Come possono fare i commercianti nell’epoca in cui nessuno più entra nei negozi? Ce lo spiega Vito! Il comico bolognese porta al Teatro Manzoni di Milano martedì 4 aprile (ore 20.45) uno spassosissimo One man show: La felicità è un pacco.

In un mondo in cui tutto si può ordinare con un click sul cellulare, televisori, rasoi elettrici, felpe e persino le tagliatelle al ragù, il commerciante è diventato utile come un paio di moffole da sci alle Maldive, per dirla come Simonazzi, il protagonista della storia.
La smania dell’ordine on-line non ha solo messo in ginocchio la sua attività, ma gli ha devastato anche la famiglia: la moglie è stata investita da un rider e ha perso la memoria, la figlia vive scaricando serie tv barricata nella sua camera sempre in attesa che arrivi il cibo ordinato con Just Eat. Bisogna allora iniziare una Resistenza a questa dittatura. Ci spiega lo stesso Vito, in cosa consiste questo spettacolo che, ridendo e scherzando, sa creare qualche polemica. Affronta infatti temi come la vittoria del capitalismo sul comunismo, nonché il ruolo della proprietà privata ai tempi di Amazon, che sembra pensare a tutti i nostri bisogni. Come una volta faceva lo Stato…

Vito, in che senso la felicità è un pacco?
Il protagonista è Simonazzi, un commerciante che, ai tempi del mondo gestito unicamente on line tramite pc e smartphone, diventa un uomo felice quando ruba un pacco a quelli che acquistano su Amazon. Tutti acquistano su Internet e la sua attività fa sempre più fatica. Quindi diventa il Robin Hood delle consegne a domicilio per proteggere i commercianti come lui e ruba tutto quello che vede essere consegnato porta a porta.
Come ti è nata l’idea di questo personaggio?
Lo spettacolo emerge grazie a Francesco Freyrie e Andrea Zalone, autori del testo. La regia è di Daniele Sala. L’argomento era nell’aria da tempo. Dopo il lockdown, in cui chiunque ha imparato ad acquistare tramite Internet, bisognava sottolineare questo cambiamento. È uno spettacolo semiserio, che racconta questo periodo storico che stiamo vivendo: si ride molto, perché la situazione che percepiamo è comica per tanti aspetti. Ma in quell’ora e mezza ci si fa anche qualche ragionamentino…
Tu fai acquisti su Internet?
Mai comprato nulla. In compenso, i miei nipoti un la cantina che sembra il magazzino di Amazon. Io, invece, sono di origine contadina, quindi non mi fido troppo: non mi piace fornire i dati della carta di credito, anche se si tratta di una prepagata. Poi amo troppo andare in giro, entrare nei negozi, far due chiacchiere, perdere un po’ di tempo…
Nemmeno nel lockdown di tre anni fa ti sei lasciato prendere dalla curiosità di provare?
Assolutamente no!
E non hai paura di essere etichettato come boomer?
Non me ne frega niente. Ne sono orgoglioso. Quando dicevo a mia nonna che era vecchia lei rispondeva: O muori giovane o diventi vecchio, scegli te!
Nel corso delle epoche siamo da sempre ammoniti dalle generazioni precedenti circa un progresso tecnologico eccessivo. C’è qualcosa a cui, con il senno di poi, rinunceresti in nome di una vita più poetica e umana?
Potremmo fare a meno di tante cose. Io giro molto per l’Europa e vedo diverse realtà: ovunque, il progresso ha fatto grandi cose, ma tutto è utile e al tempo stesso non serve a nulla. Per esempio, io ho un computer grandissimo, ma non perché sia più utile di uno piccolo: esclusivamente perché mi piace come oggetto di “scultura moderna”. Ovviamente comunque sono contento che la tecnologia sia andata avanti: se penso a quando usavo la cartina dell’Italia e mi dovevo fare un mazzo terribile a individuare e chiedere in giro dove fosse il teatro in certi paesini, oggi con le mappe digitali è una pacchia!
Torniamo allo spettacolo. La felicità è un pacco è chiaramente una frase dal duplice significato. Lessing diceva che la felicità è già nell’attesa. Non c’è il rischio quindi che chi attende il pacco, resti poi deluso dall’inutilità degli acquisti compulsivi perché è sempre più bello aspettare qualcosa che riceverlo?
È proprio così. A chi acquista probabilmente non interessa nemmeno quello che c’è nel pacco: gli basta riceverlo. Dopo la dura giornata di lavoro, con tutte le sue noie e tormenti, arrivi a casa e trovi quel pacco, per cui sembra sempre Natale. Il fatto di non averlo pagato in contanti fa sembrare oltretutto di ricevere davvero un regalo. Invece è solo una paraculata!

Nello spettacolo non c’è solo il commerciante Simonazzi…
Esatto. C’è il milanese che mangia solo sushi ma adorerebbe la carbonara; la madre che non si capacita che il figlio a scuola sia un delinquente e lo protegge; il prete che lamenta che nessuno vada più in chiesa e si confessano tutti on line; il tipo da bar che crede di avere inventato tutto lui. Una carrellata di personaggi uniti da un tema: ciascuno racconta di un pacco che non è arrivato. Dopo di loro, quindi, entra sempre Simonazzi che arriva col pacco che ha appena rubato…
Quante volte, in questo show, devi cedere a pronunciare parole straniere entrate ormai nel lessico italiano?
Non ne dico quasi per tutto lo spettacolo! L’unico che ci prova è il personaggio milanese che a un certo punto dice “Faccio un remembering”.
Cosa rende felice Vito?
Mi rende felice, banalmente, vedere il teatro pieno di gente ridere. E poi quando essere a casa mia, dietro un fornello, con amici e familiari a cena. La felicità dura qualche secondo nell’arco di una giornata, ma ho la fortuna di saper cogliere sempre quel momento.
Massimiliano Beneggi