irrispettoso quello di Panariello, che conferma la sua ignoranza in campo sanremese quando cita gli anni del Totip come i più tristi della storia. Bene, furono quelli che sfornarono i successi migliori.
Tra i passaggi più bugiardi di questa intervista c’è anche questo: “Io non sono un conduttore, un presentatore, un vigile che gestisce. Non ero nemmeno il direttore artistico”. Falso, Panariello quell’anno si prese la responsabilità anche della direzione artistica. Se poi lo fece come prestanome per aumentare la cifra su quell’assegno non lo sappiamo, ma persino la sigla di quell’anno lo attestava quale direttore artistico del programma, con direzione musicale di Gianmarco Mazzi.

Panariello fu responsabile di uno show penoso, criticato sin dalla prima serata per l’intervista inutile a John Travolta (pagatissimo) in cui Victoria Cabello gli massaggiò i piedi. Se i giornalisti in sala stampa il giorno dopo attaccarono Panariello, lo fecero proprio in quanto fu giustamente ritenuto il principale responsabile di uno spettacolo senza né capo né coda. Sotto il profilo musicale, l’edizione non fu delle migliori (come accade spesso, quando le canzoni non riescono a sfondare): ma il più stonato, a distanza di 19 anni, risulta essere proprio Panariello. A dir poco vergognoso. E c’è pure chi spera in un suo ritorno nell’edizione 2026 con Conti e Pieraccioni. Dio ce ne scampi: sia chiamato chi ha rispetto della storia del Festival e dei suoi cantanti.
Massimiliano Beneggi