Sgarbi non è il carnefice, ma vittima. Perché gli ignoranti possono urlare e i colti no?

Sgarbi contro Mughini. Ormai la lite andata in scena mercoledì sera al Maurizio Costanzo Show è già consegnata alla leggenda della tv italiana. Uno di quei momenti significativamente trash di cui nessuna trasmissione, a dir la verità, farebbe mai a meno e di cui il web continuerà ad alimentarsi per tanti anni. Lo scontro epico ha in sé tanti spunti per ogni sorta di dibattito, che pongono il confronto a un livello meno idiota di quel che si possa pensare. Concentriamoci però esclusivamente su quanto accaduto, provando a capire come mai ancora una volta tutti parlino di Sgarbi e pochi rumoreggino su Mughini.

Innanzitutto, a chi obietterà che è stato tutto costruito ricorderemo che si sta pur sempre parlando di televisione, peraltro di un programma registrato. È evidente che si potesse tagliare la scena ma è stata mantenuta a favore di ascolti e visibilità. Dunque, qualche forzatura probabilmente c’è anche stata (una caduta come quella di Sgarbi è più da stunt-man che da critico d’arte), ma nemmeno troppa: le facce imbarazzate di Bonolis, Zanicchi e Albano la dicono lunga. Piuttosto, ci si potrà domandare perché è stato scelto di mandare in onda un momento certamente poco educativo soprattutto per i più giovani. Anche in questo caso, tuttavia, ricorderemo che se un bambino è in piedi a vedere il Maurizio Costanzo Show a mezzanotte evidentemente il problema è del suo genitore più che di Sgarbi e Mughini.

Cosa è accaduto esattamente? Sgarbi prende la parola, dopo la canzone di Albano a cui è stato chiesto della sua presunta amicizia con Putin. Per uscire da un imbarazzo evidente, il critico d’arte ribadisce un concetto che raccoglie gli applausi di tutti (tranne Giampiero Mughini, uno di quegli intellettuali convinti che le scorrettezze debbano essere permesse solo alla cultura di sinistra). Secondo Vittorio, infatti, non accettare sportivi o artisti russi solo in quanto russi è una forma di fascismo inaccettabile. Così anche il sindaco Sala non avrebbe dovuto chiedere una presa di posizione al direttore d’orchestra cacciato dalla Scala. La sacralità dell’arte non venga corrotta con discorsi politici.

Applaudono tutti, perché Sgarbi ha ragione e ha avuto il coraggio di dire qualcosa che il mondo spesso non osa nemmeno accennare. Tanto che ci ritroviamo con cantanti come Mahmood che tifano Ucraina per l’Eurovision Song Contest nonostante il Paese gialloblù presenti in gara una delle canzoni più inascoltabili di sempre.

Un consenso unanime, però, a Sgarbi sembra vietato. Così alza la voce Mughini, difendendo a spada tratta il sindaco di Milano. Vittorio gli chiede di stare zitto dandogli dell’imbecille, quindi Mughini alza le mani contro di lui e minaccia di ripetersi. Dunque, perché considerare sempre Sgarbi il capro (e non c’entrano qua le capre a cui è linguisticamente affezionato il critico) espiatorio? Sembra non vi possa essere pace per il povero Sgarbi, colpevole solamente di essere padrone di una dialettica che nessun altro riesce a reggere. Anche quando è vittima degli attacchi, la sua personalità e la capacità di avere l’ultima parola lo fanno descrivere come il fomentatore d’odio. In realtà è solo molto bravo a provocare e a reagire, perché facilmente provocabile. Lo sanno tutti. È sempre andata così, anche quando la leggenda lo ha voluto definire in errore. Non ci credete? Facciamo una veloce carrellata delle sue liti televisive più famose.

Da Giuliano Ferrara, nello storico confronto con Roberto D’Agostino, si era limitato a un simpatico bicchiere d’acqua contro il futuro direttore di Dagospia prima di essere assalito da questo con un potente schiaffo in faccia. Se Baudo o Costanzo avessero dovuto reagire con la medesima proporzione, quando subirono torte in faccia in diretta tv, sarebbe finita in una strage.

Anni dopo il mondo televisivo e non solo si indignarono per come Sgarbi trattò Alessandra Mussolini a La pupa e il secchione. Due personaggi spesso al centro di polemiche si fronteggiarono ma, anche in quel caso, il giudizio popolare andò contro Vittorio. Colpevole di essersi alzato in piedi a insultare contro la Mussolini, che gli aveva tolto gli occhiali. La prima mossa non fu di Sgarbi, che si limitò a un confronto verbale pur subendo le mani addosso. Ma passò dalla parte del torto.

Più recentemente, ospite di Barbara D’Urso, disse che qualche ragazza era stata raccomandata. La cosa non piacque e venne trattato così dalla stessa conduttrice: “Ti prendo a calci nel culo!”. Bel modo di fare gli onori di casa. Eppure, anche in quel caso, bastò la sua reazione, con cui ricordò a Barbarella di avere rotto le scatole, per far dimenticare la realtà dei fatti.

Senza dimenticare la storica (la prima in assoluto) lite con Mike Bongiorno a TeleMike. In quel caso fu sovrastato dalle parole de conduttore senza nemmeno avere possibilità di spiegare il fraintendimento di cui era stato vittima. E che dire di quando inveì contro Le Iene? Sbagliò senza dubbio i termini, ma chi non uscirebbe esausto da quelle insistenti provocazioni dei ragazzi in giacca e cravatta?

In questo Paese dove nessuno legge e molti scrivono, dove nessuno si informa e tutti parlano, spesso non ci si ricorda davvero cosa sia accaduto. A volte, però, sarebbe interessante analizzare quel che accade togliendosi la casacca dei politici o, peggio ancora, dei giudici. Sgarbi urla, è vero. Ma se lo lasciamo fare agli ignoranti, perché non deve poterlo fare uno dei pochi uomini di cultura della nostra bella e saggia Italia? Rivediamo le nostre abitudini allora, sennò rischieremo sempre di considerare vittima chi è carnefice e viceversa.

Nel frattempo, oggi 8 maggio Vittorio Sgarbi compie 70 anni. Almeno oggi, se riuscite, non attaccatelo.

Massimiliano Beneggi