Pupo oggi 11 settembre compie 70 anni. Il cantautore e conduttore, amatissimo dal pubblico, nel 1992 si presentò a Sanremo con il nome di battesimo, Enzo Ghinazzi: eppure, per tutti è sempre rimasto Pupo, con quel soprannome che gli venne dato dalla Baby Records di Naggiar, che lo lanciò a fine anno ‘80 con Ciao.
Qualche anno fa lo intervistammo. Riproponiamo qui sotto l’articolo.

Tu a teatro, oltre ai tuoi concerti, hai portato anche Il grande croupier qualche anno fa. Cos’è per te il teatro?
Per uno che come me ama la comunicazione a 360 gradi, il teatro è il momento più alto e intenso in cui il momento artistico e il suo appagamento sono al top, col pubblico che risponde immediatamente alle tue provocazioni. È vita.
Hai portato in scena anche un Pinocchio riadattato da te. Cosa rappresenta quella fiaba?
Pinocchio è un racconto di altissimo livello morale, etico e storico che nasce in un momento in cui la Toscana era governata dai Lorena, quindi rappresenta il classico modo allegorico di protestare contro il potere come è sempre accaduto. A me veniva bene interpretare Pinocchio perché sono un po’ come lui: nella mia vita ci sono sempre state le fate turchine, che sono le mie donne che mi hanno perdonato tutte le mie monellerie; in qualche modo sono stato anch’io attratto spesso in inganno dai gatti e dalle volpi, e dalle luci del paese dei Balocchi. Pinocchio insomma è la storia della mia vita.
Un po’ come te, Pinocchio è un personaggio spesso polemico, provocatore.
È molto polemico, infatti risponde sempre, ha una risposta pronta per tutti, mi somiglia molto.
Una favola molto toscana, quindi anche molto autoironica, e credo che anch’essa in questo tu possa ritrovarti. Quanto paga l’autoironia e quanto invece ti ha giocato contro in certi momenti?
L’autoironia agli inizi non paga, o almeno paga poco. Agli inizi forse paga di più l’arroganza, una forma di supponenza, accostata alle insicurezze che si hanno e che si devono nascondere. Alla lunga se si hanno qualità reali, l’autoironia diventa un’arma pazzesca che ti consente di entrare ovunque. Per l’età che ho io, dopo 50 anni di carriera l’autoironia mi serve perché mi é utile per essere più leggero e prendere le cose come se fossero un gioco, ma è anche un’arma importante nei confronti del pubblico. Naturalmente l’autoironia deve essere convinta, non deve essere un atteggiamento: io l’ho sempre usata anche in momenti in cui poteva sembrare un po’ come mostrare il tallone di Achille, la propria debolezza, ma io sono proprio così.
Tra le tue meravigliose poesie che hai cantato, qual è quella che secondo te meritava più successo e non è arrivata al pubblico?
Ne ho parecchie che amo e che non sono arrivate, il successo e la popolarità sono concetti a volte soggettivi: io ho tre o quattro canzoni che sono indiscutibilmente di dominio pubblico, che sono Su di noi, Gelato al cioccolato , Firenze Santa Maria Novella, Forse, ma c’é una canzone in particolare, Sei caduto anche tu, che ho scritto per mio padre ed è di altissimo livello, intensissima.
Una canzone intimistica che hai reso pubblica.
Il mio babbo era una persona che amava stare in mezzo alla gente più di me, era un genuino esibizionista pazzesco, per cui l’ho fatto per lui in maniera molto naturale.
Nel libro noir La Confessione invece parli di Per voi due come della tua più bella canzone di sempre. All’epoca non era mai stata pubblicata e io mi aspettavo di sentirla prima o poi a Sanremo, invece la trovai poi nel tuo album Porno contro amore.
Per voi due è venuta purtroppo malissimo nel disco perché l abbiamo arrangiata male, ed è andata in un album particolare che aveva intorno tutto un certo tipo storia e di comunicazione. Quando provi a rimanere agganciato con la modernità purtroppo ti perdi nella gestione di un certo tipo di comunicazione che ti allontana dal curare meglio alcuni prodotti musicali: magari ti aiuta a stare sempre al passo con i tempi ma qualcosa toglie ad alcuni aspetti musicali. Ora sono molto preso da un momento in cui riconfermare alcuni aspetti legati alla televisione. A me piace molto la tv: tutto ciò che mi hanno proposto di partecipazione ai reality li ho sempre rifiutati perché non è la televisione che mi piace.
Anni fa si era parlato di una tua possibile partecipazione a Sanremo con i Ricchi e Poveri: non ti vedremo più in gara?
Con i Ricchi e Poveri c’è un grande rapporto di amicizia e di stima e ci troviamo spesso anche nelle grandi tournée all’estero. Le possibilità di andare a Sanremo con loro però erano davvero quasi inesistenti perché io in quel momento stavo seguendo altri obiettivi. Per me Sanremo me potrebbe essere un obiettivo un domani da direttore artistico o conduttore non te lo nascondo, ma non credo che io possa essere interessato in alcun modo ad andare in gara a Sanremo.
In questo periodo vanno molto di moda le Reunion, da quella di Albano e Romina che hai peraltro tenuto a battesimo tu, ai Pooh fino a Raf e Tozzi. E tu?
No ti confesso che non ci ho pensato e non me l’hanno nemmeno proposto. Se me lo proponessero ci potrei pensare, ma tra me e altri colleghi magari c’é un legame sul genere e sul periodo dell’attività, non un vero e proprio racconto. Tra queste persone che hai citato invece c’é un racconto umano importante: magari più che una reunión potrebbe nascere un’idea per fare un grande tour con quel timbro musicale degli anni ‘80 che hanno fatto all’estero, in Russia, in Francia con grandi risultati. In Italia non lo hanno ancora fatto. Se me lo proporranno valuterò in virtù delle cose che avrò da fare nell’eventualità.
Ci sono novità nel cassetto dal punto di vista musicale?
Un sacco di giovani autori mi stanno chiamando, mi continuano a proporre canzoni e io che sono un cantautore e ho sempre scritto per me stesso a volte faccio fatica a recepire. Credo che ora ci sia la moda di ripescare i cantanti degli anni’80 che si sono sempre mantenuti moderni, però al momento non c’è nulla di concreto e di interessante di cui ti possa raccontare.
Hai scritto anche una bellissima canzone che è È Fiorentina in una stagione (‘98/‘99) che sembrava da scudetto. Cos’é per te la Fiorentina?
La Fiorentina é la mia passione da bambino: con la Fiorentina ho capito che potevo giocare la mia partita contro il mondo. Sono nato a Ponticino un paese in provincia di Arezzo dove l’85, 90% sono juventini e io e la mia famiglia eravamo per la Viola, quindi era difficile andare contro tutti. La Fiorentina ha anche formato il mio carattere di combattente perché abbiamo sempre vinto molto poco, ed è un punto fin riferimento della mia lotta contro i mulini a vento.
Massimiliano Beneggi