Inducendo il pubblico a ridere sul capovolgimento di certi canoni logici, lo costringiamo contemporaneamente a ridere di se stesso, per meglio analizzarsi e conoscersi: sembra una pagina del saggio Il riso di Henri Bergson, invece è una vecchia dichiarazione di un grande attore che negli anni ‘70 diede vita a qualcosa di assolutamente storico e irripetibile, malgrado centinaia di tentativi di imitazione. Di annunciazioni della Natività se ne sono viste tante, ma nessun Arcangelo Gabriele è mai stato spassoso come il suo, che ancora nel 2019 a distanza di quarant’anni è paradigmatico. L’orgoglio di essere napoletani e cittadini del mondo non è mai più stato raccontato con quei tempi comici e spiazzanti inventati dalla Smorfia. Oggi, ospite della nostra intervista, abbiamo la vera storia del teatro e della comicità: Lello Arena.
Dal 9 al 19 maggio l’attore partenopeo sarà a Milano, al Teatro Carcano, insieme a Giorgia Trasselli, per portare in scena Parenti Serpenti, la commedia di Carmine Amoroso, nota al pubblico soprattutto per il riadattamento cinematografico che ne fece quel genio di Mario Monicelli. A Natale, si dice, sono tutti più buoni; in famiglia, sempre secondo la popolarità, ci si aiuta. Parenti serpenti sembra abbattere tutti questi luoghi comuni, ricordando le perfidie che invidie e gelosie familiari possono generare: una bellissima commedia che, ogni volta, offre spunti di riflessione ulteriori. Forse, per evitare gravi problemi, basterebbe ammettere e acccettare ciascuno i propri difetti e i propri errori: la famiglia ideale e perfetta non esiste, ciascun gruppo ha le sue abitudini e un peculiare modo di mostrare affetto e convinzioni, che agli altri gruppi appariranno strani o migliori, a seconda dello stato di collera in cui si è con se stessi. Ce lo insegna Hegel: la famiglia è il primo stato di eticità, la sintesi tra l’individuo e l’altro, che si riscoprono essere un’unica persona.
Lello Arena interpreta Saverio, il padre che non si sa bene se sia realmente malato di demenza senile o sia solo stanco di tante guerre familiari inutili, dovute fondamentalmente sempre solo al denaro. E’ lui stesso a raccontarci allora come affronta questo spettacolo, ormai in tournée da quasi cinque anni.
Lello, il pubblico è abituato a pensare a Parenti serpenti come ci è stato presentato da Monicelli al cinema: cosa cambia a teatro? Sarà fedele alla storia che conosciamo?
Parenti serpenti fu scritto da Carmine Amoroso per il teatro, e Monicelli ne trasse il film che tutti conosciamo e amiamo. Ci incuriosì l’idea di poter ripresentare lo spettacolo come nacque: il mezzo teatrale consente una partecipazione maggiore all’attore della famiglia. Sei sul palco, e la famiglia è esattamente lì con te, non si vive quella estraneità come può succedere in un film, ma si sente la stessa vicinanza che si percepisce nella vita reale. La storia é la stessa del film, quello, ma cambiano tutti i personaggi che, a partire dal mio, Saverio, hanno una storia a 360 gradi: c’è un arco di racconto più più tondo, perché a teatro ogni personaggio può avere molte più storie, e poter riprendere la commedia come era nata ci é sembrata la cosa migliore per dare a ciascuno uno spessore un racconto molto più consistente. Questo spettacolo si avvia verso la sua quinta stagione di tournée: si va ormai verso la duecentesima replica. Diciamo che c’è una sorta di magia intorno a Parenti serpenti: ogni tanto riesce e qualche volta no, in questo caso è riuscita, e lo spettacolo continua a piacere e andare avanti. Abbiamo debuttato anche al Festival di Borgio Verezzi, dove abbiamo vinto il Premio dato dalla Camera del Commercio per il miglior spettacolo.
Tua moglie, in Parenti serpenti, è Giorgia Trasselli, com’è condividere con lei il palcoscenico?
Giorgia è una straordinaria compagna di lavoro con cui ormai siamo al secondo spettacolo: è già anche nella compagnia di Miseria e nobiltà. Non tocca a me dire quanto sia brava, e quanto sia apprezzata dal pubblico: questo vale per tutta la compagnia, fatta di talenti straordinari di giovani di cui sentiremo parlare tantissimo.
Secondo te la famiglia è il porto sicuro che può risolvere i problemi, o è l’origine dei disagi e dei problemi più grandi?
In famiglia diventa complicato quando subentrano degli interessi, perché diventa difficile convincere tutti a fare le cose migliori e non le cose peggiori, e invece siccome siamo tutti fatti piuttosto maluccio, siamo spinti a fare le cose peggiori. Spesso il dna comune anziché aiutare scombina un po’ le cose, perché siamo uguali, e spesso non ci rendiamo conto che abbiamo in comune non solo i pregi ma anche i difetti: il sangue che scorre è lo stesso.
C’e qualche piccola cattiveria divertente che si possa raccontare che è accaduta nella tua famiglia?
