Prima serata del Festival di Sanremo. Tante canzoni, tante parole, Amadeus a suo perfetto agio, fin troppo poco (ma incisivo) Fiorello che si diverte col suo compagno di giochi. Pochi minuti prima dell’inizio Gloria Guida su Facebook annuncia, rispondendo seccamente a un paio di commenti, che alla fine Johnny Dorelli non ci sarà nè alla prima alla penultima serata. Indisposizione? Mancato accordo economico? Vediamo la serata passo dopo passo.

Amadeus viene introdotto da un monologo che solo Fiorello potrebbe fare tra il sacro e il profano con la certezza di non offendere il porporato. È teso ma divertente e inimitabile come sempre.

Per la prima volta nella storia il Festival viene aperto dai Giovani, alle 21.10, quindi non confinati nemmeno in un orario troppo anticipato. Scelta coraggiosa, e per questo già apprezzabile.

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LE NUOVE PROPOSTE

Partono gli Eugenio in Via di Gioia che sfidano Tecla. Un gruppo orecchiabile e ritmato, ormai nemmeno innovativo, contro una melodica con la voce, i gesti e la musicalità di Anna Tatangelo. Passa lei in semifinale battendo i favoriti. Tocca quindi a Fadi che sfida il parente d’arte Leo Gassmann. Un cantautore straniero con un bel brano alla Bob Dylan ma capace di urlare più che di prendere note, che si squalifica da solo prima ancora di sentire Gassman. Il giovane Leo era favorito alla vigilia, sfavorito dai bookmakers, e ora torna a essere un possibile vincitore. Passa lui il turno, aiutato da una bella canzone fondata su una lunga strofa che esplode in un bel ritornello che grida ottimismo e speranza. Non si sa cosa ci sia nel DNA della famiglia Gassmann, ma certamente qualcosa di molto buono. Certo, difficile immaginare nonno Vittorio in tuta sul palco di Sanremo: una tirata d’orecchie forse gliela avrebbe data…

TIZIANO FERRO

Alle 21.38 arriva il cantante che ha sempre evitato la gara sanremese e si è guadagnato tre ospitate negli ultimi 6 anni. Quest’anno Ferro sarà ospite fisso per tutte le cinque serate, si spera senza rovinare le canzoni come ha fatto con Nel blu dipinto di blu, presentata come un brano di Mimmo Modugno, dimenticando ancora una volta Johnny Dorelli che la cantava con lui ormai 62 anni fa. Tiziano sbaglia intonazione e parole ma ha tutta la padronanza del palcoscenico. Carlotta, la gatta, si sposta sull’armadio, Fruzzolo, il micio maschio, dorme sulla poltrona già da mezz’ora. Sanremo 2020 al momento non appassiona che pochi gatti.

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SI COMINCIA

Sono le 21.44 quando, se Dio vuole, inizia la gara dei Big. Quella che Amadeus chiama La gara, sottovalutando implicitamente le Nuove Proposte.

La prima è l’elegante Irene Grandi, che impiega più tempo a scendere le scale che non a cantare. Strofe dai ritmi veloci, grinta pazzesca con cui lei graffiò il palco già nel 1994, quindici anni prima di Emma. Finalmente io è il suo ritorno più che mai convincente già dal primo ascolto. La penna di Vasco si sente soprattutto nel bellissimo ritornello.

21.56, gialla come un canarino, arriva la commentatrice sportiva più conosciuta del momento: Diletta Leotta presenta con discrezione Marco Masini. Il cantautore toscano si esibisce al pianoforte a 30 anni fa Disperato. La sua voce dal vivo sembra sempre quella dei dischi, il problema è che la stessa sensazione la dà la melodia: sempre la stessa da anni.

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RITA PAVONE SI PRENDE LA STANDING OVATION

È il momento della sovranista, la voce più internazionale in gara. Rita Pavone torna al Festival dopo 47 anni ed è rock come poche altre. Non sarà probabilmente Niente la canzone più rappresentativa della sua immensa carriera, ma le scommesse che la danno ultima classificata sono a dir poco ingenerose per un ritornello che cresce e si fa cantare e ascoltare con grande piacevolezza. È a Sanremo per giocare, ma la meritata standing ovation per lei dice ben altro. Occhio, anche Cocciante, Ranieri e Vecchioni cantarono per terzi quando vinsero.

