MARCO MORANDI, UNA CARRIERA OLTRE QUELLA DEL FIGLIO D’ARTE

Sono passati 22 anni dal suo esordio sanremese con i Percentonetto, e 15 dal debutto teatrale del musical di Gianburrasca. Nel frattempo Marco Morandi è cresciuto, passo dopo passo, in una carriera teatrale sempre più slegata da quell’odiosa etichetta di figlio d’arte, ma sempre con il massimo orgoglio del cognome che porta. Negli ultimi anni ha presentato un progetto tutto suo con il quale ha potuto rielaborare e ironizzare proprio sul suo rapporto con la famiglia: Nel nome del padre è infatti un bellissimo viaggio tra musica e teatro portato in scena con grande simpatia, e un ottimo successo. Ora Marco torna ad essere attore puro, con il suo talento e la sua spontanea capacità di far ridere.

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UNA BUGIA TIRA L’ALTRA, AL MARTINITT

Da ieri sera è infatti al Teatro Martinitt di Milano, con un doppio ruolo in Una bugia tira l’altra, un testo scritto da Ray Cooney, autore già di Se devi dire una bugia dilla grossa. Non sappiamo di preciso quale sia il rapporto di Cooney con le bugie, ma senza dubbio deve essere un tantino complicato. Di certo non è il solo a trovarsi con questi disagi: d’altra parte di bugie sentiamo parlare sin da quando siamo piccoli con la favola di Pinocchio, dove ci venivano presentate come qualcosa di immediatamente punibile e con tutta l’ironia di Collodi. Cresciamo, sviluppiamo quella malizia che ci consente di dire due o tre bugie di seguito, a cui riusciamo a dare anche una giustificazione morale che ci fa sentire meno sbagliati, e che invocheranno la necessità di altre bugie a catena che reggano tutto il gioco. Sembra tutto divertente, magari qualcuno a conoscenza con noi di quelle bugie ride con complicità, e nel frattempo diventiamo così dei perfetti mentitori. Senza saperlo, sempre con il dito puntato verso quelli a cui vediamo il naso lungo. Noi, intanto, ci guardiamo allo specchio che non ci mostra alcuna protuberanza strana: già, ma quelle bugie che abbiamo detto intanto sono destinate a fermarsi. Non si fa mai abbastanza il conto con quelli che sanno della bugia e non hanno alcun vero interesse a non farla trapelare; non consideriamo mai nella dovuta maniera il male che si può fare e la dannazione morale a cui ci destiniamo evitando la verità. Insomma, in un tempo non stabilito e forse nemmeno troppo importante, le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo, e se guardiamo bene portano anche all’impossibilità, di chi le dice, di camminare sempre a testa alta senza vergogna.

Una bugia tira l’altra è una commedia grottesca che riprende i più classici dei mentitori a cui siamo abituati: l’amante e il politico. Bugiardi per natura e necessità, bugiardi pagati per esserlo. Qua si affrontano bugiardi professionisti, ci si può sentire ancora moralmente rincuorati nelle nostre piccole bugie. La storia è quanto di più paradossale possa sembrare: due avversari politici hanno una relazione segreta e si trovano in un albergo proprio mentre si tiene una seduta notturna in Parlamento. L’imprevisto è dietro l’angolo: nella stanza c’è anche un cadavere. Lo scandalo scoppierebbe inevitabilmente, se non venissero messe in atto una serie di bugie che dovranno reggere una storia fatta di equivoci e scambi di persona. E, si sa, se ne emergesse anche solo una, cadrebbe tutto il racconto che si è costruito a proprio favore. Il divertimento è assicurato.

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La storia è una divertente commedia dal sapore noir, cosa ti appassiona più di tutto in questa avventura?

É già la seconda volta che mettiamo in scena uno spettacolo di Ray Cooney, lo scorso anno facemmo, con la stessa compagnia, Taxi a due piazze. Da diversi anni lavoro con Matteo Vacca (regista e adattatore, ndr) e insieme ci siamo appassionati a questo autore formidabile, un vero maestro della commedia degli equivoci. Cooney sa creare dei meccanismi e delle dinamiche esilaranti dall’inizio alla fine dello spettacolo. Riuscire a regalare pura spensieratezza per due ore al pubblico è una vera goduria. Anche perché, diciamocelo, non succede così spesso. Per questo abbiamo già in programma di fare una terza commedia di Cooney: è un mago nell’incastrare situazioni diverse, e il risultato è assolutamente divertente.

Interpreti due ruoli: uno decisamente poco ambito nella vita reale, quello del marito tradito, e poi quello del cameriere.

