Back to school -seconda edizione– (in onda giovedì in prima serata su Italia Uno, conduce Federica Panicucci) è giunto al giro di boa con la terza puntata. L’audience (share del 5,63%) non esaltante rischia di offuscarne la qualità del prodotto che, come spesso capita, non viene raccontata da nessuno quando all’interno di un programma mancano risse, volgarità e provocazioni. Back to school è una trasmissione pulita, divertente, che permette di guardare la tv in famiglia senza paura che da un momento all’altro possano venir fuori imbarazzanti doppi sensi da spiegare ai figli.
La struttura di fondo è la stessa dell’anno scorso (quando conduceva Nicola Savino): sei Vip si sottopongono a un ipotetico esame di quinta elementare. Sostengono l’interrogazione (su una materia che hanno studiato e un’altra a sorpresa) davanti a una commissione di maestri, inflessibile e spietata se si verificano suggerimenti o disordini disciplinari. Per farsi trovare pronti all’esame, i Vip vengono preparati da maestrini di 10 anni, spesso più severi della stessa commissione. Ma comunque irresistibilmente simpatici, proprio perché bambini che, al contrario di quanto accade in altri programmi, non assumono il deprecabile atteggiamento da adulti. Sono piuttosto bambini che, freschi di studio, più di chiunque altro possono spiegare le materie d’esame ai più grandi, senza farli sentire a disagio. E, soprattutto, mantenendo intatta la loro spontaneità. Non solo, così invertendo i ruoli gli stessi allievi possono trovare un momento di importanza e capire la fatica del mestiere dei loro insegnanti: può essere anche educativo, da un certo punto di vista. Intanto gli adulti si mettono in gioco con autoironia. Di certo non si tratta di un programma diseducativo, e questo è già qualcosa di rilevante.

Un po’ varietà, un po’ quiz, un po’ reality: si ride molto e si scopre che possiamo avere tutta la cultura di questo mondo ma ci saranno sempre nozioni che non ci entreranno mai in testa (latitudini, longitudini, coniugazioni verbali, problemi di matematica e quant’altro). Al termine di ogni puntata, infatti, puntualmente la commissione ha sempre bocciato qualcuno. La simpaticissima Carmen Di Pietro, per esempio, giovedì prossimo sosterrà per la terza volta consecutiva l’esame, sbagliato a suon di errori e di un lessico non particolarmente ricco (i suoi “eccetera” e “situazione” sono talmente frequenti da superare persino l’accettabilità in un qualunque intercalare linguistico. Ci sono anche i secchioni (ultimo in ordine di tempo Francesco Pannofino) che mostrano un’invidiabile cultura capace di raccontare molto di loro.
A tenere le redini c’è Federica Panicucci, frizzante, solare, ironica e credibile molto più di Savino (sempre uguale a se stesso in ogni trasmissione, al punto da non permettere di distinguere più nemmeno i suoi programmi) perché sa lasciare spazio ai veri protagonisti della puntata senza voler emergere a ogni costo con battute più o meno divertenti. Anche la sua professionalità rischia di essere interpretata come una qualità scontata, di cui a volte non ci si rende abbastanza conto. Male, faremmo meglio a farci maggiormente caso. Il ruolo della comicità, quest’anno, è affidato a Scintilla, al secolo Gianluca Fubelli. Funziona molto bene nel ruolo del capoclasse che, anziché tenere l’ordine, fa ridere tutti per poi mettersi quieto davanti ai professori. È proprio quella dinamica di classe, con tanto di bidello pronto a portare fuori dall’aula gli allievi più indisciplinati, a divertire e incuriosire.
Si tratta di un bel format italiano (esportato persino in Germania), scritto bene e capace di fare emergere uno show abbastanza completo. Manca solo la musica che, però, in un programma così ricco sarebbe persino fuori luogo. Peccato solo due pecche: il titolo, che ribadisce quella perenne necessità di usare la lingua inglese anche sui nostri prodotti, e la scarsa informazione che si fa circa questa bella trasmissione. Ma, come sempre, ciò che è attrezzato per fare bene e costruito con gusto, rischia di non fare notizia.
Massimiliano Beneggi