Ci hanno chiesto di rimanere in casa nostra. Ce l’hanno chiesto per fermare un virus potentissimo che sta mietendo molte più vittime di quelle che si immaginassero all’inizio. Ce lo hanno chiesto, nemmeno imposto. Perché di fatto ci hanno obbligato solo a stare a casa dal lavoro (e non si capisce perché nemmeno tutte le categorie), poi per fortuna il buon senso porta la maggior parte delle persone a barricarsi in casa propria. A leggere sui social, sembra ci abbiano rinchiuso ad Alcatraz, invece sono le nostre mura domestiche. Quelle in cui sognamo di tornare ogni giorno sin dal mattino quando usciamo per andare al lavoro. Quelle in cui se solo avessimo il tempo passeremmo ore a leggere, a studiare, a dipingere, a scoprire tutte le nostre possibilità creative e culturali. Ci hanno chiesto di rimanere in casa dedicandoci alle nostre passioni. Ora che di tempo per farlo ne abbiamo in abbondanza, tutti si lamentano.

La natura umana non si contenta mai di quello che ha, mettendosi costantemente all’inseguimento di ciò che non può avere in quel preciso momento. Ora tutti vorrebbero viaggiare per il mondo, fare sport all’aperto, abbracciare e toccacciare persone anche le più sconosciute, a costo di dormire poco e mangiare di corsa. Sui social è una gara per raccontare la propria totale incapacità di tanti italiani di ritagliarsi del tempo. Siamo curiosi di sapere cosa ci racconteranno quando tutta questa situazione decisamente storica sarà finita: se ci diranno di avere letto tanto, sarà la volta che chiederemo i riassunti e le schede libro di ogni testo, perché finora sono quasi tutti lì a lamentarsi su internet, dando sfogo alla propria creatività solo su Tik Tok. Oddio, capirai che fantasia: ripetono tutti la stessa gag dei gatti e dei cani che entrano ed escono sbucando dalle porte, ballano la medesima musica con identici passi. E non sono proprio John Travolta.

A mancare agli italiani, in fondo, non sono le cose da fare. Siamo il popolo che si vanta, giustamente, di avere la migliore cucina del mondo; il Paese del Rinascimento, della bella musica, ma persino quello che ribadisce, magari a qualcuno all’estero fosse mai interessato, che gli italiani lo fanno meglio. Bastano due sbarchi di barconi con a bordo clandestini, e subito rivendichiamo le nostre tradizioni e la religione cattolica: in un momento come questo il rosario potrebbe servire non solo per una campagna elettorale. Cose da fare proprio non ci possono mancare, nel 2020, con piattaforme satellitari che ci propongono film ogni istante. Agli italiani manca la libertà. Non la libertà indotta dalla solitudine come diceva De André, ma quella di non poter dedicarsi al nulla come nostra prerogativa. Il dolce far niente citato anche in Mangia, prega, ama: quello per cui non facciamo nulla per tutta la giornata, e alla fine della stessa ci riposiamo. L’imposizione ci rende antipatica ogni cosa, esattamente come quando a scuola fanno leggere i romanzi: il piacere si trasforma in una omologazione che fa perdere l’esclusività anche al peggiore dei conformisti.

Mettiamola così: quelli che stanno bene, e per fortuna sono la maggior parte, possono fare quello che vogliono in casa propria, risparmiando anche soldi in questo momento. Stiamo imparando a scoprire la necessità, lasciando da parte il superfluo. È sull’orlo del precipizio che l’equilibrio é massimo. Chi ha fatto la guerra ce lo ha sempre raccontato, noi per poche settimane stiamo facendo una tragedia. E sotto sotto ci godiamo il riposo. Comprendiamo finalmente a pieno titolo le parole di Giorgio Gaber: libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione. Già, abbiamo bisogno di stare con gli altri per sentirci liberi. Ma sapere conoscere se stessi (qui non c’è cantautore che tenga, ce lo insegnava già Platone) è la prima fondamentale regola per vivere in un mondo che spesso, fin qui, non ci è piaciuto completamente. Approfittiamo allora per conoscere i nostri limiti e le nostre capacità, sicché quando torneremo alla vita normale sapremo come potremo essere utili agli altri e cosa potremo trarre di positivo dalle persone di ciò che ci manca. Fare qualunque cosa ci piaccia, dedicarci allo studio della storia, all’ascolto della musica, sono azioni che ci aiutano a raccontarci il mondo e noi stessi. Potremmo farlo. O ci fa paura guardarci allo specchio, conoscere la nostra natura e scoprire che davvero homo faber fortunae suae e la responsabilità dei nostri errori non è negli altri? Allora a mancarci, forse, non è la libertà di questi giorni, ma la capacità di ricavarci il nostro tempo. La natura umana non è libera, e diventa schiava di quella degli altri: ci servono i problemi fuori dalle nostre mura domestiche e dalla nostra quotidianità per sopravvivere e sentirci importanti. Ci meritiamo Barbara D’Urso che ci insegna a lavarci le mani.

Massimiliano Beneggi