Venerdì 7 luglio Toto Cutugno compirà 80 anni. TeatroeMusicaNews lo festeggia da oggi con uno speciale che riserverà grandi sorprese nella giornata di venerdì. Il cantautore “italiano vero” per antonomasia della storia della musica è stato negli ultimi tempi un po’ messo da parte. Colpevolmente troppo spesso dimenticato nonostante tutti i successi che ha composto per se stesso e per gli altri. Eppure, quando si scrive Toto Cutugno sugli elenchi Siae, ecco venir fuori davvero tantissime canzoni di assoluta popolarità. Proviamo a rammentarne qualcuna, giusto 80 come le candeline, in una carrellata che rievocherà la carriera di Cutugno, iniziata a 20 anni con il gruppo jazz Toto e i Tati, di cui era il batterista.

Il primo vero successo, però, arrivò nel 1975. Grazie all’incontro con Vito Pallavicini, Cutugno scoprì un modo nuovo di comporre musica. Testi semplici, mirati a esaltare accompagnamenti melodici di grande impatto, con suoni rigorosamente determinati e armoniosi. La prima grande canzone si intitolava Africa: Toto recitava una lirica su una melodia in crescendo dove il coro creava una suggestione incredibile. L’Italia non se ne accorse subito, la Francia sì. Joe Dassin decise di reinterpretarla nella sua lingua e il brano diventava un successo mondiale. Lo stesso Dassin cantò poi un altro brano composto da Cutugno, Et si tu n’existais pais. La Francia ormai si innamorava della nostra musica grazie al cantautore di Fosdinovo.
La storia dei successi proseguì quando nel 1976 partecipò a Sanremo con gli Albatros arrivando addirittura terzo interpretando Volo AZ504. La canzone era uno struggente brano d’amore e di un aborto, all’epoca ancora illegale in Italia. Lei (Sandra) anziché prendere l’aereo solo per abortire all’estero, decideva di troncare la relazione. A quel punto ecco la voce di Toto rimbombare con un grido che supplicava Sandra di non fuggire. Sembra Rocky, ma il film con Sylvester Stallone arrivò nelle sale molti mesi dopo. Ora, dire che Stallone abbia preso spunto da Cutugno forse è un po’ troppo, ma di certo non fu il contrario come qualcuno si è divertito a raccontare nel tempo pur di screditare il brano. Non un capolavoro dal punto di vista dell’interpretazione cantata, ma straordinariamente suggestivo sotto l’aspetto musicale. Cori e orchestrazione creavano l’atmosfera del brano con cui Toto si presentò al grande pubblico. Parteciparono quindi al Festivalbar con Nel cuore dei sensi, tradotta in Voici Les Clès da Gérard Lenorman con grande successo. Meravigliose anche lì le atmosfere create dagli archi. Gli Albatros, insomma, puntavano moltissimo sulla musicalità. Si ripeterono nel 1977 con Gran Premio (nuovamente a Sanremo). Intanto anche Mireille Mathieu si accorgeva di Cutugno: ecco che per lei il buon Toto scriveva infatti Ciao Bambino Sorry.

Nello stesso anno iniziò anche la carriera di Toto da solista con Come ieri, come oggi, come sempre e il suo relativo lato B, Ragazza madre. Mentre la sua Dietro l’amore veniva tradotta in francese nientemeno che da Johnny Halliday. Componendo Donna donna mia non convinse solo Mike Bongiorno, che volle quel brano come sigla del suo Scommettiamo?, ma anche Adriano Celentano. Il Molleggiato, infatti, ingaggiò di fatto Cutugno per due album eccezionalmente trionfali con cui rilanciò la sua stessa immagine tra il 1978 e il 1981. Toto, che nel frattempo aveva iniziato la sua collaborazione con il paroliere Popi Minellono, regalò così a Modugno la canzone Giorno per giorno, ma soprattutto a Celentano successi quali Soli, Il tempo se ne va, Un po’ artista un po’ no, Amore no, Manifesto, Innamorata incavolata a vita (sigla di chiusura de Il bisbetico domato), L’orologio, Non se ne parla nemmeno, Spettabile Signore, Se non è amore. Nel frattempo Cutugno (anno 1979) lanciava la sua Voglio l’anima, successivamente ripresa in lingua francese anche da Dalida. Nell’album omonimo, altre due canzoni destinate a diventare fondamentali nel suo repertorio: ‘Na parola e Una serata come tante. L’anno dopo, ecco il trionfo a Sanremo: primo posto con la meravigliosa Solo noi, suonata a occhi chiusi con una timidezza cancellata unicamente dal rapporto intimistico di Toto col suo pianoforte. Eppure, in molti fecero subito notare il suo mancato sorriso al momento del ritiro del premio: ciò che spesso i giornalisti non perdonano è la poca apertura degli artisti, a prescindere dal carattere più o meno timido. Quel che non conoscevano, però, era la testardaggine di Cutugno, raccontato da chi lo ha come amico quale persona leale e presente, ma capace di chiudersi in se stesso fino a quando lo decide lui se le persone non gli vanno a genio. Il rapporto tra Toto e i giornalisti, per esempio, non è mai facile sin dagli esordi. Tanto che qualcuno lo considerava la fotocopia di Celentano: la verità, però, è che modificando un po’ il proprio stile, casomai è lo stesso Adriano ad essersi avvicinato sempre di più al modo di cantare di Cutugno. In ogni caso il 1980 segnò l’inizio del suo periodo d’oro. Cutugno arrivò quarto al Festival di Tokio con Francesca non sa e Innamorati. A vincere fu Miguel Bosé, proprio con una canzone scritta da Toto: Olympic Games.
