Dio è morto e neanch’io mi sento tanto bene: così Solenghi interpreta magistralmente Woody Allen -RECENSIONE

E’ in scena fino al 2 aprile al Teatro Carcano di Milano, lo spettacolo Dio è morto e neanch’io mi sento tanto bene (produzione International Music and Arts). Teatro completamente pieno per la prima, andata in scena il 30 marzo. Ecco la nostra recensione.

IL CAST

Tullio Solenghi, Alessandro Nidi (pianoforte), Giulia Di Cagno (voce e violino), Filippo Nidi (trombone), Massimo Ferraguti (clarinetto), Tea Pagliarini (corno), Sebastiano Nidi (percussioni)

LA TRAMA

Religione, amore e sesso, rapporti tra uomo e donna, società, filosofia, psicoanalisi. Sono tanti i temi (e le ossessioni) ricorrenti nelle opere di Woody Allen, uno degli artisti a 360 gradi che raccontano la quotidianità attraverso film, libri e musica. Ecco dunque alcuni racconti, intervallati da un ampio spazio musicale e tanti brevi aforismi, che tracciano un quadro delineato del famoso regista, amante del surreale. Per intenderci, si parte con un ragionamento tanto stravagante quanto inopinabile, quello che Solenghi chiama “il biglietto da visita di Woody”. Ossia, la vita sarebbe migliore vissuta al contrario:

Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così il trauma è bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno. Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio. Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro. Lavori quarant’anni finché non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finché non sei bebè. Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni. E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo.

E così giù fino al rapporto con la psicoanalisi, dove un ipotetico Freud racconta a modo suo la morte di Socrate.

LA MORALE

Tutto è vero, anche l’irrazionale. La fantasia di Woody Allen ce lo dimostra da sempre, mettendo i puntini sulle “i” con lucide riflessioni che spiazzano sempre, anche quando sono palesemente fuori dalle righe. Eppure, si direbbe con Parmenide, se una cosa possiamo pensarla vuol dire che esiste. Nulla ha quindi un’unica faccia, sebbene ci sia stata raccontata da sempre solo in un certo modo. E’ nostro compito porci domande e lasciarci trasportare da quel che ci suggerisce l’istinto. Talvolta, si potrebbero scoprire realtà parallele a cui mai avremmo pensato.

IL COMMENTO

Un autentico omaggio da vivo a Woody Allen, che non vuole (e non potrebbe) essere esaustivo, ma che posiziona perfettamente il pubblico nella psicologia di uno dei più grandi di sempre. La frase che dà il titolo allo spettacolo, non viene mai citata. Questo conferma la quantità di aforismi e spunti riflessivi di cui è piena l’opera di Allen. Una comicità “non per tutti”, potrà pensare qualcuno. Può darsi, ma non tanto perché ogni battuta è talmente sottile da meritare qualche secondo in più rispetto al solito perché arrivi nella sua pienezza. Questa rimane sempre la grande forza di Woody Allen, dove anche l’argomento più banale viene descritto con una affermazione che lo rende cervelloticamente intellettuale. Certo è che per capire l’umorismo misogino, sessista, surreale, scorretto e cinico del regista, bisogna mettere da parte tutto quello che la cultura contemporanea prova esageratamente a imporre con tutti i filtri ormai considerati necessari. Una volta fatto questo passaggio, ci si rende conto che la comicità di Woody Allen non regala timidi sorrisi, ma autentiche risate al termine delle quali il pubblico è anche più un po’ più colto. Dopo questo spettacolo, viene voglia di rivedersi tutti i suoi film (dal primo, Prendi i soldi e scappa), che a loro volta rilanceranno la curiosità di leggersi da capo la Bibbia, Platone, Freud e tantissimi altri punti di riferimento della cultura.

IL TOP

Tullio Solenghi non imita Woody Allen: lo interpreta perfettamente e, laddove gli somiglia, ci si rende conto che non si tratta di una messa a punto per l’occasione. Lui è da sempre così: forse perché è rimasto affascinato dal grande regista fin dall’inizio della sua carriera, forse per naturale vicinanza mentale. Durante lo spettacolo, con sincera passione e coinvolgimento recita davanti a un leggio le innumerevoli frasi di Woody, dando quell’intonazione e quella cadenza necessarie a comprendere i complessi aforismi. Lo fa moltiplicandosi per i tanti personaggi che ingloba in se stesso, cambiando voci e dando colore a ogni momento. Rievoca persino Emilio Livi, il cantante di Non dimenticar le mie parole che Tullio ricorda con una spassosa interpretazione. Alla fine, saluta intrattenendo con aneddoti circa tre grandi della nostra comicità, che lui affianca alla genialità di Allen: Alberto Sordi, Paolo Villaggio, Raimondo Vianello. Tutto vero, anche se elegantemente dimentica di ammettere che il Trio fosse proprio la più autentica proposta italiana di quel tipo di comicità. Quella che nessuno si è mai più permesso di provare a imitare.

LA SORPRESA

Non si tratta solo di uno spettacolo comico. C’è tanta, tantissima musica. Lo spettacolo è infatti introdotto dalla celebre e iconica sigla di Manhattan. Quindi, tra un argomento e l’altro, l’orchestra del Maestro Alessandro Nidi suona lunghi tratti di jazz, musica Klezmer e molto intrattenimento che si divide la scena al 50% con il recitato di Solenghi. La voce della cantante e violinista Giulia Di Cagno incanta e coinvolge. Così la serata è davvero completa: in un’ora e mezza si assiste a uno spettacolo ipnotico, meravigliosamente e teatralmente poetico.

Massimiliano Beneggi