I canti dal balcone, una baracconata irrispettosa incentivata dalla D’Urso

17 marzo, 159esimo anniversario dell’Unità d’Italia. L’arte più di ogni altra cosa ci unisce, ma siamo capaci di coglierne il senso senza degenerare?

PRO O CONTRO?

Alla fine, come spesso accade, la situazione è un po’ sfuggita di mano. Quello che doveva essere un delicato, piacevole, commovente momento di ritrovo insieme in nome della musica e dell’unità nazionale, si è già trasformato nel giro di pochi giorni in un caotico circo che pone gli italiani di fronte alla spaccatura. Di scatole e di pensiero.

IN ORIGINE ERANO MAMELI E CELENTANO

I flashmob erano partiti il primo giorno di quarantena giovedì scorso con gli italiani affacciati al balcone a cantare perlopiù quasi tutti Fratelli D’Italia. In ogni grande città avevano trovato subito spazio anche i brani popolari, però, che indicavano pur sempre un sano campanilismo: uniti sì, ma non troppo, siamo pur sempre in quarantena. Dovevamo interpretarlo già come un segnale. Il giorno successivo l’Italia si è affacciata al balcone cantando Celentano: Azzurro rammentava la nostra mancanza di risorse senza gli altri nella noia attanagliante della solitudine, ma soprattutto rappresentava il nostro Paese nella sua melodia facile e orecchiabile senza parole arcaiche. Dal giorno dopo la situazione è un po’ degenerata.

RINO GAETANO, E NON ERA GIÀ PIÙ INNO POPOLARE

I social avevano imposto di cantare Ma il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano: un brano che trasforma le differenze sociali sotto l’uguaglianza del cielo sempre più limpido per tutti. Una bella ventata d’ottimismo con il colore azzurro intenso, che ci ricorda l’Italia e il suo mare. Una canzone amatissima e forse compresa più ora che quarant’anni fa: la bellezza del testo e della sua melodia all’avanguardia non bastano però a farne il classico ritornello popolare. Quello riconosciuto come omonimo del nostro Paese anche all’estero per capirci. Da quel momento è iniziato il degenero.

IL COLLEGAMENTO TAROCCO DI BARBARA D’URSO

Flashmob interminabili di mezz’ore piene, non più solo alle 18: Ilaria Dalle Palle, in diretta per Live-Non è la D’Urso si collega da un condominio che starebbe cantando di sua sponte dopo le 21.30 (i flash mob però sono tali perché sono flash e fatti a un orario preciso, non a casaccio) Peccato che appena lei punta il microfono verso il cortile con la gente immobile, questi si animino a comando solo in quel momento cominciando dalla prima strofa. Vicini di casa festanti (anche a meno di un metro di distanza), attenti a guardare nella telecamera con la stessa nonchalance di Valeria Marini. Donna Barbara, ancora una volta, anzichè cogliere il significato di un gesto carino, ne mostra la parte peggiore e più insensata, di fatto incentivando alla perdita del motivo originario. La realtà, però, non è molto dissimile in effetti da come viene raccontata nel collegamento tarocco di Canale 5 (e allora perché ricorrere ai soliti artifizi tipici di casa D’Urso? Mistero).

LO SCEMPIO DI LECCO

Alle 18 quindi ora c’è questa smania di uscire sul balcone, fare casino, e creare la situazione più divertente possibile per avere anche una riguardevole visione sui social. Non più Azzurro e canti popolari, se va bene Rino Gaetano va bene tutto: discoteche confuse a cielo aperto che soddisfano la voglia di fare macello in maniera autorizzata senza denunce per disturbo della quiete pubblica. Si canta di tutto: dai Queen fino ai Placebo. L’orgoglio italiano e la voglia di dare messaggi positivi di speranza ai connazionali si sono già trasformati in un karaoke in qualche caso insopportabile persino nelle mura domestiche. Il caso limite, infatti, lo si è raggiunto a Lecco, dove qualcuno sui social ha ricordato che sarebbe stato il giorno del derby calcistico contro il Como, e ha invitato (senza essere seguito per fortuna) tutti a uscire sul balcone alle 18 cantando ‘Como Como vaffanculo’. Altroché unità italiana, non esiste più nemmeno quella padana.

MANCANZA DI RISPETTO

L’Italia sta vivendo un momento difficile, contro questo nemico invisibile che diventa persino difficile chiamare virus, alla stregua di un raffreddore. Tante aziende saranno costrette a fare i conti con chiusure e licenziamenti. È giusto dare messaggi positivi. Bisogna parlare anche d’altro per distrarre la mente: persino del derby saltato. Non così però, non mischiando un gesto di unità con l’ennesima divisione che non c’entra nulla con le vittime di questo dramma epocale. Il canto in compagnia sul balcone, apprezzabile nei primi giorni di discreta e sincera emozione, è diventato l’ennesima rumorosa baracconata idiota di chi non sa cogliere il significato dei gesti. Di chi non ha il senso dell’equilibrio e del rispetto. Di chi non ha capito che non ci hanno messo ai domiciliari e che non è il momento di festeggiare ma di combattere insieme con messaggi positivi di unità. È l’ennesima occasione sprecata. Sarebbe potuto essere bello cantare tutti insieme anche brani di altri artisti, ma con garbo e discrezione, che sembrano già essersi persi nelle telecamere della D’Urso e dei social. Ecco perché il testamento artistico di un genio come Giorgio Gaber fu: Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono.

In un momento come questo l’unico canto possibile sembra essere il Nessun dorma, risuonato per tanti anni nelle nostre case come sigla del Giro. Quando il Giro d’Italia era a maggio e non era minacciato dai virus. Vinceremo, basterà combattere con discreto silenzio, spegnendo i rumori e facendo suonare solo i cuori.

Massimiliano Beneggi