Dal 20 febbraio al 3 marzo, dopo un’anteprima a La Spezia, arriva al Piccolo Teatro Grassi di Milano Bidibibodibiboo scritto e diretto da Francesco Alberici.

L’autore e attore milanese (Premio UBU miglior attore/performer under35 2020-21), in scena insieme a Daniele Turconi, Salvatore Aronica, Maria Aaris e Andrea Narsi, racconta con grande tenerezza e dissacrante ironia, le scelte e le rinunce, i sogni e le grandi paure di una generazione alle prese con un mondo del lavoro drammaticamente spietato.

La trama. Ritratto al vetriolo della disastrosa situazione in cui versa il mondo del lavoro ai giorni nostri, in un vortice di precarietà, frenesia e brutale competitività, Bidibibodibiboo racconta le traversie di Pietro, un giovane lavoratore assunto a tempo indeterminato da una grande azienda. Inspiegabilmente preso di mira da un suo superiore, il ragazzo precipita lentamente in una spirale persecutoria che trasforma in un incubo le ore trascorse sul posto di lavoro.

Il fratello Daniele, drammaturgo teatrale, sceglie di raccontarne pubblicamente la vicenda, trasformandola nel soggetto di uno spettacolo, mettendo in discussione ogni certezza e distinzione tra realtà e finzione, in un intreccio potente e rigoroso che intende scardinare l’idea stessa di autenticità.

In un continuo scambio di ruoli e di identità, che confonde il confine tra persona e personaggio, alla ricerca di un riscatto, seppur immaginario, la narrazione altera e manipola ricordi, trasforma eventi, induce riflessioni su scelte e responsabilità, esaspera le situazioni, tutte senza via di uscita, tra rabbia e rassegnazione, fino a non comprendere più, come in un incantesimo, a chi appartiene realmente la storia che si sta raccontando. 

Anche perché, in realtà, la storia riguarda tutti. 

 

La scena di Bidibibodibiboo – a firma dello scenografo spezzino Alessandro Ratti – trae ispirazione dall’immaginario dell’artista visivo Maurizio Cattelan, riproducendo un classico interno di una cucina anni Cinquanta – illuminata dal light designer Daniele Passeri – dietro un lavello con sopra un accumulo di stoviglie sporche, un bicchiere, una sedia vuota per raccontare lo sgretolamento del sogno di una vita senza più nessun incantesimo.

 

Scrive Alberici, nelle note di regia: «Se da un lato volevo raccontare la vergogna e la frustrazione del fratello che ha problemi sul lavoro, dall’altro ci tenevo a ragionare sulla delicata operazione che porta a trasformare un vissuto reale in arte. Sono tanti i temi di questo spettacolo: il modello delirante di cultura aziendale che si sta imponendo a livello globale, in cui i lavoratori sono spinti a raggiungere standard che le stesse aziende definiscono con orgoglio “irragionevolmente alti” e ai dipendenti viene spiegato che quando “si arriva al limite”, a causa dei ritmi di lavoro implacabili, non resta altra soluzione che “superare quel limite”; i percorsi di vita che portano i due fratelli a compiere scelte differenti, scelte in cui  la volontà ha un ruolo più marginale di quanto non si creda.

La precarietà riguarda ormai sia chi la sceglie deliberatamente, come me, sia chi cerca di costruirsi una vita più stabile. Nessuno è indenne. I nuovi colossi globali del mondo capitalista non stanno ridisegnando soltanto le dinamiche del lavoro, ma anche delle nostre vite. Termini e concetti aziendali hanno invaso il nostro linguaggio – performance, competizione, miglioramento di sé,ottimizzazione – e ridefinito la nostra idea del tempo: ormai il tempo libero non è altro che tempo perso».

 

La giuria della 56a edizione del Premio Riccione per il Teatro, segnalando il testo tra i finalisti, ha sottolineato come «con un’efficace e misurata composizione, l’autore, tramite uno scambio di mail e un impianto tra l’autofiction e il metateatrale, racconta con asciutta verosimiglianza ed efficacia, la caduta agli inferi aziendali del dipendente di una grande azienda: attacchi, vergogna, licenziamento, omissione, liberazione».