Baudo, Mike, Corrado, Vianello. E ancora Carrà, Mondaini, Costanzo, Boncompagni, Frizzi, Tortorella, Castagna, Funari, Piero Angela, Limiti, Bramieri, Pizzul, Galeazzi, Frajese. La tv degli anni ‘80/‘90 lentamente sta scomparendo e lassù si staranno allestendo spettacoli bellissimi, magari con l’aiuto del più grande imprenditore televisivo di sempre, Silvio Berlusconi. Intanto a noi, purtroppo, non restano che i ricordi nostalgici.

Se si pensa ai conduttori principali di quegli anni, che hanno saputo raccontare musica, attualità, storia e sport, nei due decenni d’oro della televisione, ci accorgiamo che in molti casi si tratta addirittura di pionieri del piccolo schermo. Protagonisti che hanno creduto nel valore di quel mezzo comunicativo che rivoluzionò l’Italia nel 1954, facendolo crescere decenni dopo a suon di idee e professionalità. Valori che hanno trasmesso a una generazione successiva (la stessa di Frizzi, ossia quella di Venier, Cuccarini, Clerici, Conti, Bonolis, Scotti e Amadeus) ma che non abbiamo saputo fare arrivare oltre. È per questo che, a buona ragione, con la morte di Pippo in tanti (Conti e Scotti in primis) hanno commentato “Si è spenta la televisione”. Il rischio concreto, infatti, è proprio che ci sarà almeno un salto generazionale per cui non avremo più conduttori, come andiamo ripetendoci da tempo. C’è stato un tempo in cui abbiamo smesso di credere nella televisione, immaginandola un mezzo sostituibile da qualsiasi tecnologia più moderna. Errore imperdonabile: la tv è unica, perché fatta di linguaggi provenienti dal teatro, ritmi sempre moderni e una ricchezza economica che consente di avere in un unico programma tanti ospiti di autentico talento. Perché sì, allo spettacolo serve il denaro per organizzare grandi show ricchi di belle scenografie, sigle e coreografie, ma la tv non ha mai necessitato di fare sfoggio delle cifre con l’ossessione degli influencer. I valori si sono sempre fondati sull’eleganza e il rispetto per il pubblico, che sceglie chi ospitare nel suo tinello. Se ne sta andando piano piano chi ha fatto grande la tv dai suoi albori fino a quando gli è stato dato spazio, sostituiti in qualche caso da chi non aveva cognizione dell’importanza del mezzo televisivo.

Si sa, le mode ritornano e probabilmente spesso sono guidate dai grandi del passato che vegliano dall’alto. La speranza è che ci sia voglia di rigenerare ciò che è stato creato con pazienza e attenzione anni addietro: a questo punto ogni programma sarebbe piacevole e addirittura nuovo per molti spettatori, come dimostra il successo de La ruota della fortuna. È bastato vedere ieri sera su Raiuno la replica dell’ultima puntata di Papaveri e papere per accorgerci di quanto una trasmissione del 1996 sappia essere ancora frizzante e appassionante trent’anni dopo.

Non siamo stati in grado di continuare quella tv, forse anche presi da un’inconscia soggezione nei confronti di chi l’aveva inventata e sarebbe rimasto ineguagliabile. Siamo però ancora in tempo per non perdere completamente la televisione. Se in questi giorni c’è tanta commozione per la scomparsa di Baudo, significa che abbiamo vissuto serate spettacolari grazie a certi varietà. Vale la pena riprovarci, senza piangerci addosso e guardando al passato, continuando ad applaudirlo. L’addio emozionante di Pippo sia di sprono a riproporre ciò che ci ha insegnato e lasciato in eredità: è l’ultima occasione per non fare svanire la tv.

Massimiliano Beneggi

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