Si è appena conclusa a Milano la conferenza stampa di Il padre, la commedia di Florián Zeller in scena al Teatro Manzoni da domani al 27 gennaio. Protagonisti, insieme a una nutrita compagnia di attori, Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere, sotto la regia di Piero Maccarinelli. (Clicca qui per leggere il comunicato stampa ufficiale). Abbiamo fatto anzitutto una domanda a tutti e tre.
Il morbo di Alzheimer è un vero calvario che tocca tante sfere della vita, in particolare quella della memoria. Quali sono i ricordi legati a questo spettacolo che vorreste non fossero mai intaccate dalla memoria?
Haber: “Il fatto di essere abbracciato dal pubblico a fine spettacolo perché si è portato in scena qualcosa di vero. Rivisitare qualcosa di vissuto dal pubblico e farlo emozionare è una grande soddisfazione”.
Maccarinelli: “Ho vissuto un problema personale durante la preparazione di questo spettacolo, con una donna importante nella mia vita, malata di Alzheimer e spesso lacrimavo davanti al pubblico sul palco”.
Della Rovere: “Mentre preparavamo Il padre vivevo la malattia di mia madre quindi, anche se non lo avrei in ogni caso dimenticato, questo spettacolo lo avrei comunque legato a questo, perché si parla di una malattia e quindi mi sento molto vicina a questo tema”. Haber prova a smorzare la commozione scherzando: “Non dimenticherai le litigate con me”. I due ridono, sono complici: si capisce che c’è un ottimo clima e una bella sintonia.
Il tema toccato è particolarmente intenso e allo stesso tempo delicato: talvolta con un malato di Alzheimer si potrebbe ridere, ma lo si fa per non piangere. Il genitore torna bambino con la malattia e per questo si ride anche molto. Quella di Zeller è una vera commedia, però, trattata con leggerezza come ci rivela il direttore del teatro Manzoni, Alessandro Arnone: “È una grande scommessa di questa produzione, perché l’argomento rischia di essere rifiutato dal pubblico, ma è uno spettacolo davvero bello, intelligente e ironico. Ci si potrebbe chiedere come mai uno spettacolo sull’Alzheimer, ma questo è un problema che tutte le famiglie hanno dovuto vivere almeno una volta, a tutti è capitato. Qua si vivrà però una commedia, non la pesantezza della malattia, perchè il pubblico ha bisogno di distrarsi”.
Haber non fa mistero di essere convinto e soddisfatto di questo lavoro: “Sono felice di tornare a Milano, città in cui vivrei, e in particolare al Manzoni. Questo testo i primi tempi nessuno lo conosceva, invece il direttore Arnone ci ha creduto da subito. È uno spettacolo fatto con cuore ma anche con testa, con passione; io faccio il teatro per me, per un piacere mio, perché se una cosa piace a me sicuramente piacerà a tutti gli altri. Senza pubblico non siamo niente, e noi dobbiamo arrivare al pubblico, ma prima di tutto deve piacere a noi attori quelli che facciamo. È uno spettacolo fatto con una compagnia meravigliosa: è una delle cose più belle che abbia mai fatto nella mia vita. Sto bene in questo personaggio anche se alla fine sono distrutto”. Maccarinelli racconta scherzando un aneddoto: “Non avevo mai lavorato con Alessandro, la prima volta dopo quaranta minuti lo vedevo nervoso, non capivo perché: doveva fumare una sigaretta.Il pubblico può ritrovarsi in una storia che vive in famiglia, perché chi vive col malato di Alzheimer sa che è una tortura quotidiana. Portiamo questo materiale senza privilegiare una interpretazione o l’altra, ma tutto con molta leggerezza”.
Lucrezia Lante Della Rovere parla del suo personaggio, Anna: “Io interpreto la figlia di un ingegnere, che a un certo punto cambia. Una volta faceva soggezione, ora fa il buffone e diventa un figlio, perché quando i nostri genitori si ammalano diventiamo genitori dei nostri genitori. Qua si parla di Alzheimer ma in generale della perdita a cui dobbiamo andare incontro, della malattia. Sono una donna giovane con una nuova vita sentimentale con un uomo che essendo meno coinvolto mi mette un po’ alle strette. È un ruolo, quello di Anna, doloroso, sofferente ma mai retorico, al contrario del personaggio interpretato da Alessandro che è quello più istrionico”.
Haber conferma: “Sì, mi sono ispirato molto alla mamma di Gigio Alberti: vedevo nei suoi occhi quella malinconia strana, quella camminata che ho riesumato per vestire questo personaggio. Noi attori dobbiamo fare così: osserviamo, immagazziniamo e poi lo riutilizziamo quando dobbiamo interpretare qualcosa di simile”.
Massimiliano Beneggi