Cinquant’anni di “Pinocchio”: il più vero e credibile di sempre

L’8 aprile 1972, cinquant’anni fa esatti, andava in onda per la prima volta uno dei più grandi capolavori della televisione italiana: Le avventure di Pinocchio, diretto da Luigi Comencini.

Basterebbe il cast stellare a raccontare cosa fosse questo autentico gioiello: Nino Manfredi nei panni di Geppetto, Gina Lollobrigida nel ruolo della Fata Turchina, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia due adorabili Gatto e Volpe, Vittorio De Sica il giudice. E poi Enzo Cannavale, Mario Scaccia, Mario Adorf, Lionel Stander, Zoe Incrocci. Tutti attori di primissima fascia attorno al personaggio principale, interpretato da un irresistibile Andrea Balestri, bambino pisano di 8 anni all’epoca delle riprese.

Le avventure di Pinocchio è uno degli sceneggiati Rai più amati di sempre per la sua poesia e quella vena malinconica che Comencini seppe cucire su una storia già ampiamente conosciuta dal mondo intero. Decaduti i diritti d’autore di Collodi nel 1940, ecco che quindi fu realizzata trent’anni dopo una versione completamente rivisitata e, probabilmente, anche più interessante dal punto di vista della trama. Il distacco più grande, però, non è da ritrovarsi con il romanzo, con il quale lo sceneggiato continuava ad avere una stretta vicinanza. Piuttosto Comencini segnò probabilmente una distanza dalla versione del lungometraggio Disney.

La differenza più evidente è nella trasformazione di Pinocchio in bambino sin dal primo incontro con la fata turchina. Trovata assolutamente geniale e altresì rischiosa per i puristi del romanzo, abituati a conoscere il personaggio come mero burattino che diventa umano solo alla fine. Qui, invece, Comencini volle dare un’impronta diversa. Ciò che Collodi descriveva con un allungamento del naso a ogni bugia, il regista lo seppe rendere ancor più interessante. Pinocchio alternava la sua natura di burattino a quella di bambino a seconda della bontà delle proprie azioni, che veniva così giudicata da una fata decisamente più realistica della figura eterea ed evanescente raccontata dal cartone disneyano. Come a dire, siamo umani quando sbagliamo, diventiamo burattini quando lo facciamo per un capriccio o per compiacere qualcun altro senza pensare a ciò che ci fa realmente stare bene.

Le avventure di Pinocchio fu un’occasione per fare amare ancora di più una favola piena di significato e diede la possibilità di conoscere alcune sfumature altrimenti ignote al pubblico. Chissà quanti si sono chiesti se la Fata Turchina fosse davvero la moglie morta di Geppetto, come raccontato da Comencini. La risposta è no, fu un’invenzione del regista toscano per giustificare un’idea di famiglia più realistica, oltre che un atteggiamento materno della stessa fatina che torna dal Paradiso per aiutare il figlio che non ha mai potuto avere dal falegname. E chissà in quanti si saranno chiesti se a mangiare Geppetto e Pinocchio sia una balena o un pescecane. Qui la risposta corretta è da trovarsi proprio nella pellicola di Comencini. Fu un pescecane; la balena fu un’idea disneyana per ripescare il mito creato con Moby Dick.

Talmente romantico da far passare quasi inosservati i capelli di un Geppetto, qui color sale e pepe e non più polentina come nel romanzo; talmente ricco di personaggi per cui non duole a nessuno l’assenza del fastidioso Grillo Parlante per quasi tutto lo sceneggiato.

Insomma, parliamo di un capolavoro senza tempo, che oggi compie 50 anni. Cinque puntate per un totale di 280 minuti, ma ne fu realizzata anche una versione ridotta da 135 minuti per l’home video. Divertente, tutto da godere nella sua lungimirante produzione a colori quando ancora la televisione era in bianco e nero. Così oggi, nel 2022, questo sceneggiato non appare stantio come tanti altri.

E poi che dire della colonna sonora di Fiorenzo Carpi? Cinquant’anni dopo, con qualche brivido e qualche lacrima di commozione, la associamo ancora tutti al romanzo. Così come Gatto e Volpe hanno, nell’immaginario collettivo, i volti di quei due guasconi del cinema che erano Franco e Ciccio, Geppetto è ancora lo straordinario Manfredi, la Fata è la splendida Gina nazionale. E persino il burattino non ha uno sguardo “legnoso”, bensì quello del discolo Balestri. A pensarci bene, Le avventure di Pinocchio sarà anche stato scritto da Collodi, ma a confezionarcelo visivamente è stato Comencini, che lo ha praticamente riscritto, superando in qualche caso l’originale.

Tanti auguri allora al Pinocchio più conosciuto di sempre. Quello più credibile di qualunque altro tentativo mai davvero riuscito. Quello meno caricaturale di tutti. Quello che ci ha ricordato che siamo tutti Pinocchio e che le favole sono anche per adulti. Quello che ci ha insegnato meglio di qualunque altro che il cinema italiano è qualcosa di cui dobbiamo sempre andare orgogliosi. Chi dice il contrario, racconta una bugia…

Massimiliano Beneggi

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