Rieccolo Benji. Il cantante dell’ex duo che formava con l’amico Fede era sparito dalle scene per diverso tempo, complice una dipendenza dalle droghe da lui stesso ammessa due giorni fa a Le Iene. Benji stava rischiando di buttare via la sua vita, forte del fascino con cui il successo ammalia i più giovani, illudendoli di essere onnipotenti. Ora, però, che da un anno e mezzo ha finalmente smesso di drogarsi e di autodistruggersi, ecco che il ventinovenne di Modena può cantare il suo inno per la vita.

Si intitola Sobrio la nuova canzone di Benji. E’ la conferma di una maturità raggiunta, che consente di rinascere dopo avere toccato il fondo. Il brano è denso di frasi significative, che potrebbero apparire retoriche ma che lanciano messaggi importanti: non è la normalità a essere speciale, ma è la droga a essere un’ossessione fuori da ogni logica. Si parla qui di sostanze stupefacenti nel senso più concreto, ma ciascuno può immaginare ogni tipo di disagio dettato da un’esistenza vissuta costantemente al limite del rischio. Così, rivolgendosi direttamente alla droga come se fosse una persona da cui è stato ingannato, Benji ammette: Mi hai tolto l’aria, i soldi e pure il sonno”. E ancora: “Tutto quello che mi dai mi lascia vuoto”.

Un brano ricco di significato, dove il rap riesce a incontrarsi con un ritornello pop che, seppur non troppo frizzante ma piuttosto malinconico, riesce comunque a conservare qualcosa di fresco ed estivo. Certo ci sarebbero piaciute circostanze diverse per tornare a sentire Benji, ma ora che la musica italiana lo ritrova finalmente in forma speriamo davvero non lo si perda più di vista.

E siccome nulla avviene mai per caso, come ci capita più volte di notare ecco che anche questa settimana c’è un’altra canzone che sfiora tematiche simili a quella del singolo principale. Perlomeno riferendosi a quella smania di ricominciare andando oltre i propri gravi errori che stavano destabilizzando. Si tratta di L’uomo nello specchio, il pezzo scritto da Daniele Silvestri e Fulminacci e contenuta nell’album del primo. Si tratta della consapevolezza di un uomo che si guarda allo specchio in un’età più matura, dopo essersi idolatrato e aver visto un’altra persona in quel riflesso. Ipocrisia e gelosia sono sentimenti che il protagonista della canzone vorrebbe cancellare dal passato: ormai giunto a una crisi esistenziale, è pronto comunque per ripartire evitando di ripetere gli errori già commessi. Il ritmo è deciso, peccato solo che ci si accorga solo alla fine di aver già sentito il ritornello, eccessivamente legato alla strofa e difficilmente riconoscibile. L’originalità comunque sembra ormai appartenere all’altro ieri: Silvestri fatica a trovare qualcosa di nuovo, forse le sue cartucce migliori le ha già giocate.

Tematica che non è cara solo a Benji e a Silvestri, ma anche a Zibba.

Si parla sempre troppo poco di questo cantautore con la voce profonda e cavernosa per la quale era stato paragonato sin dai suoi esordi (Sanremo 2014) a Pierangelo Bertoli. Questa settimana esce la sua nuova Si dorme come cani, dove casomai somiglia più al primo Luca Carboni. La sensazione di avere lasciato per troppo tempo in giro il talento di Zibba è in ogni caso forte. Recuperiamo, questo ragazzo ha moltissimo da dare alla nostra musica, con una naturale espressione soul tutta da applausi. Le atmosfere calde e un po’ malinconiche lo esaltano anche in questo pezzo che racconta di una vita dissoluta, dove si vede sempre un tunnel buio nel futuro. Ma se c’è chi si interroga sui propri disagi, c’è anche chi cerca soluzioni immediate.

Come fanno i Legno, altra piacevole novità musicale della settimana con Luminosissimi. Un brano romantico, dove il ritornello riprende un po’ le atmosfere dei migliori The Giornalisti, prima di tornare più volte sulla strofa con un pop indie. In questa canzone un uomo vorrebbe riconquistare il suo amore appena perduto, cercando di risolvere ogni eventuale errore che ha portato alla rottura. Un sentimento vero non può finire per strada, buttato in mezzo ai tanti flirt nati per gioco. Non può finire in un lampione spento, perché l’amore vero continua incessante a illuminare la vita dei suoi protagonisti, fossero anche due ex. La canzone, prodotta da Coletti ed edita da Warner Chapel, conferma l’estro di questa band Indie ancora troppo poco conosciuta, eppure divertente ed estremamente talentuosa. La voce sporca del suo frontman, che non cerca eccessivi virtuosismi ma si concentra sulla melodia ripetitiva, è la chiave migliore per avvicinare i più giovani a questo genere di indie.

Ma questa è anche la settimana di Amedeo Minghi, che partecipa al nuovo progetto dove tanti artisti romani hanno interpretato brani inediti di Franco Califano. Quello che canta Amedeo Minghi si intitola La mia eredità ed è una vera poesia sin dall’incipit molto aperto e sereno. Il problema del brano, forse, è proprio nell’impossibilità di prescindere dal suo autore e dalla tentazione di immaginarsi cosa sarebbe stato se l’avesse cantato lui. Minghi ci prova comunque e per quel che può fare non sfigura: recita e interpreta il pezzo con pieno rispetto delle volontà che avrebbe espresso Califano se avesse saputo di questo album. E’ in ogni caso carico di personalità nel reinterpretare il vecchio amico scomparso dieci anni fa. C’è una caratteristica tecnica che unisce i due cantautori e consente di ascoltare senza restare troppo destabilizzati: la capacità di mettere tante parole in una sola strofa, lasciando correre volentieri la loro pronuncia. La voglia di sognare e la musica sono definite, in questa canzone, la vera eredità del protagonista: così i valori migliori restano nell’immensità, dando sollievo all’anima e conducendola nella Verità assoluta. Dove con questa si intende molto probabilmente una Verità quasi platonica, ossia Bella e Unica.

Impossibile, tuttavia, non citare in questa settimana ricca di belle novità da Benji a Minghi, anche Colapesce e Di Martino. La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo è, se possibile, un titolo più lungo e incomprensibile di ogni film wertmulleriano. La canzone dura più di sei minuti e prende vivacità nel ritmo e negli accordi solo oltre due minuti dall’inizio. Le atmosfere che riecheggiano Lucio Battisti sono sempre evidenti: questi due ragazzi hanno deciso di rievocarne lo spirito musicale, compreso delle ultime sperimentazioni generalmente meno amate. Per questo si rivela ancora più coraggioso il loro atteggiamento, ma tutto questo volere ripercorrere le orme di Lucio appare eccessivo, non trattandosi della prima volta. La canzone merita comunque più di un ascolto (anche per essere capita bene). Se il ritornello non arriva subito come accaduto nei precedenti singoli di successo della coppia artistica, niente di strano. A Battisti succede ancora oggi da morto di essere ricordato soprattutto per le melodie scritte negli anni ’70 piuttosto che per la musica ultramoderna degli anni ’90. Una scommessa che si concentra sulla musicalità più che sulle parole (peraltro non banali quando ci sono). Colapesce e Di Martino puntano soprattutto a questo con la nuova canzone che anticipa il nuovo album in arrivo a novembre.

Massimiliano Beneggi