Dal 14 al 26 novembre al Piccolo Teatro di Milano (via Rovello) va in scena Diari d’amore, che rappresenta l’esordio alla regia teatrale di Nanni Moretti (martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo. Prezzi da 26 a 33 euro). Sul palcoscenico Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi.
Undici Nastri d’Argento, nove David di Donatello, la Palma d’oro al Festival di Cannes, i Gran premi della giuria a Venezia e a Berlino… Dopo una vita passata dietro (e davanti) alla macchina da presa, regalandoci film entrati a pieno diritto nella storia del cinema, Nanni Moretti decide di farsi “primo spettatore” e dirigere cinque attrici e attori, non più con la sua cinepresa, ma affrontando “lo spavento” del palcoscenico; quello “spavento” che definisce lo scarto tra l’intimità della parola scritta e il clamore della parola detta di fronte a un pubblico dal vivo: termine usato, in questa accezione, da Natalia Ginzburg.

E sono proprio della Ginzburg, la cui scrittura è molto vicina all’immaginario che ha consolidato il successo cinematografico internazionale dell’artista, le due commedie che Moretti ha scelto per il suo esordio da regista nel teatro di prosa. Due commedie che ci raccontano nuclei familiari disarmonici, gente che si lascia vivere senza entusiasmi; esseri deboli, dai valori etici inconsistenti. Con sguardo ironico apre il sipario su intimità domestiche nelle quali il conflitto cede il posto all’indifferenza, svelando la fatuità di uomini e donne emotivamente e moralmente inetti.
Natalia Ginzburg gioca con i valori cari alla società borghese: matrimonio, fedeltà, maternità, amicizia sono trattati con parole di una levità che ne rivela tutte le fragilità. Questa leggerezza estrema diventa una lente di ingrandimento, una chiave di lettura fredda, che converte in commedia fatti altrimenti tragici della vita dei protagonisti. E al tempo stesso si fa denuncia: di una società che rimane indifferente di fronte ai fatti della vita, che non partecipa mai per davvero, che rimuove quel poco di senso di colpa che a volte, timidamente, affiora.
Nanni Moretti sceglie il “teatro delle chiacchiere” di Natalia Ginzburg per metterci davanti ad uno specchio che ci mostra inadeguati, spettatori indifferenti di fronte alla complessità e alle tragedie della vita.

«Natalia Ginzburg – racconta Valerio Binasco – per me è tra i più importanti autori italiani. Anche se la sua immaginazione poetica non è attratta dall’eccezionalità o dall’assurdo, il suo stile “semplice” e musicale, l’umorismo dolce e le partiture sofisticate delle “chiacchiere” che riempiono le sue opere arrivano a toccare corde emotive fortissime, restituendo grandezza e profondità a personaggi solo apparentemente “piccoli”. Si viaggia conironia tra i toni malinconici di una poesia fatta di elementi quotidiani e domestici e si resta affascinati dalla musicalità originale dei suoi dialoghi. La Ginzburg ha una penna leggera, ma scava gli animi, e i suoi sono personaggi ritratti con incredibile maestria psicologica, degna di autori come Čechov». Ecco qui sotto le trame dei testi.
DIALOGO (1970) Dialogo è un lungo atto unico comico, e comincia in media res: Francesco e Marta sono una coppia, li vediamo la mattina, ancora a letto, discutono di piccole cose quotidiane, fino a che affiora dalle parole di lei la confessione di un tradimento: come per caso si è innamorata del vicino di casa, fidato amico di lui, stanno addirittura progettando di andare a vivere insieme. Non c’è tragedia nella reazione di Francesco, non c’è gelosia. E alla fine tutto rimarrà come prima. L’amante ‘scappa’ in vacanza con la legittima moglie, senza congedarsi né dall’amico né dall’amante e, anzi, per sovrapprezzo, lascia loro pure il cane da accudire.
FRAGOLA E PANNA (1966) La scena si svolge ai giorni nostri, in una villa di campagna, dove abitano Flaminia e Cesare, con la domestica Tosca. Un pomeriggio in cui il marito è fuori città irrompe in questa quiete borghese la giovane Barbara, che è scappata di casa lasciando dietro di sé un marito e un figlio piccolo. La ragazza chiede di Cesare, di cui senza pudore rivela d’essere amante; si aspetta di essere accolta, non ha un posto dove andare, né intende tornare a casa, dove il figlioletto le è venuto a noia, e il marito tradito le fa paura. Nell’attesa del rientro di Cesare, tre donne si fanno intorno alla giovane ‘randagia’: Flaminia offre all’amante del marito un pasto e un po’ di denaro; la sorella di lei, Letizia, si propone di risolvere la questione accompagnandola in un ricovero di suore, e la domestica, che è forse l’unica davvero partecipe del dramma. In questo ambiente domestico, violato dall’ingresso di un’estranea – doppiamente intrusa è la giovane Barbara, per differenza sociale e per illegittimità di ruolo – si sviluppano piccoli conflitti, acri, ma incapaci di produrre un cambiamento, e di modificare rapporti dati per scontati e resistenti ad ogni stimolo esterno. Nemmeno la possibile, se non probabile, morte per suicidio di Barbara, scuote nel finale le coscienze dei tre.
Comunicato stampa ufficiale