Qualche giorno fa, l’autorevole collega Paolo Giordano ha dato una anticipazione importante: entro breve ci sarà un vero e proprio summit nella sede Rai di Milano di corso Sempione per decidere le sorti del Festival di Sanremo 2020. Alla tavola rotonda con il direttore generale Salini, il direttore di Raiuno De Santis, Paola Marchesini di Radiodue e il vicedirettore Claudio Fasulo, prenderanno parte Enzo Mazza, al vertice della Fimi, Filippo Sugar, Paola Zukar, Francesco Barbaro dell’agenzia Otr, Lodo Guenzi dello Stato Sociale, Massimo Bonelli -già organizzatore del concerto del Primo Maggio, Marta Donà, Antonio Noto dell’Istituto Noto Sondaggi, Claudio Ferrante, Stefano Senardi, Andrea Spinelli e Nur Al Habash, responsabile di Italia Music Export.

Come descrive ampiamente Giordano, si vuole riportare il Festival di Sanremo a una organizzazione tutta ad appannaggio della Rai, senza alcuna intromissione e pressione esterna, con un reale confronto preventivo con discografici, musicisti, giornalisti e fruitori di canzoni, prima di passare all’organizzazione vera e propria. Una sorta di Chi ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre, dopodiché la parola, e i lavori, passeranno al futuro Direttore Artistico, ancora in bilico, ma non troppo. Si vuole insomma capire cosa sia meglio fare per valorizzare il più possibile il più grande prodotto televisivo dell’anno destinato anzitutto alla promozione di prodotti musicali, quali misure prendere per le giurie tanto criticate da ogni lato quest’anno per il peso eccessivo dei cosiddetti Esperti. Certo, affinché i brani siano messi nella condizione migliore per avere successo, il discorso dovrà partire proprio dalle stesse case discografiche, che anche quest’anno puntualmente hanno avuto una gran fretta di lanciare il secondo singolo di ogni artista dopo poche settimane: e così, inevitabilmente, dei 24 in gara, meno della metà sono rimasti nella memoria dopo pochi mesi di vita.

Dicevamo, chi sarà il direttore artistico? Si é vociferato, senza troppo fondamento, di Carlo Conti, ma l’idea è stata smentita dallo stesso conduttore toscano, che del resto è ovviamente destinato a tornare su quel palco, ma evidentemente non vuole giocare ora tutte le sue cartucce; addirittura i più fantasiosi sognano Jovanotti o la Pausini, ma le ipotesi serbano di vero solo la speranza della Rai di replicare i successi di ascolti di Baglioni. Anche Pupo si era detto pronto, in una nostra intervista qualche mese fa, a dirigere il Festival, ma se mai fosse bastata una autocandidatura, questa volta più che mai i giochi sono quasi fatti. È noto infatti che Massimiliano Pani abbia aperto spiragli per Mina come direttore artistico: le due parti si incontreranno e decideranno cosa fare subito dopo questa tavola rotonda coi discografici, volta a evitare ogni conflitto di interesse. Per questo motivo, l’unica cantante che potrà organizzare Sanremo 2020 sarà Mina. Perché Sanremo é Sanremo, come Mina é Mina: a lei non si potrebbe dire di no, ma solo a lei. Per la storia che ha, per la capacità critica e la voglia che ha sempre dimostrato nel lanciare le canzoni dei giovani. E perché il conduttore, sarà certamente Amadeus, uno che la musica la conosce bene, e che quindi non avrebbe bisogno di qualcuno che faccia al suo posto il lavoro di direttore artistico, nel caso in cui non dovesse arrivare l’accordo appunto con Mina, la storia della canzone italiana in persona, con buona pace della Vanoni e del web che non vorrebbero la tigre di Cremona in quanto mai presente fisicamente. Ma anche in quel caso, le polemiche sono inutili: Amadeus sarebbe l’alter ego, sempre presente all’Ariston di Mina, a cui verrebbe concessa comunque carta bianca, con la compresenza del conduttore, che arriva -lo ricordiamo- dal mondo della radio, e che potrebbe replicare i grandi successi di Carlo Conti. Amadeus saprebbe ricoprire egregiamente quel ruolo, la Rai lo sa e avrebbe già deciso: gli altri si mettano in coda, magari per un’altra edizione, non per quella storica numero 70.

Massimiliano Beneggi