Mike lo richiamò per una sua sigla, e così ecco la famosa Flash. Intanto anche Ornella Vanoni cantava brani che portavano la sua firma: indimenticabili Rabbia libertà fantasia e Voglio amarti un po’. Quando Toto si presentò a Sanremo nel 1983 arrivava dopo il suo successo La mia musica, che dava il titolo al suo terzo album. Era convinto di vincere al Festival, e a onor del vero il suo trionfo sembrava annunciato per chiunque a cominciare dal pubblico che lo votò come migliore in gara. Le giurie, però, hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo, creando non pochi malumori a Cutugno. Così L’italiano si classificò solo quinta, ma divenne la vincitrice morale con una popolarità talmente alta da vantare una storia ineguagliabile nel mondo, che intanto conosceva anche il lato b del singolo, Sarà. Con L’italiano si creava la doppia occasione: omaggiare la patria, il Presidente Pertini… e punzecchiare le brutte abitudini italiche. Compresa quella “autoradio nella mano destra”, che come ci raccontò Minellono aveva un significato ben preciso. L’anno dopo si ripeté con Serenata, il primo dei suoi sei secondi posti all’Ariston: un brano che confermava anche lo stato di grazia del paroliere Minellono, nel frattempo anche primo con Ci sarà (di Albano e Romina). Le parole “Affacciati alla finestra bella mia” diventarono da quel momento un must, descrittive di ogni migliore dedica romantica improvvisata per la propria amata.
Tutti lo cercavano a quel punto: ecco altri successi internazionali scritti da Toto, a cominciare da quello per Hervé Vilard: Reviens. Quindi C’est Venice (cantata da El Puma) e Noi ragazzi di oggi (seconda a Sanremo con l’interpretazione di Luis Miguel). Nell’estate 1985 Toto era al Festivalbar con il brano Mi piacerebbe (andare al mare al lunedì), incisa nello stesso album di Azzurra malinconia (quarto posto a Sanremo 1986) insieme a brani tutti da ascoltare come Una donna come te, Buonanotte, Mademoiselle ca va.
Sanremo 1987, invece, vedeva la firma di Toto su ben quattro brani (tutti di successo): Io amo (composta con Franco Fasano e Italio Ianne) per Fausto Leali, Il sognatore (composta con Depsa) per Peppino Di Capri, Canzone d’amore (scritta con Dario Farina) per i Ricchi e Poveri e Figli, interpretata da lui stesso. Proprio con questa, Toto si classificò nuovamente al secondo posto dietro al trio Morandi-Tozzi-Ruggeri di Si può dare di più.

Nell’estate partecipò a Un disco per l’estate, in coppia con Fausto Leali cantando Napoli: una vera poesia musicale dedicata alla città partenopea, dove note e cori sembrano raccontare in modo quasi onomatopeico la partecipazione del popolo napoletano e il riflesso del cielo notturno nel Golfo.
Inarrestabile, nell’autunno dello stesso anno venne chiamato da Raiuno per affiancare Lino Banfi alla conduzione di Domenica In. La sua sigla, Una domenica italiana, diventò un successo stratosferico, contenuta in un album di altrettanto impatto dal titolo Mediterraneo (altro brano da ricordare).
Anno 1988, Toto Cutugno si classificava ancora secondo a Sanremo: questa volta con Emozioni. Nello stesso anno Toto componeva anche Io per le strade di quartiere, cantata da Franco Califano, e Per noi, interpretata da Fiordaliso con Cabrini. La stessa coppia interpretò, l’anno dopo, anche Se non avessi te, firmata sempre da Toto, già tra gli autori de La fine del mondo (cantata da Gigi Sabani) e della sua Le mamme. La dedica gli valse nuovamente un secondo posto, dietro all’accoppiata Leali-Oxa (Ti lascerò) grazie alla collaborazione con Stefano Borgia. Nel 1990 furono i Pooh con Uomini soli a negare il trionfo alla sua Gli amori, una delle canzoni più internazionali di Cutugno. Non solo per l’interpretazione (completamente diversa in quanto fu inizialmente consegnato uno spartito solo in un secondo tempo cambiato dallo stesso Toto) del grande Ray Charles. Ma anche perché poi, a distanza di tempo, quel brano sarebbe divenuto la colonna sonora di Non ti muovere, il film con Sergio Castellitto e Penelope Cruz. Nello stesso Festival, Sandro Giacobbe cantava Io vorrei (che qualcuno considerò molto simile proprio a Gli amori). Si sarebbe rifatto alla grande, in quanto a trionfi, con l’Eurovision Song Contest. Cutugno, infatti, approfittando del rifiuto a concorrere da parte dei Pooh, entrò in gara con Insieme 1992, che anticipava la voglia di Europa unita in un periodo storico a metà tra la caduta del muro di Berlino e l’inizio della CEE. Vinse: fu il secondo successo per l’Italia dopo quello di Gigliola Cinquetti anni prima con Non ho l’età.
