Il teatro, la canzone, la cultura, Milano. Walter Di Gemma è tutto questo. Ormai da anni è lui l’artista che più di ogni altro diffonde la tradizione lombarda negli spettacoli e nei libri, in cui ribadisce il suo orgoglio di essere cittadino milanese, coinvolgendo un pubblico di ogni età.
Nato nel 1968, debuttante a 18 anni nel cabaret, a 22 anni vinse già il primo Premio Giovanni D’Anzi per le sue canzoni in milanese.
Da sempre vicino a personaggi di spicco dell’arte meneghina, da Piero Mazzarella a Giorgio Gaber di cui è considerato giustamente un erede per il modo di presentare i suoi spettacoli in un teatro canzone ironico ma altresì quasi “filologico” della storia della città. Ha tradotto in milanese l’intero repertorio del belga Jacques Brel, e continua a comporre canzoni in dialetto con raffinato e piacevole umorismo. Quello che si può permettere anche qualche doppio senso, senza mai risultare volgare e fuori luogo.

Ma ha ancora senso parlare in dialetto nel 2021? Cosa sarà del teatro e della cultura dopo un anno di chiusura quasi totale (fatta eccezione per qualche spettacolo estivo)? Ce lo dice lo stesso Walter, che a 35 anni di carriera, ci racconta come la lingua milanese possa essere parlata tanto nell’antica Brera quanto nella modernissima piazza Aulenti. Milano non muore mai, anzi…
Walter, ha ancora senso parlare il dialetto milanese nel 2021?
Direi proprio di sì. Serve a spronare la gente verso la conoscenza di qualcosa che sembra morto da tempo e invece è come una pianta che chiede di essere annaffiata per esistere ancora. Questo sarà un anno importante, perchè sono cambiate definitivamente delle cose: la percezione di qualcosa che rinasce dovrebbe essere più forte, e spero che questo sentimento varrà anche per il dialetto, che può essere un ottimo veicolo di comunicazione e direi anche di poesia.
Quali sono le qualità del dialetto milanese, sempre poco conosciuto?
Ci sono vocali che in italiano non esistono: è una lingua ricca, piena di musicalità. E’ proprio una lingua che va ascoltata, forse ancora più che letta. Ma tutto dipende sempre da chi la parla: è tanto più piacevole quanto più ci si crede!
Tu lo consideri a tutti gli effetti una lingua.
Storicamente è testimoniato che il dialetto è una lingua che convive con la contemporaneità, cambiando esso stesso. Il milanese si è modificato nel corso degli anni, come del resto è accaduto anche alla lingua italiana che ha accolto termini non propriamente italiani.
Oggi il dialetto è conosciuto anche in qualche espressione che viene ribadita dall’ormai celebre pagina del Milanese Imbruttito. Cosa vuol dire per te essere milanese imbruttito?
E’ un bellissimo modo ironico per sottolineare che anche quello che ci viene addosso di negativo, viene trasformato in meglio: gli stereotipi che dovrebbero imbruttirci sono un modo per sentirci orgogliosi e sapere uscire dalle situazioni. Il milanese anche con le cose brutte sa venirne fuori in modo autoironico.

Sei milanese di quante generazioni?
Una generazione. Con la seconda generazione siamo già “fuori”: mio nonno era pugliese, ma talmente innamorato di Milano da parlare il milanese!
Quando hai capito che il dialetto poteva essere trasformato in un modo di comunicare musicalmente le storie e i sentimenti?
L’ho capito col tempo da ragazzo: è iniziata come un’attrazione per il suono e certe espressioni attraverso i dischi dei Gufi. Successivamente mi sono innamorato del dialetto cantato da Nino Rossi, che aveva scritto canzoni che sono pezzi di cronaca vera e propria. Lì ho capito che il milanese poteva essere un veicolo di comunicazione senza rimanere chiuso: molti pensano che sia una lingua legata solo a certi riferimenti del passato, ma non è così!
Quando riprenderà il teatro secondo te?
Spero presto perchè ci sono in ballo tanti progetti bruscamente interrotti. Credo che prima di marzo non si potrà parlare di teatro, ma tra due mesi vedremo…Fare teatro con le mascherine e le distanze non è la stessa cosa.
Quali sono i prossimi progetti, oltre agli impegni su Antenna 3 e Telelombardia dove sei ormai da anni una presenza fissa ?
Sto scrivendo uno spettacolo nuovo che racconta la storia di Milano nella sua evoluzione attraverso le canzoni e i monologhi. Dalla Milano vecchia a quella attuale attraverso i suoi personaggi e quello che ha sempre rappresentato.
Tra le tue tante canzoni, una delle più amate è naturalmente El pret de Ratanà. Ci sono secondo te personaggi della nostra attualità che potranno essere raccontati in futuro diventando così “leggendari”?
Sicuramente ci potrebbero essere. Anche personaggi di Milano, che vanno dalla politica all’arte, non tanto conosciuti. Sono canzoni che dovranno essere scritte più avanti, non nell’attualità, ma stiamo effettivamente convivendo con personaggi che potrebbero essere raccontati come il Pret de Ratanà!
Massimiliano Beneggi