Tedeschi è ancora un gradino sopra tutti: ‘La coscienza di Zeno’ stupisce e commuove

Fino al 1 marzo al Teatro San Babila di Milano è in scena uno dei più grandi testi della nostra letteratura: La coscienza di Zeno di Italo Svevo.

La storia

La storia di Zeno la conosciamo tutti, eppure ogni volta ha qualcosa in più da raccontare. E il pubblico esce dal teatro ancora con qualcosa da carpire. Questa Coscienza di Zeno in particolare, grazie a una geniale regia di Marco Rampoldi, suggerisce nuove interpretazioni con un linguaggio assolutamente inedito. Stupore e commozione sono legate da un sincero divertimento per tutta la durata dello spettacolo. La platea diventa parte integrante della storia al centro della quale Zeno ha scelto di essere il protagonista. Il pubblico osserva senza facoltà di decisione: viene coinvolto da Zeno e dallo psicoanalista ma praticamente non ha possibilità di parola. Alberta e Anna, infatti, le due ragazze chiamate sul palcoscenico in questa seduta aperta, sono da copione le più taciturne. È così che, in un formidabile gioco teatrale, si confondono gli attori con gli spettatori, esattamente come si deve porre attenzione per distinguere lo psicoanalista dal padre di Zeno. Siamo tutti attori sul palcoscenico della vita: qualcuno è attivo al contrario di chi si limita a guardare. A volte è una scelta, altre una necessità. Protagonisti oppure no, tutti abbiamo un ruolo che concorre in maniera determinante a realizzare una storia. E, in fondo, tutti ci somigliamo tra noi, esattamente come si sovrappongono le figure dei personaggi sul palcoscenico.

Il commento

Ossessioni, disagi e dubbi che si trasformano in certezze, motivi di felicità ed equilibrio. Tutto dipende dal punto di vista da cui si guarda la propria natura. Quella di chi ha scelto di essere contrariamente da quella di chi ha optato per esistere. Partendo così dalla sua inettitudine, ecco come Zeno può affrontare il vizio del fumo di cui non riesce a liberarsi come non si libera della figura paterna, costantemente giudicante in lui anche dopo la morte. Non è unicamente l’esistenza terrena a regolare il nostro essere: Zeno infatti sceglie una moglie che altro non si rivela se non un ripiego dopo i rifiuti delle sue future cognate. I principi su cui si è deciso di fondare se stessi perdono di senso di fronte alle circostanze della vita: assume valore una moralità a cui prima non si era neppure pensato. Zeno non sa cantare, non sa raccontare barzellette, ma non lo sa e pensa che la colpa sia di chi non lo capisce. Finché non si mette lui stesso in discussione perché preoccuparsi di evitare imbarazzanti reazioni ai suoi interlocutori? Poche certezze, per non dire nessuna, attanagliano Zeno (e il pubblico) fino alla fine. Tanti dubbi che però il pubblico potrà sciogliere in una risposta più o meno condivisibile.

Gli attori

Il Teatro San Babila si riempie in ogni suo posto per quello che può essere definito uno degli spettacoli di prosa più covincenti della stagione. Tanti ragazzi e studenti applaudono uno straordinario Corrado Tedeschi, perfetto nel ruolo di Zeno in ogni sua sfumatura ironica e intelligente. L’attore genovese si conferma uno dei più apprezzabili e convincenti della scena teatrale di oggi: un maestro per tutti. Con lui un simpaticissimo Claudio Moneta, in grado di essere nel contempo parte, psicoanalista e intrattenitore col pubblico che si fa trascinare dalla sua loquacitá. Camilla Tedeschi e Roberta Petrozzi completano il cast con eccezionale eleganza, incarnando il ruolo delle donne con un temperamento deciso tanto quanto basta a celare all’uomo le insicurezze e le contraddizioni mentali. Bello vedere due giovani e simpatiche attrici già così padrone della scena in uno dei testi più classici di sempre.

La psicoanalisi interroga Zeno, che indaga su se stesso attraverso gli altri. Svevo interroga il pubblico, che non può che approvare applaudendo a questa regia che compie veri e propri effetti scenici da rimanere a bocca aperta. La morte del padre di Zeno, con lo schiaffo che suscita disagio e risveglio al tempo stesso, è infatti raccontata attraverso le ombre degli stessi protagonisti. Niente di più efficace: in fondo il nostro essere va sempre oltre la nostra presenza carnale, e ci segue nella vita come un’ombra. Come quella del padre che Zeno sente costantemente su di sé.

Massimiliano Beneggi