Nuovamente sul servizio pubblico, eccolo alla conduzione di Piacere Raiuno per tre edizioni. La sigla, naturalmente, sempre firmata e interpretata da lui: prima appunto Piacere Raiuno, poi C’è la Rai. La trasmissione fu l’occasione per cantare brani importanti della storia italiana, ma anche suoi nuovi successi come Come è difficile essere uomini, L’amore é (con il coro dei Piccoli Cantori di Milano). Ormai divenuto personaggio televisivo a tutti gli effetti (nuovamente alla conduzione di Domenica In, con Alba Parietti, ma anche di Stasera mi butto, con Giorgio Faletti), Cutugno tornò a Sanremo da autore nel 1994. Sua infatti la canzone interpretata da Claudia Mori, con un ritornello già usato in precedenza dallo stesso Toto: Mediterraneo. La canzone, però, si intitolava Se mi ami.
A Sanremo 1995 non risparmiò qualche critica al Dopo Festival di Fabio Fazio che dava poco spazio alla musica e troppo allo show e al pettegolezzo. Lui, nel frattempo, per non farsi mancare nulla faceva conoscere a tutta Italia un nuovo brano destinato a fare storia a dispetto del diciassettesimo posto in classifica:Voglio andare a vivere in campagna. Nello stesso anno, Drupi interpretava a Sanremo la sua Voglio una donna. Al momento si tratta dell’ultima partecipazione sanremese del cantante pavese. Proprio come lo fu la canzone Così lontani, con cui i Ricchi e Poveri nel 1992 si erano presentati tra i favoriti (attese poi deluse). Al Festival Cutugno ci tornò altre volte: anzitutto nel 1997 con Faccia pulita. Prima di tornare nel 2005 con Come noi nessuno al mondo (secondo posto nell’interpretazione insieme ad Annalisa Minetti), nel mezzo, anche un altro album, dal titolo Il treno va, dove spiccava soprattutto la bellissima Se una donna se ne va. Nel 2008, quindi, rieccolo all’Ariston con Un falco chiuso in gabbia (scritta con Davide De Marinis), con cui arrivò quarto sebbene tutti di quell’edizione ricordano più che altro il diverbio con il giornalista Mario Luzzato Fegiz che al Dopo Festival lo accusò di stonare, quindi nel 2010 Aeroplani (cantata nella serata dei duetti anche con Belen Rodriguez). Quella del 2008 va ricordata anche per essere, al momento, l’ultima volta che portò Toto a incidere un album di inediti, dove si trovavano perle come l’ironica Rappa rappa, le romantiche Cassetti vuoti, Sogni d’oro e le divertenti Chico siciliano, Sarà la differenza d’età, L’isola dell’amore.
Qualche anno dopo, a sorpresa, lontano dall’Ariston, lanciava un nuovo brano insieme agli amici Fausto Leali e Albano, per una lodevole iniziativa benefica: Le nostre mani.
Tantissimi successi tutti targati Cutugno, con quei cori e quei “la la la” o “na na na” inconfondibili. Capaci di dare importanza alla musica ma anche alle poche parole, spesso ripetute nelle strofe come a sottolineare il concetto raccontato. Fino ad arrivare alla poesia (composta a fine anni ’90 con Fabrizio Berlincioni, già coautore de Gli amori, ma incisa solo nel 2018) regalata a Celentano e Mina: Ti lascio amore. Autentica lirica da brividi, purtroppo rimasta nascosta nell’album Le migliori.
In tutto questo, Toto è diventato persino un personaggio da social ben prima che gli influencer prendessero il sopravvento. Una pagina a lui dedicata (La stessa foto di Toto Cutugno ogni giorno) raccoglie migliaia e migliaia di followers da ormai quasi 15 anni. E’ diventato persino un caso, studiato nelle università americane. Ecco, Toto è un vero simbolo italiano esportato all’estero: compie 80 anni e nessuno si ricorda di festeggiarlo. A volte ci meritiamo davvero Sfera Ebbasta.
Massimiliano Beneggi