Rispetto per Milano, capitale italiana della cultura

Bisogna restare in casa. Chi vive in Lombardia, rimanga nella regione per amore di se stesso, degli altri, e della terra. Non c’è spazio per ridicoli sudade. Ce lo hanno fatto sottovalutare, dapprima dando la notizia in pasto a giornali che senza controllo né scientifica cultura ne hanno dato notizia, poi ricordando di non allarmarsi e di non usare la mascherina se non in caso di reale contagio, quindi affidandosi al buon senso della gente, e consentendo aperture dei musei ma non dei teatri. Che il coronavirus stesse dilagando, però, coi suoi lunghi tempi di incubazione, era palese a chiunque non volesse mettere la testa sotto la sabbia. Riallarmarsi ora non ha senso. Il virus c’è ora, come c’era prima quando la Lombardia non era chiusa. Come quando Milano non veniva inutilmente abbandonata da chi dalla stessa città è stato accolto. Ci vorrebbe, oltre al buon senso a cui inevitabilmente non ci si può appellare come unica risorsa, un netto giro di vite che, come evincevamo nei giorni scorsi, non c’è stato finora per convenienza dei poteri forti.

Qual è il senso di giocare le partite di calcio a porte chiuse (senza potere rispettare distanze di sicurezza in campo) per non avere problemi con le pay tv, ma mettere giustamente a repentaglio le gare ciclistiche (che peraltro sono uno sport più individualista dal punto di vista fisico)? Giusto bloccare gli spettacoli teatrali a questo punto, ma solo se viene impedita l’apertura a tutti gli spazi culturali, senza eccezione per quelli statali e comunali. Insomma, che si sia sottovalutato il problema lasciando che la disinformazione aumentasse mediante post sui social senza mettere un freno come si fa per una foto di nudo o una bestemmia, questo è fin troppo evidente per essere ribadito. Che si sia pensato a sistemare i conti dell’economia più che a cercare una soluzione contro il virus, bloccando solo quello che non crea introiti allo Stato è altrettanto certificato, e inaccettabile. Quello che non si può ammettere, ora che la situazione è così messa alle strette, è che Milano e la Lombardia vengano trattate come zone appestate e colpevoli di qualcosa. Perché fuggire da Milano abbandonandola fisicamente e moralmente? Perché voltare le spalle e disconosere casa propria? Perché ironizzare come a colpevolizzare i milanesi di uno slogan #milanononsiferma, che tutto è fuorché qualcosa di offensivo per una città che da sempre è il motore della nazione? E non a caso la paralisi della Lombardia crea preoccupazione all’Italia più che quella che avrebbe destato qualunque altra regione.

Milano, forse non se n’è accorto mai nessuno, è la città che senza essere capitale d’Italia ha sempre ospitato (con efficace organizzazione e approvato successo) gli eventi più importanti della cultura: che lo si voglia o no, è nella città meneghina che si trovano gli spettacoli teatrali più importanti della stagione, che si produce la musica di maggior rilievo con le più importanti case discografiche, che si racconta quotidianamente la globalizzazione con spazi e mostre sempre più rese importanti. È a Milano che c’è la vera architettura italiana contemporanea per cui arrivano turisti dall’estero.

Milano non si ferma, e non sta chiedendo quell’aiuto che ha sempre dato. Discretamente, in punta di piedi. Con quella cultura la cui esistenza in troppi vorrebbero negarle. Gli spettacoli e i musei ora non ci saranno, ma Milano e la Lombardia, orgogliosamente, non si fermano, e si rimboccano le maniche. Lo impari anche il resto della nazione, senza ironie che potrebbero ritorcersi contro un domani. L’ignoranza, come abbiamo già detto, non combatte nessun virus. La cultura un minimo di speranza la dà. Se i teatri sono chiusi, Milano sta già lavorando alla prossima stagione, e a un grande rientro. Lo stanno facendo anche gli altri?

Massimiliano Beneggi