Fino al 7 maggio al Teatro Franco Parenti di Milano, quindi dal 9 al 14 maggio al Sala Umberto di Roma, è in scena L’attimo fuggente (produzione STM -Scuola Teatro Musicale Live) di Tom Schulman. Ecco la nostra recensione.
IL CAST
Luca Bastianello, Marco Massari, Daniele Bacci, Nicolò Bertonelli, Matteo Pilia, Kevin Magrì, Marco Possi, Adriano Voltini, Alessandro Rizza, Linda Caterina Fornari. Regia di Marco Iacomelli
LA TRAMA
Al prestigioso collegio maschile Welton, nel Vermont, gli studenti sono educati secondo i quattro principi fondamentali che ispirano la loro vita: tradizione, onore, disciplina, eccellenza. Sono convinti di poterli seguire solo con il comportamento richiesto dal preside, che esige molta rigidità. All’arrivo del nuovo insegnante di Lettere, il professor Keating, scoprono però che quei quattro valori da cui non possono prescindere, necessitano anzitutto di vitalità più che di un atteggiamento formale. Keating, infatti, è un ex allievo del College, scelto come insegnante per il suo curriculum eccellente, ma i suoi metodi sono poco ortodossi. Fa strappare agli studenti le pagine delle introduzioni dei libri, ritenute delle istruzioni tecniche incapaci di trasmettere emozioni. Rifiuta la lezione frontale per dialogare in mezzo all’aula coi ragazzi, che sprona a esprimere la loro parte più artistica e sincera. Il suo obiettivo, infatti, è far comprendere agli studenti il bellissimo mistero della poesia e il potere di questa nella descrizione di un mondo che merita di essere osservato da diversi punti di vista. Così, gli insegnamenti di Keating prevedono anche la possibilità che ogni studente si possa alzare in piedi sulla sedia e guardare ciò che fino a prima non sapeva nemmeno esistesse. Per esempio, la Setta dei Poeti Estinti, un gruppo fondato anni prima dallo stesso Keating, che con altri studenti dell’epoca univa la passione per l’amore per la poesia e le ragazze alle gogliardie e alla legittima voglia di essere giovani. Verrà così rifondata una nuova Setta dei Poeti Estinti, che prenderà implicitamente le mosse da quell’insegnamento di Keating: “Cogli l’attimo, rendi la tua vita straordinaria”. In questo modo emergeranno le vere personalità di ciascuno studente, nel bene e nel male, nella gioia e nel profondo dolore. Come quello di Neil, che dopo un duro scontro col padre, repellente alla sua passione per il teatro, farà un gesto estremo che secondo il preside avrà un preciso responsabile. Il più timido degli studenti, invece, mostrerà tanto coraggio…
LA MORALE
Di fronte a una firma falsificata per avere il consenso di iscriversi a un’audizione, il prudentissimo Todd dice “E’ sbagliato”, mentre l’entusiasta Neil afferma “E’ giusto”. Diversi punti di vista, entrambi con le loro ragioni. Nessuno può determinare in modo definitivo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato in questa vita, se non i protagonisti stessi delle proprie azioni. Quel che è certo è che vale la pena di goderla appieno questa esistenza, senza rinunciare a nulla che ci possa fare stare bene. Il diritto alla felicità e alle proprie passioni deve poter superare qualunque altro ostacolo. Troppe volte ci preoccupiamo di quello che dicono gli altri, ma non di ciò che ci suggerisce il nostro cuore: fare in modo che la nostra vita sia straordinaria, in fondo, significa renderla poetica. E’ nostro dovere provarci: la cultura, interpretata così, sarà senz’altro qualcosa di molto più abbordabile e avvincente. Da notare come la storia, scritta a fine anni ’80, sia ambientata negli anni ’50, quando alcuni metodi educativi rischiavano ancora di confondere persino la rigidità con la violenza. Se siamo cambiati in meglio, è anche per merito di una scuola che ha saputo guardare ai ragazzi e alla loro voglia di sognare liberamente.

IL COMMENTO
Una storia conosciutissima, vista e rivista in uno dei film più acclamati nella storia del cinema, che ogni volta suggerisce spunti nuovi. Questa volta arriva a teatro, rispettando fedelmente il testo, adattato per le esigenze del palcoscenico. Il rischio di vedere rovinata un’opera di cui conosciamo a memoria battute e volti, viene completamente scongiurato: al contrario, in un’ora e mezza viene mantenuto lo scheletro più appassionante della storia. Le scene più lente della pellicola sono tagliate, a favore di un ritmo più dinamico ed esplicativo, ma mai approssimativo. Intensità e ironia mantengono vivo il pubblico. L’emozione sale fino all’apice finale: quel “Capitano, mio capitano” scandito in piedi sulle sedie dagli studenti che prendono le difese di Keating, unitamente alla colonna sonora originale, è talmente efficace da far sentire più di un singhiozzo in platea. Non è la prima volta che si esce dal Teatro Parenti con le lacrime agli occhi: la capacità di scegliere sempre storie toccanti e commoventi, testimonia che se questa struttura esiste da 50 anni con successo, il motivo è anzitutto umano.
IL TOP
Se possibile, con il dovuto riguardo per il cast del film, qui ci si trova davanti a una compagnia che sa rendere ogni personaggio ancor più credibile rispetto a quello del cinema. Tutto questo è possibile proprio perché si parte esclusivamente dal testo: Luca Bastianello non interpreta Robin Williams, ma direttamente il professor Keating. Così gli dà un’inflessione e una caratterizzazione che non si distaccano dal personaggio immaginato da Schulman, ma comunque diversa e anch’essa convincente. Bene anche gli attori non protagonisti, sebbene alcune frasi del padre di Neil siano pronunciate un po’ troppo velocemente e bisogni prestare molta attenzione in sala. I sei ragazzi principali sono formidabili e non solo per come interpretano i personaggi: si presti attenzione ai tempi con i quali intervengono nelle battute e al modo con cui spostano a destra e a sinistra le sedie come fossero precisi funamboli che sanno muoversi perfettamente nei loro spazi. Evidentemente il teatro oltre a essere poesia, cultura e divertimento, è sempre anche disciplina, ordine, tradizione…ed eccellenza.
LA SORPRESA
Nell’assenza di una scenografia strutturata, con una trasposizione che prevede il nudo e crudo teatro, potrebbe distrarre la costante presenza anche degli attori fuori scena. In realtà, non solo basta concentrarsi sulla pedana centrale per evitare tutto questo, ma l’inconveniente diventa addirittura un sorprendente accorgimento registico. In effetti i personaggi fuori dalla scena, sono lì seduti a testimoniare che siamo costantemente osservati dagli altri. Anche nell’assenza. Proprio come le foto dei grandi studenti del passato del College guardano le nuove leve. Troppo spesso, però, ci dimentichiamo di ricambiare quello sguardo nella modalità con cui potremmo intercettare uno specchio di noi e conoscere più a fondo le nostre stesse passioni…
Massimiliano Beneggi