Tre uomini e una culla: tenerezza e tantissimo divertimento diretti da Pignotta -RECENSIONE

E’ in scena fino al 23 aprile, al Teatro Manzoni di Milano, Tre uomini e una culla (produzione A.ArtistiAssociati diretta da Walter Mramor), di Coline Serreau (testo tradotto da Marco M. Casazza). Ecco la nostra recensione.

Foto di Giovanni Chiarot

IL CAST

Giorgio Lupano, Gabriele Pignotta, Attilio Fontana, Fabio Avaro, Carlotta Rondana, Malvina Ruggiano. Regia di Gabriele Pignotta con Alessandro Marverti.

LA TRAMA

Jacques, Pierre e Michel sono tre single convinti che, a suon di festini, non hanno alcuna intenzione di impegnarsi seriamente in una relazione. Né, tantomeno, di metter su famiglia e avere a che fare con bambini. Quando Jacques, il più inguaribile donnaiolo, deve lasciare gli amici tre settimane per lavoro, si raccomanda di aver cura di un pacco che dovrà arrivare per lui. A sorpresa, Pierre e Michel trovano fuori dalla porta di casa una culla con una neonata. Con la bambina c’è anche un biglietto della mamma che, dovendosi allontanare per qualche tempo, ha deciso di affidare la piccola al padre. La neonata, Marie, è infatti figlia di Jacques, che ancora non sa di essere diventato papà da qualche mese. Pierre e Michel, intanto, non hanno compreso che il pacco di cui parlava l’amico non è la culla, bensì una partita di droga che, una volta arrivata, viene accantonata in un angolo. Peccato che quando si presenta a casa il destinatario finale di quel pacco, i due gli consegnano la culla con la bambina. Quando capiscono l’equivoco è già troppo tardi: la polizia si è ormai allertata e l’unica cosa che potranno fare i ragazzi, supportati poi dallo stesso Jacques al suo rientro, sarà cercare di depistare goffamente le indagini, allevando nel frattempo come riusciranno la bambina…

LA MORALE

I figli sono di chi li cresce, ossia di quelle persone che prendendosi cura di un piccolo scoprono una nuova maturità. Di chi sa dare amore. Tutto questo non senza perdersi in giochi, facce buffe e ninne nanne che alimentano la dignità umana anziché sminuirla. La maturità, infatti, non si traduce in una alternanza tra lavoro e casa, specie se in questa ci si abbandona a feste e vita dissipata. Piuttosto, ci si scopre adulti quando si mettono i valori familiari davanti allo stesso lavoro. Così, anche i tre ragazzi scapestrati, una volta superate le difficoltà iniziali, possono lasciarsi andare esclusivamente alla dolcezza nei confronti della bambina diventando, ciascuno con la propria personalità, un padre affettuoso. Le nostre qualità, a volte, si esprimono proprio laddove non avremmo mai immaginato.

Foto di Francesco Oberto

IL COMMENTO

Una commedia molto spassosa e al tempo stesso piena di tenerezza, che appassiona un pubblico mai sazio di risate. Sono due ore nette di spettacolo (più la pausa), intervallate da vari momenti di buio per consentire i cambi scena: in questo modo il ritmo rimane sempre molto acceso, dando luogo ogni volta a degli sketch più o meno lunghi. La colonna sonora, tutta di grandi successi francesi (ma anche quella Ping Pong di Plastic Bertrand nata proprio in Italia), è la giusta sintesi di un perfetto mix tra dolcezza e divertimento. Al debutto, il Manzoni si riempie notevolmente malgrado la sfida di Champions’. Il merito è anche di un testo già noto al cinema e di una morale che senz’altro si ripropone in una maniera più che mai attuale: mentre ci domandiamo se un bambino possa avere due padri, ecco che scopriamo in quale modo ve ne possano essere addirittura tre.

IL TOP

Il cast è davvero ben assortito e ciascun personaggio (dalla polizia alla farmacista, fino alla donna delle pulizie e alla mamma della piccola Marie) diventa una macchietta irresistibile. Se si ride così tanto, lo si deve ad attori che conoscendo i giusti tempi comici riescono a dare proprio quel ritmo necessario. Il grande lavoro di Gabriele Pignotta, alla regia, è notevole anche per la scelta dei ruoli: non si prende lui quello forse più simpatico, ossia Pierre, ma lo affida al bravissimo Giorgio Lupano che è in formissima e si guadagna l’applauso più lungo. Pignotta supera la duplice prova da regista e attore (interpreta Michel) mostrando una grande complicità con tutta la squadra. Attilio Fontana, nei panni di Jacques, è presente soprattutto nel secondo atto: quanto basta per conquistare il pubblico con la sua simpatia e il suo talento, grazie a cui regala quella riflessiva e responsabile dolcezza di cui il suo personaggio si fa carico più di ogni altro.

LA SORPRESA

C’è un’attenzione ai dettagli scenici (curati da Matteo Soltanto) che non può sfuggire allo spettatore. Rievocano un’atmosfera piacevolmente serena, con un bell’appartamento luminoso, che si affaccia su una strada francese di sicuro impatto romantico. Impossibile uscire dal teatro con i soliti pregiudizi italici verso i cugini d’Oltralpe: tra la scenografia e la musica più che mai orecchiabile, ci si riscopre molto più vicini a loro anche artisticamente. Il finale, poi, è la chicca superlativa per come è organizzato in modo geniale e interattivo col pubblico. Vale la pena lasciarsi coinvolgere senza timidezza: il teatro aspetta sempre a braccia aperte una platea che abbia voglia di non pensare ma solo di respirare l’arte dello spettacolo.

Massimiliano Beneggi