Da venerdì scorso è tornato dopo un lustro I migliori anni. Il programma, giunto alla sua nona edizione, è come sempre condotto da Carlo Conti, che se lo confezionò su misura nell’ormai lontano 2008. Talmente remoto che varrebbe la pena rievocare persino la musica di quel tempo: Giusy Ferreri cantava Non ti scordar mai di me, Cesare Cremonini intonava Dicono di me, Lady Gaga faceva impazzire con Poker face, mentre a Sanremo c’era Tricarico a cantare Vita tranquilla. Ce ne sarebbe così da raccontare del primo decennio del 2000, invece ancora una volta si rimane ancorati ai brani del vecchio secolo. Occasione persa, ma su cui si potrebbe sorvolare se solo ci fosse una logica nella trasmissione.
Mentre un tempo il programma era sorretto dal pretesto di una gara tra squadre che rappresentavano un decennio (in una edizione fu persino proposta una nuova versione mal riuscita di Canzonissima), ora tutto questo non c’è più. Carlo Conti presenta una canzone via l’altra, senza nemmeno soffermarsi troppo con gli ospiti, passando indistintamente da un decennio all’altro, andando di continuo avanti e indietro nel tempo. Come a dire: questa settimana avevamo questi ospiti a disposizione, quindi vi beccate questa scaletta e pazienza se non ha un senso. Paradossale, pensando che la musica presentata è proprio quella che ancora aveva un senso narrativo.

Purtroppo non è l’unica pecca di un programma che, comunque, fa ancora il suo 22% di share: merito di tanta bella musica che vale sempre la pena ascoltare e di tanto garbo nella conduzione. Con Conti si va sul sicuro: non c’è mai un colpo di scena o una botta di entusiasmo di troppo, ma almeno si sa quel che si trova e ci si può fidare a lasciare i ragazzini anche da soli davanti alla tv. Certo, rimane difficile distinguere una sua trasmissione da un’altra. Nemmeno gli ospiti cambiano mai: nella prima puntata hanno sfilato i già visti e rivisti in questo stesso programma, Tiziana Rivale, Marco Ferradini, Paolo Vallesi, Drupi, Alberto Fortis, Donatella Milani. Ma anche Viola Valentino, che i geni del male hanno voluto in trasmissione nella stessa serata in cui c’era Riccardo Fogli insieme ai Pooh. A proposito di questi, perché cantavano in playback a Domenica In nel 1999 e ora si ostinano a fare tutto live, costringendo le corde vocali di Facchinetti a una gara di resistenza inevitabilmente destinata alla sconfitta? E Fogli, oltre che per cantare quelle tre canzoni in croce che incise con loro all’epoca, perché si trova lì nel solito ruolo di capo claque?

A I Migliori anni c’è molta voglia di revival, ma manca un’idea scritta: è solo una grande parata di vecchie glorie, quasi tutte talmente sorpassate che quasi bisogna sperare di non ritrovarsi tra gli ospiti. Perché in effetti l’obiettivo sarebbe rendere orgogliosi certi artisti di essere simboli di un intero decennio, ma il modo con cui vengono presentati (“Vi ricordate…?) somiglia più all’enfasi che si usava a Matricole e Meteore. È un peccato che manchi una vera scrittura a un programma come questo. I migliori anni potrebbe avere la stessa forza delle trasmissioni di Paolo Limiti, piene di aneddoti e narrazioni, con brani che ormai hanno la stessa anzianità che avevano quelli riproposti a Ci vediamo in tv. Invece si accontenta di essere una accozzaglia di brani senza un filo conduttore.
Bene la scelta di Sergio Friscia a gestire gli spazi comici, meno convincente Siani, che la tv continua a sopravvalutare. Sacrificata la simpatia di Flora Canto, che un tempo sarebbe stata definita valletta e oggi chiamiamo gospodina, ma il senso non cambia. Una donna ormai già nota e brillante come lei dovrebbe poter condurre e non limitarsi a leggere i “noi che” provenienti dal web. Anche perché, come sempre, i social hanno un linguaggio completamente diverso, che la tv non dovrebbe nemmeno provare a imitare. Anzi, più si tiene distante da quel mondo e più rimane credibile nella sua identità.
Ci saranno ancora cinque puntate (le ultime due saranno di sabato): I migliori anni ha tutte le caratteristiche per ritrovare la freschezza con cui stupì nel 2008. Speriamo lo faccia, perché sprecare in questo modo un potenziale è un peccato.
Massimiliano Beneggi