Ottant’anni, più della metà passati da cantautore di successo. Ma se avesse previsto tutto questo, il più polemico, politico, ma altresì poetico cantautore di sempre, forse avrebbe fatto qualcosa per evitarlo. In fondo lui, refrattario agli elogi, ben lontano da kermesse come il Festival di Sanremo, non ha mai fatto il poeta per il denaro. Quando cominciò alla fine degli anni ’60 non esistevano ancora i comunisti col Rolex, e i cosiddetti radical chic venivano anzi sgridati nelle sue stesse canzoni.
Schivo ma empatico, seriosamente ironico, Francesco Guccini si destreggia da sempre nelle contraddizioni della società per catturarne le emozioni. Coerente nel suo pensiero come nelle sue azioni, il poeta modenese regala straordinarie parole e note che appartengono a tutti. Non occorre avere partecipato alla Festa dell’Unità in effetti per lasciarsi trasportare dalle sue canzoni. Senza alcun pensiero rispetto alla sintesi (non c’è una sua canzone che duri meno di quattro minuti, La locomotiva superò gli 8 minuti), eppure sempre incisivo con strofe che non sono mai di troppo. La censura non lo ha mai fermato del resto, figuriamoci se lo sfiora l’idea di cantare in un tempo limitato. Vogliamo oggi ricordare una canzone, che assume particolare valore nel giorno dei suoi 80 anni.
Radici, che nel 1972 diede il titolo al suo quarto album, narra come nessun’altra il grande mistero che c’è nelle nostre origini. Da cui possiamo scappare fisicamente senza però cancellarle. Ogni cosa ci parla delle nostre radici, in cui abbiamo posto le basi della nostra esistenza nei luoghi e nei profumi di quello che faceva parte della quotidianità. Avvicinandosi alla Ricerca del tempo perduto di Proust, Guccini in questo brano (che supera i 7 minuti) si svela quale autentico poeta che rivisita la sua infanzia attraverso ogni passo del suo presente. Non occorre interrogarsi sul senso di ogni cosa: le nostre origini sono saggezza, memoria, certezza. Che nessuno potrà mai intaccarci.
Ecco qui sotto video e testo della canzone che ricordiamo oggi con l’occasione degli 80 anni del suo autore. Uno che ha fatto successo con il suo modo orgoglioso di fare musica e ha reso tutti compagni almeno una volta. Utopistico o concreto, in qualche modo Guccini ha reso affascinante il comunismo a tutti. Con il successo dei borghesi. Forse, se avesse previsto tutto questo, dati causa e pretesto…non lo avrebbe mai fatto. Non sarebbe stato Guccini. Grazie a Dio il poeta delle Radici, invece, ha fatto tutto quello che non immaginava nemmeno lui. Regalando emozioni. Auguri Professor Guccini! Clicca qui per leggere il racconto del sodalizio con Guccini fatto da Beppe Carletti, leader dei Nomadi, pubblicato oggi su Musica 361.
Massimiliano Beneggi
Oscura e silenziosa se ne sta
Respiri un’aria limpida e leggera
E senti voci forse di altra età
E senti voci forse di altra età
La stessa sempre, come tu la sai
E tu ricerchi là le tue radici
Se vuoi capire l’anima che hai
Se vuoi capire l’anima che hai
Come il fiume che ti passa attorno
Tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei
Lentamente, giorno dopo giorno
Qualche segno, qualche traccia di ogni vita
O se solamente io ricerco in te
Risposta ad ogni cosa non capita
Risposta ad ogni cosa non capita
La pietra antica non emette suono
O parla come il mondo e come il sole
Parole troppo grandi per un uomo
Parole troppo grandi per un uomo
I riti antichi e i miti del passato
E te li senti dentro come mani
Ma non comprendi più il significato
Ma non comprendi più il significato
Tutto è morto e nessuno ha mai saputo
O solamente non ha senso chiedersi
Io più mi chiedo e meno ho conosciuto
Per un altro dopo che vorrà capire
E se l’altro dopo qui troverà
Il solito silenzio senza fine
Il solito silenzio senza fine
Le tue radici danno la saggezza
E proprio questa è forse la risposta
E provi un grande senso di dolcezza
E provi un grande senso di dolcezza