L’INDECENZA (O IRONIA?) DI ACHILLE LAURO

Alle 10.13 la Jebreal, che annuncia di amare l’Italia con la stessa coerenza del suo odiato Salvini quando ripete che Napoli è casa sua. Presenta Achille Lauro, che canta Me ne frego ed evidentemente le sue parole valgono anche per il suo discutibile look con cui vuole provocare peggio di Cicciolina negli anni d’oro. Invece riesce solo a fare schifo, sebbene la canzone sia orecchiabile tanto quanto quella dello scorso anno. Probabilmente lo canteremo tutti, ma dobbiamo dimenticarci la sua scena dagli occhi. Qualcuno lo definirà anche ironico, sarà. Fiorello entra a fine esibizione e sdrammatizza con le sue battute: “Giovedì a L’altro Festival sarò vestito come lui”.

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Diodato riporta la normalità con la classica melodia che si fa fregio di un arrangiamento meraviglioso dell’orchestra. Il suo impermeabile nero, dopo Achille Lauro, sembra quasi elegante. Le Vibrazioni cantano la malinconia di Sarcina con la prima traduzione per sordomuti a Sanremo: strazianti quanto convincenti, abbandonano la linea rock, ma il pubblico applaude tiepidamente. Diletta Leotta protagonista di un patetico siparietto che unisce calcio e Sanremo in un inutile sketch.

ALBANO E ROMINA, GLI ‘ORIENTALI’

Alle 22.41 Albano e Romina Power, presentati dalla figlia Romina Junior, che nel 1987 era nella pancia della madre quando cantavano Nostalgia canaglia. La coppia le dedica proprio quel brano e per quanto retorica ci sia è un’emozione indescrivibile vederli insieme con quell’affetto immenso ritrovato. Spariti anche i primi imbarazzi del 2015, quando tornarono dopo tanti anni sempre come ospiti. Hanno voglia di divertirsi, e il medley di successi li legittima come ospiti d’onore, ma quando cantano l’atteso inedito scritto da Malgioglio con Romina, si capisce che Albano avrebbe tanto tenuto a presentarsi in gara. Raccogli l’attimo ha orecchiabili arie orientali che faranno ballare e sarà un successo: lo sarebbe stato anche senza il deprecabile playback, con cui del resto loro stessi vinsero nel 1984.

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Fiorello crea lo show e fa ridere con poco: gli basta coinvolgere Amadeus nell’imitazione di Sandy Marton. Diletta Leotta allora prova a ripetere la gag, con lo stesso effetto degli amici quando rubano le battute venute bene solo nel loro isolato momento.

Anastasio spegne le illusioni di chi sperava che il rap avesse qualcosa di melodico: è un mix del genere con la tecno. Sanremo non è ancora pronta per fare vincere questi prodotti.

TIZIANO FERRO ROVINA ANCHE MIA MARTINI

Tiziano Ferro canta Almeno tu nell’universo, nona nel 1989. La canzone si sa l’effetto che fa, l’interpretazione è troppo ingessata e persino lontana dalle peggiori attese: solo Serena Rossi, Syria e Elisa hanno saputo ripetere con una certa è degna intensità questa canzone in passato.

Amadeus si prende in giro da solo e si toglie il sassolino dalla scarpa dicendo a Diletta ‘Sei bellissima’. Purtroppo lascia a lei la palla dopo questa battuta. La Leotta non è una conduttrice, nè una comica nè un’attrice, e si vede: peccato perché la buona volontà ce la mette tutta per dare un monologo sul rapporto tra bellezza e felicità. Ma lei che parla della bellezza delle rughe è come sentire Berlusconi raccontare quanto sia bella la povertà.

Alle 23.33, dopo la pubblicità, ecco Favino (per il terzo anno consecutivo sul palco dell’Ariston) con Santamaria, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti ed Emma Marrone. Dopo un bel momento di riflessione tra passato, presente e futuro sui sentimenti, cantano E tu come stai, colonna sonora del nuovo film di Gabriele Muccino che li applaude dalla platea. Il Festival è anche questo: emozioni che si intersecano tra musica e cinema.

ELODIE IN VERSIONE MAHMOOD

Finalmente riprende la gara, con una delle favorite della vigilia: Elodie canta Andromeda, scritta da Mahmood. Sono passati tre anni da quando si presentò con i capelli rosa come clone musicale di Emma: ora ha intrapreso un altro percorso, che l’ha resa più coraggiosa. La canzone spopolerà in radio, anche per il ritornello che ripete il titolo della canzone come un mantra: ha tutte le peculiarità di Mahmood, ma la voce non ha purtroppo i suoi vocalizzi.

