Belve e l’insopportabile protagonismo della Fagnani

Da quando è nata, la tv intrattiene e informa. Certo, rispetto ai suoi inizi ora la guardiamo in modo più distratto. Magari con il cellulare in mano e con whatsapp pronto a coinvolgerci in una chat che ci fa perdere di vista qualche battuta. Nonostante gli inevitabili cambiamenti delle nostre abitudini, il piccolo schermo continua comunque a essere una compagnia quotidiana. Non sempre, però, il merito è di chi conduce. Ci siamo d’altra parte tristemente assuefatti all’idea che uno spettacolo possa essere fatto da chiunque, purché i contenuti siano interessanti anche in questa epoca dalla visione frammentata. Per interessante, si intende tutto ciò che produce curiosità, a prescindere dalla simpatia e dal talento dei protagonisti.

Per esempio, perché tutti parlano delle interviste di Belve? Certamente non per la qualità della conduttrice. Piuttosto, per la curiosità di ciò che potrebbe emergere dalle risposte, innescate da domande ben studiate. Parliamoci apertamente, la Fagnani è bravissima come autrice, molto meno come interprete. Succede spesso nel mondo dell’arte, altrimenti non faremmo una distinzione tra cantanti e cantautori o tra registi e attori. Urge, però, evidenziare certe differenze se si vuole migliorare i prodotti anziché intestardirsi con quel che li rende meno appetibili.

Francesca Fagnani è la stessa ideatrice dell’ormai famosissimo programma di Raidue, dove gli ospiti sanno che li attenderà una sorta di interrogatorio feroce. Sono provocati da una serie di domande, che li accompagnano in un percorso teso a raccontarli in una maniera diversa. Facendone esprimere il loro lato più istintivo. Mettendo la razionalità da una parte. Una questione via l’altra, senza troppo tempo per riflettere alle parole con cui rendere più dolce la risposta. In questo modo, ogni protagonista dovrebbe fare emergere, anche compiendo qualche gaffes, la sua parte più selvatica, che lo accomuna alle bestie (con un duplice senso che anche gli animalisti devono saper comprendere). Il problema è che, in questi anni, si è sparsa la voce che non siano le risposte a raccontare la parte talvolta peggiore, o comunque più censurabile, degli intervistati. Tutti si sono convinti che la cattiva sia Francesca Fagnani. Persino lei stessa che, così, diventa sempre più irritante e antipatica. Ora si sente lei la vera Belva, dimenticando l’originale idea di un programma ormai troppo autoreferenziale. Così, le domande durano spesso più delle risposte: questo è chiaramente un problema.

La conduttrice non fa davvero nulla per piacere al pubblico: questo tutto sommato ci sta. Anche se la smania di certi giornalisti, nell’essere al centro della scena con la loro indisponente aggressività, sta un po’ stancando. La Fagnani presume di intuire ogni risposta dell’intervistato e, quando le sue aspettative sono deluse, interrompe l’interlocutore con una sequenza di “Eh…mmm…eh…eh” che lasciano trasparire il suo completo disinteresse. In pratica, sentendosi lei stessa la Belva, non nutre più curiosità per ciò che le verrà raccontato. Francesca Fagnani crede che il pubblico sia più ammaliato dal suo modo di porre le domande che non dalle risposte. Appare chiaro come tenga moltissimo a mostrare la sua capacità a mettere in crisi l’ospite, anziché a creare ospitalità. Molto spesso, così, le risposte non arrivano proprio, se non sono quelle che lei spera di ottenere. Tutto il contrario di quello che sanno fare i bravi intervistatori (vedi la scuola di Baudo, Venier, Rispoli, Limiti, Marzullo). Per realizzare un dialogo esauriente, non occorre mettersi in cattedra facendo sentire scomodo l’interrogato.

La conduttrice di Belve legge ogni singola parola delle sue domande, trovandosi a suo agio con l’improvvisazione solo quando si va sul percorso che lei stessa si era immaginata. Altrimenti, cade nel buio più totale: “Eh…mmm…eh…eh”. Per carità, nella tv della visione frammentata di oggi, che viene da qualcuno vista anche tramite certi spezzoni riproposti sui social, può bastare anche solo avere un’idea intelligente come è Belve. Non occorre più sapere intrattenere per due ore, perché tanto nessuno avrebbe la pazienza di rimanere incollato alla tv per così tanto tempo, specie visti gli orari di inizio e di fine programmi. Vale la pena, però, ricordare a Francesca Fagnani che il successo di Belve è dovuto agli ospiti e a ciò che questi raccontano. Meno protagonismo le toglierebbe la scena, ma la farebbe guadagnare nel suo ruolo di giornalista. Sono gli scoop a incuriosire, non la presunta cattiveria.

C’è una nota veramente positiva di Belve. Si chiama Michela Andreozzi. Da tanti anni è regista e sceneggiatrice, oltre che una brava comica. La tv la riscopre solo ora come eccezionale monologhista. Ecco, una come lei, che la gavetta l’ha cominciata più di vent’anni fa quando era a Italia Uno nel programma Bigodini, dimostra che non è il protagonismo a creare il talento. Ci si può mettere a lungo dietro le quinte e, se c’è la personalità, questa prima o poi emergerà comunque.

Per inciso, la sigla di Belve è chiaramente ispirata a quella di Rock Economy e di Adrian, con la pantera nera affamata e pronta a divorare chiunque. Esattamente come le provocazioni per dimostrare quanto si è sagaci e crudeli, senza lasciare respiro all’intervistato, le faceva già più di vent’anni fa Dario Vergassola. Un po’ di originalità non avrebbe guastato.

Massimiliano Beneggi