Attitiduni: nessuna è la conferma di ciò che temevamo da tempo: il trio Aldo, Giovanni e Giacomo è sostanzialmente finito. Il film, nelle sale dal 4 dicembre, ha superato i 2 milioni di incassi ed è tra quei titoli che si alternano nelle case degli italiani in questi giorni di feste, in cui c’è molto tempo libero e si può scegliere tra una pellicola e l’altra. Il successo di incassi, però, non fa di Attitudini: nessuna un bel prodotto. Parliamo infatti di un documentario che andrebbe bene per la tv, ma che fatica a trovare spazio nella bellezza del grande schermo.

Cominciamo col dire che si tratta di una nuova autocelebrazione del trio. Dopo Fuga da Reuma Park, di dieci anni fa, dopo Anplagghed al cinema, di venti anni fa, riecco un The best of travestito da film: in pratica ogni dieci anni Aldo, Giovanni e Giacomo si divertono a prendere per i fondelli il pubblico.

Sullo schermo i tre dialogano tra loro al bar, raccontandosi i loro successi ma soprattutto come sono nati gli sketch che li hanno resi celebri, fra aneddoti e rivelazioni che odorano molto di “ti dico come si costruisce un successo”. Si ride pochissimo se non nella memoria degli sketch che furono e che il pubblico conosce a memoria, complici le tante repliche anche dei loro spettacoli teatrali. Le battute belle sono già troppo famose. Potrebbe essere divertente anche la genuinità dei tre (caratteristica per la quale sono sempre stati apprezzati) mentre sono al tavolo, se non fosse perché rimane pur sempre un film e quindi resta più difficile credere a una spontaneità come se non ci fossero le telecamere. Oltretutto, spiace dirlo, ma sono invecchiati e la stanchezza in 2/3 del gruppo si nota molto: se Giovanni Storti è ancora molto comico nella sua precisione e nelle sue espressioni, Aldo Baglio risulta più spento rispetto ai fasti di Mai dire gol e Giacomo Poretti è davvero troppo pesante quando prova slanci di ironia andando in coda a Giovanni.

C’è poi la nota più dolente: il film è un continuo racconto al passato. Aldo, Giovanni e Giacomo da troppi anni sono consapevoli di essere stato un grande trio, ma fanno fatica a usare il tempo futuro e persino quello presente. Purtroppo il clima nostalgico vale anche per Milano, fortemente al centro del racconto attraverso le canzoni di Jannacci e riprese di una città oggi estremamente trasformata.

L’idea per cui non si tratti di un documentario è il messaggio promozionale che si prova a fare passare, ma non trova riscontro nella realtà: le presenze di Massironi e Paolo Rossi (fondamentali per diverse ragioni nella carriera del trio) fugano ogni dubbio e fanno di questo documentario semplicemente un prodotto diretto bene da Sophie Chiarello. Una buona regia senza contenuti, tuttavia, perde di forza.

Il messaggio morale c’è (ossia, bisogna lasciare parlare i sogni più di ogni altro ragionamento e formale ricerca di precise attitudini), ma quando viene imposto con una certa presunzione dagli stessi protagonisti smette di essere apprezzabile. Perché è vero che sono tre clown (come loro stessi si autodefiniscono) e che i clown sanno raccontare la vita e le sofferenze molto più di tanti altri, ma fino a prima di Attitudini: nessuna non si era mai visto un pagliaccio mettersi in cattedra a volerci spiegare la vita. Il trio comico è finito, perché non è più comico: si salva solo Giovanni, mentre gli altri sono ologrammi di se stessi. Speriamo che fra dieci anni non ci prendano di nuovo per i fondelli con un altro finto film al cinema, perché invecchia anche il pubblico ma non tutti diventano rintronati come fingevano di essere loro quando impersonavano i vecchietti. I tre di film insieme, forse, ne faranno ancora pochi ormai, ma il cinema avrebbe intenzione di seguitare a esserci. Ecco, se si cercava un modo per riempire le sale con la curiosità lo si è trovato ma, purtroppo, è lo stesso che allontana una volta di più il pubblico dal cinema.

Massimiliano Beneggi

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