Scritto e diretto da Davide Carnevali, Ritratto dell’artista da morto debutta in prima nazionale, al Teatro Studio Melato di Milano, giovedì 16 marzo (ore 19.30, in scena in diversi orari fino al 6 aprile). Interpretato da Michele Riondino, con le scene e i costumi di Charlotte Pistorius e le musiche di Gianluca Misiti, lo spettacolo è una nuova produzione del Piccolo, in coproduzione con Comédie de Caen – CDN de Normandie, Comédie, Centre dramatique national de Reims, Théâtre de Liège. Che relazione esiste tra la sparizione di un dissidente politico durante la dittatura militare argentina del 1978 e quella di un pianista ebreo nell’Italia del 1941?

Foto di Masiar Pasquali

Tra autobiografia e finzione, una riflessione sulla barbarie dei totalitarismi che ha attraversato il Novecento.

Si racconta, in scena, dell’apertura di un caso giudiziario riguardante un appartamento a Buenos Aires, acquistato da un presunto parente dell’attore nel 1978, ma espropriato a un dissidente politico durante la dittatura militare – motivo per cui la cui famiglia della vittima ne chiede oggi la riassegnazione. Per assistere al processo, ma anche con l’intenzione di lavorare a uno spettacolo di teatro documentario basato su questi fatti, Riordino viaggia insieme al regista, alla volta di Buenos Aires, scoprendo che l’appartamento in questione era appartenuto a un compositore di origini italiane.

Foto di Masiar Pasquali

Inizia così una ricerca a ritroso nel tempo, che tenta di fare luce su un passato che si rivela, al contrario, sempre più oscuro; fino a scoprire che il compositore argentino, al momento della sparizione, stava lavorando sulle partiture incomplete di un compositore ebreo, di cui si erano perse le tracce quarant’anni prima, durante la Seconda guerra mondiale. Curiosamente, le biografie dei due compositori presentano molti punti in comune e le due sparizioni mostrano una certa analogia, ma a causa dell’occultamento sistematico di informazioni, della censura, delle difficoltà e del pudore nel parlare di questi fatti, è difficile capire cosa sia effettivamente accaduto. Riondino si addentra così in un labirinto di episodi personali che si intersecano inesorabilmente con i grandi eventi storici del Novecento: fatti che hanno aperto, nei paesi vittime delle barbarie fasciste, ferite non ancora del tutto rimarginate. È in parte anche per sanare queste ferite, che l’appartamento argentino sarà infine convertito, per volere della famiglia della vittima, in una casa-museo e luogo di memoria, aperto al pubblico.

Comunicato stampa ufficiale