Condannare il sessismo? Assolutamente.m corretto, purché si apra un dibattito educativo. Esploso giustamente lo scandalo delle piattaforme su cui venivano condivise immagini, spesso ritoccate, di donne più o meno famose e commentate in maniera sessista e volgare da utenti web, è giunto il tempo di fare anche qualche riflessione. Senza polemica, senza voler sottolineare una dicotomia culturale che ci spingerebbe inevitabilmente al più retorico dei “ma una volta le cose erano diverse”. È giusto però fare una riflessione una volta per tutte e, se possibile, invertire una tendenza. Ossia, la sessualizzazione della musica.

Da qualche anno, le canzoni più che essere ascoltate sono viste. Complice il modo diverso di ascoltare la musica, spesso usufruita tramite YouTube, i videoclip hanno assunto una centralità fondamentale. Tanto da confondere in qualche caso il pubblico, tempestato sempre dalla solita canzonetta leggera. Si cambiano ogni volta solo poche note e la canzonetta diventa per forza orecchiabile essendo già nella testa da tempo. Su questo, però, si aprirebbe un altro discorso più ampio e più tecnico, che vale la pena di essere approfondito in altri momenti. Il punto essenziale, invece, è che la musica ormai si vede più che sentire. Di qui, siamo arrivati a un degenero quasi totale, che se non sarà fermato andrà incontro a un’inevitabile recrudescenza .

Viviamo nell’epoca in cui se non stiamo attenti non notiamo che i trapper usano parole aggressive e violente. Lo fanno tutto dietro a presunte delusioni d’amore dove sia un no che un diventano il pretesto per insulti gratuiti all’altra parte. Viviamo nell’epoca in cui i cantanti pop usano il corpo per vendere dischi. Belle ragazze e bei ragazzi, di cui non potremo mai elogiare con certezza il talento vocale perché abusano dell’autotune in maniera esagerata, ormai sono diventati modelle e modelli che cantano scoprendo i corpi il più possibile. Ancheggiano sensualmente, sia uomini che donne, cantando ritornelli spesso ammiccanti e dove non esiste nemmeno il doppio senso: in certe canzoni esiste un unico senso ed è quello che non sempre i genitori vorrebbero arrivasse così direttamente ai propri figli. Dopo “Se fossi un maschio io mi venderei”, da ieri è in circolazione un brano che intona “Resto nuda tutta la notte, fai di me quello che vuoi”. Se poi Gino Paoli o Patty Pravo fanno notare che le cantanti di oggi puntano a mostrare le natiche, vengono tacciati di essere bacchettoni (proprio loro, che bacchettoni non sono mai stati!).

Giustissimo dunque condannare i commenti di chi, in modo volgare, usa e commenta foto altrui in rete, ma facciamo anche in modo che certe immagini non circolino o, perlomeno, non diventino la cartolina principale di un’arte che era nata per essere ascoltata e non guardata. Impossibile insomma chiedere un controllo della società web, se non ci diamo prima un autocontrollo nella società reale. Le case discografiche rifiutino per prime l’idea di assimilare bravi cantanti a influencer o modelli: torneremmo tutti ad ascoltare la musica e smetteremmo di leggere commenti su fisici sensuali. Insomma, saremmo tutti più rilassati e finalmente i parolieri di canzoni tornerebbero ad avere un motivo d’essere, senza essere superati da costumisti e scenografi.

Massimiliano Beneggi

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