Mi viene in mente sempre una storia capitata a mio padre che fu fatto prigioniero in guerra: aveva una fidanzata che lo stava aspettando e aveva tenuto da parte i soldi guadagnati in prigionia. In realtà poi questa spese tutti i soldi di mio padrecon un altro: a volte anche i familiari che ti scegli sono pericolosi. È sempre abbastanza complicato, bisogna essere sempre presenti e attenti. Per me ovviamente è stato meglio sia andata così a mio padre, altrimenti non sarei mai nato.
La famiglia non può ovviamente nascere senza comunicazione, e oggi ci sono sempre meno famiglie e tanti comunicano solo con i social, che pure talvolta servono e aiutano. Tu che rapporto hai col web?
Una volta fare una ricerca di filmati di edizioni precedenti di uno spettacolo era complicatissimo: ora è tutto on line e questo facilita tantissimo un lavoro che prima era quasi impossibile. Il web va preso con le giuste misure, non se ne può abusare: una comunicazione fatta con il web arriva presto all’obiettivo, ormai i manifesti hanno fatto il loro tempo. Non bisogna pero dipenderne: vedo troppa gente che fa video, storie, dirette…ormai tutti sanno a che ora doverle fare filmati per avere più seguito. Io questo lo trovo un po’ malsano. Il web serve per fare sapere prima qualcosa, e averne più informazioni, non bisogna esagerare.
Ricordo una puntata del Raffaella Carra Show in cui era ospite Ruud Gullit: era il 1988, quando c’era una grande rivalità calcistica tra Milano e Napoli, e anche in quella occasione c’erano simpatici siparietti che ti vedevano protagonista. Oggi Milano è cambiata molto, è una città completamente globalizzata: che rapporto hai con questa città?
Con Milano ho un ottimo rapporto perché ci ho lavorato per moltissimi anni: sono stato residente a Milano per parecchio tempo, quando lavoravo per Fininvest. Stare insieme ci ha fatto capire le cose positive degli uni e degli altri: mi ritrovo spesso con amici milanesi doc a tifare contro la Juve, che è sempre una buona cosa. Sono sempre rimasto colpito da alcune qualità uniche dei milanesi e dei lombardi, intrinseche nel loro modo di vedere la vita, che un napoletano non avrebbe mai immaginato prima di venire qua e scoprire la realtà milanese, cosi come, quando ci si scambiano informazioni, il milanese si trova ad apprezzare alcuni valori partenopei: se fossimo rimasti chiusi in noi stessi non avremmo avuto modo di vedere davvero le cose. La comunicazione insegna ad entrambi, e così dovrebbe essere sempre, d’altra parte non c’è ragione di starmene ognuno dalla propria parte, con i propri pregi e difetti.
Torneresti a teatro con Enzo De Caro in uno spettacolo tutto vostro di caratura comica o la Smorfia non si potrà più fare senza Massimo?
La Smorfia fortunatamente esisterà sempre in virtù di un grande archivio protetto e digitalizzato, che sarà per sempre a disposizione di chi avrà voglia di vederlo, e già questo mi tranquillizza molto. Con Enzo potremmo tornare a fare qualcosa insieme, perché no? L’anno scorso facemmo un ricordo della Smorfia e di Massimo a Napoli in Piazza del Plebiscito, e furono tre bellissimi giorni di festa con proiezioni e ospiti che ricordavano il rapporto con noi. Si potrebbe fare uno spettacolo insieme dove racconteremmo più propriamente il fenomeno della Smorfia, senza farlo raccontare raccontare male con tante fesserie. Con Enzo ci sentiamo sempre, quindi si potrà fare.
Quest’anno ti abbiamo rivisto e apprezzato moltissimo ospite fisso a Che Tempo Che fa, ci sono possibilità di rivederti nella prossima stagione anche in altre trasmissioni?
Quest’anno mi sono dato disponibile per frequentare le trasmissioni televisive che più mi piacciono: la tv ha il suo pubblico vasto e affezionato, ma alcuni programmi sono proprio da evitare, fanno una tv che non condivido.
Ci sono cose che non rifaresti nella tua carriera?
Non rifarei tante cose ma è facile dirlo oggi con l’esperienza. All’epoca, eravamo gia Smorfia e conosciuti da tutti, e si fecero delle scelte anche all’interno del gruppo molto categoriche, che oggi con il senno di poi non sarebbero più cosi categoriche: si rifarebbero diversamente consentendo a ciascuno di fare quello che vorrebbe fare senza sciupare quanto si e fatto.
Ci sono cose che vorresti fare che non sono state ancora fatte?
Al momento no, perché sono sempre abbastanza fortunato: appena penso a una cosa, subito mi viene data la possibilità di farla.
Toglici una curiosità: quegli scketch con la Smorfia, erano tutti scritti o c’era dell’improvvisazione?
Erano tutti scritti al mille per mille: solo quando scrivevamo eravamo molto liberi di inventare improvvisare. Ma quando eravamo in scena il copione era molto rigido e categorico, nessuno poteva permettersi di improvvisare.
Massimiliano Beneggi