E’ cominciato Zelig On, in onda la domenica in prima serata su Italia Uno. A condurre c’è Paolo Ruffini con Lodovica Comello.
Dopo tanti anni in cui si faceva una gran confusione tra Zelig Off e Colorado, ecco la trasmissione che riassume i due format.
A prima vista non sembra nulla di particolarmente nuovo: un capocomico e una conduttrice fresca e simpatica ospitano tanti giovani, che aspirano a potersi esibire un domani nell’ancor più importante Teatro Arcimboldi. Tuttavia, già questa è una bella occasione da prima serata: infatti è appunto ON e non più Off. E poi c’è anche la presenza di qualche veterano come Ale e Franz e Max Angioni, che hanno la funzione di motivatori nei confronti dei nuovi aspiranti comici oltre che di padroni di casa di Italia Uno.

La prima parte, intitolata Warm Up, ha ritmi elevati: un’esibizione dietro l’altra in un minuto, un po’ come accadeva quarant’anni fa con Emilio. Lo stile insomma già rodato anche dalla Gialappa’s Band. Poi finisce l’anteprima e tutto diventa uguale al solito Colorado, a parte l’idea di qualche collegamento con l’esterno. Un po’ di quella leggerezza è indubbiamente necessaria in tv: la coppia Ruffini-Comello è affiatata e piena di entusiasmo per questa nuova avventura. Il dramma vero è che sono loro a reggere la trasmissione: tra gli artisti non ce n’è quasi uno che faccia ridere.
Sono in tre a entrare con la chitarra e solo uno di loro (Cosentino) fa qualche battuta divertente. Non va meglio con gli altri, fatta eccezione per Alice Redini. Il motivo? Non sono attori.
Quelli che si esibiscono a Zelig On sono quasi tutti ragazzi e ragazze a cui probabilmente gli amici hanno fatto notare di essere divertenti, nati con l’errata idea che i comici siano un’essenza diversa dagli attori. Di conseguenza hanno cominciato a fare solo post sui social, dove riescono a reggere 30 secondi di reel con la convinzione di costruire chissà quali sketch. Quasi nessuno di loro, però, ha studiato seriamente teatro e purtroppo si vede. Nessuno di loro sa recitare, conoscono solo i tempi comici (qualcuno ce li ha nel DNA, qualcuno li assimila vedendo gli altri) ma i personaggi sono piatti, senza colori nella voce. Hanno fatto qualche esperienza nei laboratori, già con l’obiettivo di arrivare in tv: niente a che vedere con il vecchio Derby, i cui artisti non sapevano nemmeno di poter finire sul piccolo schermo un domani.
Non è solo l’emozione del debutto a tradire le voci tremanti dei protagonisti, ma anche l’incapacità di gestire il palcoscenico, con quella irritante presunzione che sia sufficiente parlare per ritenersi fenomeni in una più o meno improvvisazione comica. Sì, ma i contenuti dove sono? A che punto di quegli sketch (che non sono nemmeno improvvisati) si dovrebbe ridere?
E’ tutto talmente debole che Angioni (anche lui un non attore miracolato, che ha oggi solo più esperienza con le telecamere) risulta quasi una boccata d’ossigeno.
C’è da ammettere che non ci sono grandi volgarità e si può vedere il programma con i figli più piccoli: il rischio è però che faccia più ridere Peppa Pig.
Massimiliano Beneggi