Istrionico, poliedrico, simpatico, originale, ironico, geniale, anticonformista. In una parola Giorgio Gaber. Ci sarebbero mille aggettivi con cui ciascuno di noi potrebbe descrivere l’inventore del Teatro Canzone in Italia, nonché simbolo di una Milano spesso avara di riconoscenza ma non con il signor G (a cui sono dedicate una via in zona Sant’Abbondio, una targa in via Londonio 28, una kermesse al Piccolo, e una perenne promessa dedica del futuro Teatro Lirico). Eppure nessuno saprebbe raccontare davvero chi fosse Gaber quanto la persona che l’ha amato per una vita. Ecco quindi che da ieri è disponibile on line e in tutte le librerie il nuovo libro Chiedimi chi era Gaber, scritto dalla moglie Ombretta Colli con Paolo Dal Bon, edito da Mondadori.
Un amore sorprendente per certi versi (lei soubrette, lui cantautore; lei politica, lui fortemente critico verso un Parlamento che lo delude), ma fortissimo e sincero come pochi, mai oggetto di scandali e pettegolezzi. Dal matrimonio del 1965 a Chiaravalle fino agli anni in cui Ombretta diventa Presidente della Provincia Lombardia e Gaber torna anche in una cabina elettorale solo per amore della moglie, la loro storia finisce per la prima volta su una pubblicazione in 135 pagine da non perdere. Ecco come Ombretta racconta nel libro il loro primo incontro: “Ci rivedemmo a una di quelle feste mondane tipiche della capitale, nell’attico di un noto produttore cinematografico quando mi accorsi della presenza di Giorgio Gaber tra gli ospiti non potei fare a meno di chiedermi cosa ci facesse un uomo come lui in un ambiente simile: io, per quanto poco entusiasta, mi trovavo perfettamente a mio agio, mentre lui sembrava del tutto in difficoltà. Era sospeso tra la timidezza e un atteggiamento di sufficienza: scambiava poche parole coi presenti, dispensava sorrisi incerti, fumava sempre moltissimo e, ne sono sicura, avrebbe pagato per essere trasformato in un elemento dell’arredo”.
A 50 anni dall’esordio del Teatro Canzone, spesso imitato e mai più ritrovato, ecco quindi un libro che ci parla d’amore, di teatro, di Milano. E di orgoglio dei lettori. Perché se è vero che spesso non ci sentiamo italiani ma per fortuna o purtroppo lo siamo, è altrettanto palese che uno dei motivi di questa fortuna è essere connazionali di Giorgio Gaber.
Massimiliano Beneggi