È in scena fino al 28 novembre, al Museo Bagatti Valsecchi di Milano, Giulietta e Desdemona (produzione Museo Bugatti Valsecchi). Atto unico, 50 minuti.

IL CAST

Alice De André, Martina Sammarco. Regia di Alessandro Merletti De Palo. Musiche di Caterina Coco e Annamaria Bernadette Cristian

LA TRAMA

Giulietta e Desdemona sono tornate. Coi loro abiti dell’epoca, con le loro ossessioni amorose, eccole nel 2025. È proprio dai sentimenti che cominciano a raccontarsi le emozioni vissute tempo fa: entrambe, pur avendo finito tragicamente le loro esistenze e le relative storie di coppia, sono concordi nel ricordare quelle relazioni come qualcosa di bello. Mentre tornano con la mente ai loro primi incontri con Romeo e Otello, gli occhi si fanno sognanti e ripensano all’amore provato improvvisamente e da cui è stato meraviglioso lasciarsi travolgere mentre fuori c’era la guerra. Il guaio è che anche nel 2025 si accorgono che fuori c’è la guerra. Loro vorrebbero finalmente scegliere l’amore, di cui sono diventate simboli per tutta l’umanità, nonostante l’incredibile sfortuna che nessuno invidia loro…

LA MORALE

L’essenza dell’amore sta nel suo contrapporsi a ogni tipo di guerra, ma la sua interpretazione può cambiare a seconda del tempo in cui lo si osserva. Nel presente manda fuori giri, crea una piacevole dipendenza per cui non si farebbe mai a meno dell’altra persona, fa vivere in una bolla che ci dà la sensazione di poter essere eternamente felici. Col senno di poi, l’amore può invece apparire una mera illusione, persino un’inutile distrazione dalla realtà. Giulietta e Desdemona, però, comprendono come quelle emozioni siano fondamentali: il tempo in cui prende forza l’amore è quello in cui si sta vivendo, da tenere appunto “presente” anche per gli anni a seguire. Perché nulla come il sentimento, per antonomasia, ha la forza di evitare guerre e battaglie. Uno sguardo sincero sull’amore e sulla solidarietà e amicizia al femminile.

IL COMMENTO

Giulietta e Desdemona 2.0 in un originale confronto che ha la capacità di rendere attuali due personaggi shakesperiani, senza troppi fronzoli né pietismi, e altresì di adattare il linguaggio dell’era contemporanea a sviluppi decisamente più culturali di quanto ormai non siamo abituati a fare. Dimentichiamo i modi di recitare altisonanti della drammaturgia seicentesca. Scordiamoci anche Instagram per un un’ora. Immergiamoci piuttosto, con la voglia di lasciarci coinvolgere da due epoche pronte a incontrarsi, nelle storie di Giulietta e Desdemona (che ancor più sfortunata della prima, non vede nemmeno il suo nome nel titolo dell’opera che la riguarda). Sentiamole parlare con i normali improperi che useremmo oggi, ma altresì con un entusiasmo che l’opera di Shakespeare faceva diventare estremamente rigido. C’è tanta ironia, spesso raffinata e da cogliere con la conoscenza anche sommaria delle vicende delle due donne. C’è però anche tanta commozione: lo spettacolo, che merita di girare nei migliori teatri, è un vero e proprio omaggio alla gentilezza e alla sensibilità della figura femminile, spesso la parte più attenta e generosa delle relazioni di coppia. Nessuno più di Giulietta e Desdemona può rappresentare il sacrificio umano in nome dell’amore. Le due donne tornano per prendersi la scena: l’esuberanza di una si interseca con il realismo dell’altra. Viene fuori uno show nello show di grande curiosità. Niente retorica, nessuna ruffianeria, anche per questo lo spettacolo scivola velocemente fino alla fine.

IL TOP

Alice De André e Martina Sammarco sono le vere fautrici di questo testo, che hanno sviluppato con il regista prova dopo prova, in seguito allo studio dei loro personaggi. Si sono immaginate come si sarebbero comportate Giulietta e Desdemona nel 2025, con la consapevolezza dei miti che sono diventati e con la voglia di essere ancora protagoniste, anzi più di allora, quando al centro delle storie c’era sempre l’uomo. Ne emerge una piéce leggera ma non banale. Un’esaltazione alla cultura, che Alice e Martina sanno onorare con grande precisione e mestiere. Si muovono tra il pubblico, verso cui si rivolgono in modo diretto, trasportando la platea fino a fare dimenticare che si stia trattando di uno spettacolo. A un certo punto piangono copiosamente: ci si impiega un po’ a ricordarsi che quelle lacrime sono vere ma si è di fronte a una messa in scena. Giovani e bravissime: se si desse maggiormente spazio a chi il teatro lo sa fare veramente come loro, si potrebbe sperare di mantenere un livello sempre alto per il palcoscenico.

LA SORPRESA

Lungo tutta la durata dello spettacolo, un sottofondo di archi suonati da due donne crea un’atmosfera poetica, che con musiche di Vivaldi e Shostakovich riporta all’epoca veneziana descritta da Shakespeare e alla stessa contemporaneità, sottolineando le frasi delle due protagoniste. Nella straordinaria cornice del Museo Bagatti Valsecchi, tutta da ammirare, sembra di assistere contemporaneamente a prosa e concerto da camera. Una delle produzioni più sorprendenti, organizzata con quella cura che il pubblico apprezza sempre quando si sente coccolato dalla cultura. Dietro allo spettacolo un lungo lavoro di ricerca, che parte da un saggio di Elisabetta Menetti e prosegue nella collaborazione con studenti del Politecnico che creano abiti di maglieria in filo metallico.

Massimiliano Beneggi

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