Si esce ancora dalla gara: Rula Jebreal mantiene la promessa e non parla di politica ma di violenza sulle donne. Solo che cita Sally, senza sapere che Vasco la scrisse pensando a se stesso, perché quella Sally era lui. È un dettaglio però, che si perde nel suo bel monologo dedicato alla madre che non riuscì a denunciare uno stupro: Che non si chieda mai più a una donna come era vestita quando è stata stuprata. Si può solo ascoltare, in silenzio, la sacrosanta verità e amare Sanremo che ci fa essere ogni volta più sensibili a ciò che affligge la nostra società. Che lo faccia attraverso la musica o monologhi poco cambia: è sempre Sanremo.

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MORGAN E EMMA IN FORMA

A mezzanotte inoltrata c’è ancora spazio per un omaggio di Amadeus e Diletta ai nonni. Noni Big in gara: Morgan e Bugo. L’arrangiamento è psichedelico, degno dei Decibel di Ruggeri, il ritornello meno incisivo. Morgan finalmente sembra avere riconquistato una certa tranquillità che lo fa esibire meglio anche dal vivo. In radio potrebbero funzionare.

Dopo un breve sketch in cui Fiorello conferma di essere l’asso nella manica di Amadeus in qualità di supporto sicuro per il conduttore più che di ospite fisso, ecco Emma cantare il suo ultimo singolo Stupida allegria. La canzone piace, lei coinvolge con decisione e una maturità in più che è bello vederle anche quando ricanta Non è l’inferno con cui vinse nel 2012 e Arriverà, seconda nove anni fa. La cantante è la prima della storia a cantare all’aperto, in piazza Colombo, proprio dietro al Teatro Ariston, ma al contrario di quello che si era capito, la sua esibizione all’esterno non è trasmessa su Raiuno.

ALBERTO URSO, IL NOME GIUSTO PERL’EUROFESTIVAL

Nel frattempo infatti, a mezzanotte e mezza, riprende la gara con Alberto Urso. Il sole ad est viene presentata da Diletta e Rula come il ritorno al bel canto. Come a dire che gli altri hanno cantato da cani, almeno come loro a presentare. Urso è emozionante, melodico e italianissimo. In chiave Eurosong Contest potrebbe fare la differenza, anche se la sua canzone prende forma solo dopo il secondo ritornello. Anche stavolta Maria De Filippi, comunque, ha fatto centro.

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Mezzanotte e quarantacinque, tocca ancora a Tiziano Ferro. La pazienza giunge al limite quando questi si avventura anche in un aneddoto che diverte solo lui. Canta la sua Accetto miracoli. Finalmente, alla terza, non sbaglia, ma continua a essere troppo rigido per un palcoscenico che lo vorrebbe come l’ospite degli ospiti, presente per cinque serate, quindi una sorta di terzo padrone di casa dietro ad Amadeus e Fiorello.

Il penultimo Big in gara è Riki. Lo sappiamo entrambi potrebbe essere la melodia che mette d’accordo tutti. Dolce, romantico, moderno: emoziona con delle note che raccontano un intreccio quasi banale ma giocano creando una bellissima atmosfera.

GESSICA NOTARO EMOZIONA CONUN INEDITO

Gessica Notaro porta la sua terribile esperienza a Sanremo ed emoziona con la sua canzone che interpreta con Antonio Maggio, vincitore tra i Giovani nel 2013.

È ormai la una di notte inoltrata quando Raphael Gualazzi chiude il ciclo dei Big. Con cappello, occhiale da sole e camicia hawaiana, eccolo a cantare Carioca al pianforte. Come al solito il suo modo jazz fa ballare e riappropria la musica della sua peculiarità di esser prima di tutto entertaimer, divertissmeint. Originale, creativo, showman.

La giuria demoscopica ha votato per la prima delle due serate. Fruzzolo e Carlotta mi hanno abbandonato anzitempo dormendo, ma la sensazione è che a seguirlo non siamo stati solo tre gatti. Tutti i tempi si sono incastrati alla perfezione, senza sforare. E se anche dovesse andare male domattina con gli ascolti, poco importa: lo spettacolo ha ritmi e contenuti, Diletta è l’eccezione che conferma la regola.

Massimiliano Beneggi