È morto oggi, a 71 anni, Enrico Valenti, storico co-fondatore insieme a Kitty Perria di Gruppo ’80, nonché inventore e creatore di tutti i pupazzi di casa Fininvest (da Five a Uan), oltre che realizzatore del Telegattone per conto di Tv Sorrisi e Canzoni.  Proveniente dal teatro come la sua socia, dopo la gavetta in varie televisioni private, diventò una delle figure fondamentali per il successo di una certa televisione e, in particolare, di Bim Bum Bam. Insomma se ne va una delle pietre miliari della televisione targata Mediaset.

Riproponiamo l’intervista che gentilmente e con grande entusiasmo ci concesse qualche anno fa in occasione del libro Bim Bum Bam Generation. Ciao Enrico!

Enrico, i pupazzi di Uan, Four e Ambrogio non sarebbero mai arrivati se non fosse nato prima Five.

È così. Kitty, a fine anni ’70, era già una animatrice provetta, io un buon costruttore. Abbiamo unito le nostre forze e convincemmo Marco Columbro, dopo averlo conosciuto grazie a Sante Calogero, a tentare il provino per fare la voce di Five. Berlusconi puntò molto su quel pupazzo per lanciare la sua rete: puntava alla diretta e doveva fidelizzare il pubblico. La leggenda vuole che regalasse addirittura televisori ai cittadini di Milano 2 chiedendo loro di lasciare acceso per tutto il giorno su Canale 5 e di guardare quello che preferivano sull’altro apparecchio che già avevano in casa. Le nostre creazioni venivano invece provate con i figli Piersilvio e Marina: se li divertivano, l’esame era da considerare superato e i pupazzi arrivavano dritti in televisione.

Andò così anche con Uan. Qual era la forza di questo pupazzo? 

Il lavoro di squadra che c’era dietro. Uan era talmente credibile e interpretato bene, che tutti ancora oggi lo considerano un essere vivente, dimenticando la fatica e l’abilità degli animatori. Muratori (in seguito Ubaldi), era la voce ed era seduto da una parte dello studio davanti ad un monitor; gli animatori, sotto il bancone, avevano un altro monitor. L’ arte consisteva nel sincronizzare la voce con i movimenti: nel caso di Uan un animatore muoveva la testa, sincronizzando il labiale alla voce, mentre l’altro animatore infilava le proprie mani in quelle del pupazzo. Immaginate lo sforzo di lavorare così stretti in uno spazio davvero angusto!

Ogni puntata richiedeva tante prove?

No, ma in una giornata si registravano varie puntate. C’è da dire che l’atmosfera di quegli anni era così dinamica e coinvolgente che, più che un lavoro, sembrava quasi un gioco. Via via i tempi diventarono perfettamente consolidati: l’intesa tra Paolo, Giancarlo, Manuela e gli animatori erano precisi come i meccanismi di un orologio.  I testi a quel punto erano semplici canovacci che si decidevano pochi minuti prima di registrare: si diceva, per esempio, “Oggi facciamo che ti sei slogato una caviglia” e, così, nasceva uno sketch dove giocavamo sul fatto che il presentatore si fosse fatto male!

Chi scriveva i testi?

Quelli di Operazione Five, Domenica con Five e Five Time erano esclusivamente nostri. Come pure i primissimi di Bim Bum Bam. Poi ci dedicammo a migliaia di telepromozioni per tutti i programmi, per anni, oltre che scrivere testi anche per alcuni speciali. 

Quanti erano a lavorare a questo grande successo, tra tutti i personaggi lanciati?

Ai tempi della massima affermazione contavamo 12 animatori che si alternavano tra studio e laboratorio rivelandosi fondamentali, con la loro perizia, alla popolarità dei pupazzi e della trasmissione. Kitty ed io facemmo formazione e scuola lasciando agli animatori il lavoro in studio e nelle sigle. In qualche caso era particolarmente oneroso questo compito: ricordo che una animatrice nascosta sulle tazze rotanti di Gardaland dovette fermarsi in una registrazione perché le veniva nausea!

Negli anni 2000 il pupazzo di Uan fu oggetto di un furto. Cosa accadde?

È una leggenda da sfatare. La sua popolarità era tale da far sì che, in effetti, potesse essere rubato. In realtà accadde questo: siccome i pupazzi si deteriorano, per fare molte puntate se ne dovevano costruire molte copie. Noi, nella nostra dabbenaggine, le buttammo via o le smontammo per usarne le parti ancora riutilizzabili. Quindi fu preso uno dei tanti pupazzi originali buttati via: oggi alcuni di questi sono in mostra presso il Castello dei Burattini al Museo Giordano Ferrari di Parma, dove tra molte collezioni di burattini è conservato ciò che resta della nostra produzione.

Ma come nacque la scelta del colore rosa?

Niente di più semplice: quel giorno avanzava del tessuto rosa. Lo creammo così dicendo a Berlusconi che, se avesse preferito, avremmo potuto farlo giallo, verde, di qualunque colore. Ci disse che andava benissimo rosa e non ci ponemmo il problema. Uan avrebbe avuto per sempre quel colore!

Massimiliano Beneggi

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