Doveva essere stasera l’occasione del ritorno per tre grandi voci all’Arena Martinitt di Milano, che quest’estate ha offerto un cartellone vario e di grande spessore. Purtroppo per il maltempo il concerto di Rossana Casale, Grazia Di Michele, Mariella Nava è stato annullato e rinviato a data da destinarsi. In attesa di rivederle presto anche nel capoluogo lombardo (probabile anche un ritorno al Blue Note che già conosce bene le tre cantautrici), ecco qui sotto un’intervista fatta a Rossana Casale pochi giorni fa.
Delicata, profonda, sempre impegnata in numerose campagne sociali e umanitarie, Rossana Casale è una delle cantautrici più apprezzate, coraggiose e originali del nostro panorama musicale. Passando dal blues alla musica etnica, ha illuminato più volte l’Ariston di Sanremo con indimenticabili canzoni. Terza nel ’93 con Gli amori diversi, quattro anni prima con A che servono gli dei fu la prima a essere accompagnata su quel palco nientemeno che da un contrabbasso, suonato da Mauro Milanese. Da qualche tempo ha unito il suo estro a quello di altre due straordinarie cantautrici come Grazia e Mariella. Grandi successi e brani inediti supportati da una eccezionale band composta da Ermanno adorato, Emiliano Begni, Francesco Consaga, Fabiano Lelli, Andy Bartolucci.
Rossana, cosa riunisce tre grandi voci oltre che tre grandi penne come voi?
Un’amicizia di lunga data. Con Grazia abbiamo inciso anche due album insieme e c’è stato un periodo intenso di lavoro in coppia. Con Mariella ci siamo viste meno abitando più distanti, ma ci hanno sempre unite tanta stima e rispetto. Accadde che in una conferenza stampa girai l’occhio e vedendo loro accanto a me dissi: ‘Perché non facciamo un tour insieme?’. Da lì nacquero gli incontri negli studi di registrazione: iniziammo a scrivere come tre pazze e ne venne fuori questo progetto.
Unite anche da progetti umanitari importanti.
Assolutamente, siamo molto accorate dai temi sostenuti da Emergency, Stop Global Warming. Guardiamo il mondo con gli stessi occhi. Vogliamo stare attente a quello che succede mantenendo la possibilità di sognare e immaginare un mondo migliore. Ci confrontiamo spesso su temi importanti.
Nessun battibecco?
Abbiamo tre caratteri forti, siamo tre leader quindi ogni tanto ci scontriamo magari anche su una parola o su una virgola!
C’è però una parola che vi accomuna particolarmente: terra. Tu partecipasti anche a Sanremo nel ’91 con Terra, Mariella nel ’94 con Terra mia…
Il bis del concerto infatti unisce proprio questi brani in un medley: cantiamo Mandragole di Grazia (Se un giorno la terra parlasse che cosa dovrebbe dire?), Terra mia e chiudiamo con Terra. Ci piace farlo perché pensiamo a come viene offesa e tradita la Terra, e dobbiamo difenderla per il futuro dei nostri figli e nipoti.
Ci sono quindi vari duetti?
Il concerto vive di momenti molto belli dove cantiamo in duetti ma anche tutte e tre insieme. Ci confrontiamo sui nostri brani, ci sono momenti di grande emozione e grande energia grazie anche ai bravissimi musicisti jazz che hanno creato un suono che unisce le nostre vocalità.
Credi che questo 2020, nel suo enorme disagio, sia un’occasione per ripartire da chi davvero sa fare questo mestiere o quanto accaduto mette ancora di più in ginocchio una musica cantautorale, spesso messa da parte a vantaggio dei talent?
Non è vero che il talent escluda i cantautori e porti brutta musica. Ne ho conosciuti tanti di giovani bravissimi, anche cantautori che camminano con le loro stesse gambe. Il problema è che quei format hanno bisogno di andare a cercare ogni anno talenti nuovi. A volte quindi si perdono quelli che stavano facendo un buon lavoro ma non hanno avuto la fortuna di incontrare subito il successone. Nel nostro concerto sosteniamo anche le giovani cantautrici: in apertura c’è una ragazza che canta due brani prima di noi.
E lo spettacolo come convivrà con il Covid?
Speriamo anzitutto di potere andare avanti a fare spettacoli anche con posti limitati nel pubblico. La società è divisa ora tra chi vede il 2020 come un’occasione per fermarci a riflettere e cercare di migliorare e chi invece ha il terrore e scappa da altre parti. La musica sarà sempre uno specchio di quanto accade intorno, accompagnando l’uomo nel suo cammino: ha sempre una missione anche nel gioco e nel ballo.
L’ultima tua partecipazione a Sanremo risale al 1993 quando arrivasti terza con Grazia cantando Gli amori diversi. Fu una delle canzoni più dolci e romantiche di quel decennio, anche se qualcuno fischiò quel podio dalla platea perché voleva Renato Zero. Sono passati 27 anni, non senti la necessità di recuperare qualcosa con Sanremo?
Il Festival fa sempre la sua parte: dipende sempre chi è il direttore artistico e quali sono le richieste della Rai, che sa benissimo trattarsi anche di un grande spettacolo oltre che di una gara canora. L’equilibrio a livello musicale credo ci sia ancora. Invece mi piacerebbe vedere più donne sul palcoscenico: su questo si rimane ancora indietro e le donne godono ahimè di meno credibilità rispetto agli uomini. Vorrei un Sanremo rivolto alla donna e all’importanza che ha la sua penna.
Qual è il tuo rapporto con Milano?
I miei genitori abitarono per tantissimo tempo in via Carroccio, zona sant’Ambrogio. Andai a scuola dalle Orsoline, quindi alla scuola inglese e al Conservatorio, dove insegno oggi. Milano quindi è la città della mia costruzione culturale: le devo tutto. La Milano che ho vissuto era quella del Teatro dell’Elfo, dell’Out-Off: c’era tanta ricerca, nasceva tanta musica insieme ad amici come Franco Battiato, anche lui al Conservatorio.
Talvolta ci si dimentica dell’importanza culturale di Milano…
È una città coraggiosa, e ogni volta che ci ritorno mi si apre il cuore. La lasciai negli anni Novanta perché aveva una conduzione politica, all’epoca di Formentini, per cui venne abbandonata molto a se stessa. Non si stava più bene: era offesa culturalmente ed esteticamente. Mi trasferii a Roma, quindi per amore conobbi le Marche e ora sono in Toscana da tanti anni dove ci sono vari amici.
Massimiliano Beneggi