‘Milano chiama’: Finardi rock divide i bisogni dai pericoli

La quarantena, non c’è dubbio, è stata una fonte di ispirazione per tanti musicisti e poeti, che anziché restare inermi hanno trovato nella canzone la possibilità di esorcizzare le paure e superare la noia. Di qualche brano retorico avremo fatto forse anche a meno (va benissimo la partecipazione, un po’ meno la svendita totale), ma qualcuno ha riportato alla luce una musica di cui si sentiva una certa nostalgia. A confermare questa bella sorpresa c’è un rock potentissimo con cui Eugenio Finardi dedica una canzone alle incertezze e alle difficoltà di questo ultimo periodo: Milano chiama. Il singolo è disponibile da oggi.

Il cantautore milanese lancia un rock per nulla retorico, ma incalzante e decisamente orecchiabile, con una ritmica talmente coinvolgente da essere già ballabile al primo ascolto. Provare per credere: se riuscirete ad ascoltare il brano senza muovere il piede o battere le mani, questo articolo non avrà alcun valore tautologico. Che è invece quello proprio di Milano chiama: la canzone divide tra quello di cui abbiamo bisogno e ciò di cui dobbiamo fare a meno, perché diventa persinp pericoloso. Abbiamo bisogno di parole chiare, non di paure e disinformazione che speculi sulle nostre incertezze. Da anni cerchiamo di scoprire la bellezza di essere una comunità, e questa è l’occasione giusta: se qualcuno chiama, e qualcun altro risponde, è l’inizio di una comunicazione positiva e contagiosa.

In effetti abbiamo fatto sì che il reale virus di questi due mesi potesse essere quello dell’unità nazionale. Ce l’abbiamo fatta? A giudicare dalle diatribe in Parlamento sembrerebbe di no, ma di sicuro la musica ha fatto un lavoro di aggregazione straordinario che merita di essere ripagato. Finardi, con questa canzone che fa riecheggiare fortissima la chitarra elettrica, non perde quindi la vena di poeta senza peli sulla lingua. Non le manda a dire: qualcosa di buono c’è stato nonostane qualcuno abbia cercato di approfittare della quarantena per speculare. La trasformazione del virus in una positiva situazione sociale è riuscita per metà quindi, ma Eugenio sembra volere vedere soprattutto alla parte mezza piena del bicchiere. Partita da Milano, ha visto la risposta dell’intero mondo. Qualcosa è avvenuto, qualcuno si è accorto, ed è già un risultato: l’inizio della comunità forse è arrivato davvero, dopo secoli di soli egoismi.

Massimiliano Beneggi

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