Ho fatto un po’ di sperimentazione dal punto di vista attoriale, faccio due personaggi particolari: soprattutto il cameriere ha una caratterizzazione molto interessante. Mi diverto molto, poi con la compagnia ridiamo tanto, e durante le prove vengono fuori sempre idee nuove da portare nello spettacolo.

L’assenteismo e le bugie hanno sempre fatto parte della politica. Negli ultimi anni anche gli scandali sessuali hanno travolto il Parlamento. Fatti, luoghi e persone sono ispirati a eventi reali o possiamo considerarli tutti esterni alla nostra cronaca?

Matteo Vacca ha adattato il testo ai giorni nostri, quindi citiamo personaggi della nostra attualità. Si fanno nomi e cognomi: il protagonista é ovviamente inventato , ma é un viceministro dell’attuale governo. Nominiamo quindi Di Maio, Zingaretti, ecc…Si vuole ambientare il racconto a quello che accade ora: il politico dello spettacolo è un personaggio tremendo! La storia in effetti ricalca molto l’immaginario collettivo della nostra politica, e ci abbiamo voluto scherzare sopra.

Il cambio improvviso di governo vi ha costretti a modificare qualcosa?

Certo,  abbiamo dovuto cambiare tutti i nomi. Una volta modificati con quelli attuali, tutto coincide: che siano di destra, sinistra o centro, sono sempre gli stessi politici.

Insomma la commedia dell’arte che prevede sempre le stesse maschere non risparmia nemmeno la politica.

Esattamente!

Pensiamo sempre che le nostre siano solo piccole bugie, mentre a quelle degli altri non diamo possibilità di appello e le riteniamo sempre infami. Esiste un livello più accettabile o una bugia è comunque sempre una bugia?

No, c’è una grande differenza tra le diverse bugie: quelle di questo spettacolo cercano solo di nascondere situazioni losche, e queste ovviamente non sono molto accettabili. La vita però ci costringe anche a dirne altre: c’è bugia e bugia, ognuna ha un valore diverso.

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Se una bugia tira l’altra, bisogna avere anche una buona memoria e una grande capacità di recitazione per riuscire a mascherarle il più possibile. Qual è la bugia più divertente che ti sia capitato di dire?

Bisogna stare molto attenti a dire le bugie, perché se si dice una cosa bisogna ricordarsi di mantenere sempre quella linea. Io personalmente ne ricordo una che ancora mi rinfaccia la mia famiglia: andavo a scuola, mi diedero quattro materie da recuperare durante l’estate, io dissi di avere avuto solo fisica. Durante l’estate fu difficile mascherare quella bugia: feci finta di studiare solo fisica e intanto studiavo anche le altre tre. Recuperai a fatica le materie e solo alla fine venne fuori la verità a casa.

In questa nuova avventura teatrale sei attore a tutti gli effetti: la musica però non è accantonata.

Assolutamente no! Porto in giro un progetto dedicato a Rino Gaetano, che è da anni la mia passione musicale. Suono con una band i suoi pezzi: abbiamo anche uno spettacolo teatrale con un’attrice che racconta un Rino più inedito, più intimo. Porto avanti anche un progetto su Guccini: amo i cantautori italiani. E poi continuo anche a raccontare la mia storia con Nel nome del padre, in cui spiego cosa significhi essere figlio di artisti. Mi piace molto questo spettacolo perché mi appartiene più di ogni altro, e anche quest’estate l’ho ripreso cinque volte. Infine riprenderemo forse un progetto teatrale, dove curo la parte musicale, con Lino Guanciale e Alessandro Vanoli. Si tratta di uno spettacolo sul Mediterraneo e sull’avvicendarsi delle situazioni diverse. Un tema decisamente attuale.

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Veniamo da un’estate ricca di uscite discografiche. Si produce tanta musica, ma ci ritroviamo sempre a dire che non ci sono più i Morandi e i Celentano di una volta, che ancora oggi cerchiamo e riempiono i palazzetti. C’è qualche cantante di oggi che secondo te ha un potenziale per fare una carriera che durerà nei decenni?

Non saprei farti nomi onestamente: si fa fatica a capire se ci sia qualcuno che reggerà per trenta, quarant’anni, specie con questa musica trap. Possiamo dire che di certo il mondo musicale è cambiato completamente. L’immediatezza della rete porta ad avere il mondo in tasca, ma è dispersivo. Ora è più difficile scovare chi abbia qualcosa da dire, non perchè non ci siano bravi artisti, ma perché siamo sommersi da migliaia di media. È difficile emergere e farsi notare nella massa, però credo che il genio e la buona penna ci saranno sempre nella storia. Sono fiducioso!

Massimiliano Beneggi