È tornato Sarabanda. Questa volta davvero. Non si tratta della versione Celebrity andata in onda per alcune settimane in prima serata, il cui format somigliava in realtà al vecchio Furore. Non si tratta nemmeno della versione trash che aveva sepolto la trasmissione sotto l’etichetta dell’Uomo Gatto, la Donna Tigre e tutti quei personaggi fumettistici che diventarono la rovina di Enrico Papi. Non parliamo neppure di programmi simili (Name that tune, Tieni il tempo) tentati nel tempo con il medesimo presentatore e chiaramente ispirati a questo. Ciascuno ha il proprio format: del resto lo stesso Sarabanda è un’ispirazione al vecchio Musichiere, ma ha una sua identità ben precisa. L’importante è non imitare qualcosa d’altro, fingendosi nuovi.

Ecco, Sarabanda è tornato nella sua versione più autentica, titolo incluso: concorrenti simpatici, ma non inclini all’assurdità macchiettistica, provano a indovinare canzoni famose suonate attraverso poche semplici note in versione midi o frasi di brani celebri. Spesso le note sono suonate con un ritmo diverso dall’originale, rischiando di confondere chi gioca: ridendo e scherzando si scopre quante canzoni si somigliano. A volte anche troppo. Sarabanda è un gioco che volevamo tutti, forse un po’ meno i compositori che vedranno venire a galla alcune loro “ispirazioni” vicine al plagio.

Ci sono naturalmente solo canzoni più recenti, come normale e giusto che sia. Tutto avviene come una volta, attraverso una serie di giochi, indovinelli, rebus che richiedono indistintamente molta passione e cultura musicale: la fortuna è davvero poca in Sarabanda.

C’è ancora la Saraband, con una brava cantante (Beatrice) che esegue alcuni pezzi dal vivo supportata da una vocalità perfetta tanto su brani interpretati da donne quanto su quelli resi celebri da uomini: si riporta il programma alle atmosfere della vecchia Mediaset, esattamente come è nelle intenzioni de La Ruota della Fortuna.

Si gioca volentieri da casa, perché è uno dei rarissimi quiz in cui il percorso è standard e non viene deciso dalle scelte del concorrente, fatta eccezione per il 7×30 finale. Lo storico gioco, infatti, prevede che il concorrente con trenta secondi a disposizione indovini più canzoni possibili su sette possibili: in quel caso può capitare, come naturale, che da casa si vorrebbe ascoltare qualche frammento in più per indovinare, ma il concorrente stoppi prima il tempo. Per il resto, Sarabanda è davvero un gioco da poter fare da casa con tutta la famiglia all’ora di cena. Tutto fila liscio e si arriva alla parte finale in un attimo senza accorgersi.

Orario quasi insolito per il programma, che ha fatto la sua storia nell’access time (quello che ora è appunto della Ruota). Proprio all’estate, proprio su Canale 5, risale l’unica esperienza di preserale per il programma: era il 2009, a condurre c’erano Teo Mammuccari e Belen Rodriguez. Andò bene, ma già all’epoca in molti recriminavano l’assenza di Papi.

Indubbiamente il programma è sempre stato il suo: una carriera costruita intorno a tanti programmi, ma nessuno come Sarabanda col suo “Moseca!” lo ha mai caratterizzato abbastanza. Lui stesso non vedeva l’ora di questo momento, tanto che si è tagliato persino la barba per essere il più possibile somigliante a come era negli anni ’90. C’è un’aria di positiva rivoluzione, sembra rinato, energico, divertito. Vuole condurre e intrattenere, forte delle sue capacità. Suona il pianoforte, canta: qualità che nel 2001 gli permisero di arrivare sino a Sanremo, affiancando la Carrà.

Dovrà solo stare attento a non cadere nella tentazione di etichettare i concorrenti con soprannomi stralunati come avvenne anni fa: aveva iniziato con la “Professora”, quindi con “Testina”. Le cose iniziarono a peggiorare con “Coccinella”, fino a diventare appunto trash da “L’uomo gatto” in avanti. Concorrenti che costringevano il presentatore a trasformarsi in badante, nemmeno troppo simpatico. Fu un’esperienza che mise lo stesso Enrico in un angolo. Eviti questo impulso Papi: ora coi social è un attimo avere concorrenti che vogliano essere personaggi più che competenti. Si eviti il degenero che rischierebbe di chiudere le porte al futuro per Sarabanda. Per ora, infatti, il programma è un esperimento estivo, in onda dalle 18.45 su Canale 5. Se vincerà o comunque si batterà alla pari nell’Auditel con la concorrenza di Reazione a catena, però, si andrà necessariamente oltre. Magari su Italia Uno, ma in ogni caso Sarabanda è destinato a continuare per tutta la prossima stagione: basterà trattarlo bene, come meri. ta.

Unica nota negativa: peccato aver perso il jingle che costituiva la sigla della trasmissione: ora c’è l’incipit di Malavita dei Coma_Cose. Nell’epoca evolutiva di Canale 5, che vuole recuperare vecchi valori televisivi, sarebbe bello tornare anche ad avere autentiche sigle: una possibilità da valutare, ora che si sta riscoprendo il piccolo schermo come media principale dell’intrattenimento.

Massimiliano Beneggi

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