I migliori anni rivendicati dal programma di Carlo Conti sono chiaramente quelli passati. Ormai si tratta, purtroppo, dei peggiori anni. Almeno per alcuni dei protagonisti. La serata di sabato 13 aprile lo conferma.

Dopo la stecca iniziale di Elisabetta Viviani che ha preso malissimo la prima nota di Heidi, è toccato ad Alan Sorrenti, che cantando anche lui le solite due canzoni già interpretate nelle edizioni passate del programma (L’unica donna per me, Figli delle stelle) non ha azzeccato una sola intonazione. I Cugini di Campagna sono da sempre visivamente la caricatura di se stessi, ma ormai dovrebbero rinunciare definitivamente alle esibizioni dal vivo, accettando di cantare solo in playback.

Molti interpreti ospiti de I migliori anni sono artisti che, anche a causa di un repertorio non troppo grande, vengono invitati sempre meno negli eventi musicali. Hanno perso lo smalto dell’esibizione dal vivo e, quando capita, l’inesperienza si vede tutta. Una questione fisiologica che andrebbe controllata: perché invitare ancora certi personaggi? Perché rovinare il ricordo di quelli che furono davvero bei tempi? La stessa cosa vale anche per i comici: Maurizio Battista non ha mai fatto ridere granché, ma viene esaltato per ogni banalità dica. Si deve ricorrere al solito Enrico Montesano per cercare un sorriso vero.

I migliori anni funziona ancora perché quando fai ascoltare i vecchi successi, creando quell’atmosfera familiare da varietà del sabato sera, tocchi le corde emotive di un pubblico che ha bisogno di farsi coccolare vivendo la sensazione che la propria epoca non sia consegnata alla preistoria. E siccome un tempo non c’era la trap, ma si ascoltavano canzoni vere in grado di restare nei decenni, il prodotto sarà sempre godibile. Tuttavia, anche a un usato sicuro andrebbe evitato quel che lo rende solo vecchio e vicino al patetico. Non vale per tutti questo discorso: la splendida Wilma De Angelis nella prima puntata è stata semplicemente da applausi, dimostrando che un certo modo di cantare e di presentarsi con educazione davanti alle telecamere è ancora più che mai vincente.

Ci sono però troppe incertezze in questa edizione del programma. Passi l’esperto Magalli che fa la voce fuori campo dei video raccontando aneddoti da Wikipedia, ma oltre ad alcuni ospiti ormai da considerarsi ex cantanti va segnalato che I migliori anni non è più quello di una volta. Mancando un fil rouge per ogni puntata, si assiste a un gran miscuglio di esibizioni senza un senso tra loro, né un ordine cronologico.

Il senso originale della trasmissione (che un tempo creava addirittura delle gare tra decenni) va quindi a farsi benedire. Dell’originalità nemmeno l’ombra: gli ospiti sono da sempre gli stessi, come a dire che ormai il ricordo de I migliori anni sia esaurito. Idea contestabile, ma non è questo il punto: in fondo anche Paolo Limiti replicava più o meno i soliti ospiti, ma si assicurava che sapessero ancora cantare. Ci sia permessa la speranza che Carlo Conti recuperi l’udito nelle prossime settimane, perché se sarà lui a scegliere i brani di Sanremo 2025 è più che mai necessario che abbia davvero l’orecchio per valutare, come auspicato dallo stesso Carlo nei giorni scorsi.

A proposito, lui ovviamente non fa nessun commento che alluda al prossimo Festival, ma più lo si guarda e più si capisce che il conduttore giusto per Sanremo 2025 (e 2026) sarà Carlo Conti: professionale, entusiasta, mai una parola o un tono fuori posto. Riesce a far risultare avvincente un programma come I migliori anni, ormai senza mordente proprio come Tale e Quale Show, anch’esso tenuto in piedi grazie a Conti. Non esiste nessuno di più dinamico e al tempo stesso liturgico nella tv di oggi. Bene bene bene, la conclusione è solo una: caro Carlo, sei una sicurezza per la Rai, tu però assicuraci che ti inventerai qualcosa di nuovo e metterai da parte Tale e Quale e I migliori anni!

Massimiliano Beneggi