Intervista a Greg: noi umoristi siamo come supereroi

Da ormai quasi trent’anni ci divertono con il loro umorismo surreale, improntato sempre sul capovolgimento delle situazioni reali, quella comicità che ci trasporta nella sfera dell’assurdo che solo nei fumetti ritroviamo. Lillo & Greg del resto hanno un passato proprio da fumettisti, e assistere ai loro sketch è da sempre una medicina, una boccata d’aria fresca con cui sembra di assistere a cartoni animati estremamente divertenti: poi lo sketch finisce e, sorpresa, si scopre che non era un cartone animato, ma si stavano affrontando temi anche piuttosto seri, tradotti umoristicamente in modo da scatenare una reazione di riso che trasformi la situazione tragica. Da questo sito spesso ripetiamo che teatro e musica sono due arti pure che parlano con l’animo delle persone, e Greg, al secolo Claudio Gregori, lo sa bene: lui, che ha fondato diversi gruppi rock and roll, appassionato di arie musicali anni ‘50, ha scritto numerose sigle, tra cui il testo di Meno siamo meglio stiamo per Renzo Arbore. In questa intervista ci conferma tanta ironia, nonché come inevitabile tanta umanità e intelligenza che solo i grandi possono vantare: fare i comici del resto vuol dire capovolgere la realtà con diversi codici che vanno dalla rigidità fisica alle cadute, comunque sempre inseriti in un contrasto tra anima e corpo, che solo menti sopraffini e sensibili possono scoprire per ricomporre quella che Bergson chiamava l’evoluzione creatrice dello slancio vitale. Da stasera a sabato Lillo e Greg saranno al Teatro Manzoni di Milano, e da settimana prossima saranno a Roma, con il loro nuovo spettacolo Gagmen. Abbiamo voluto che fosse proprio Greg a presentarcelo.

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Claudio, nella locandina siete ritratti come due supereroi, perché ?

È una sorta di superpotere quello dell’umorismo, da più punti di vista. Io ho un passato di fanciullezza e adolescenza da nerd perché ho sempre portato gli occhiali, per un certo periodo anche l’apparecchio. Ero appassionato di musica, come rock and roll e jazz: avevo iniziato quando avevo 7 anni quando ho iniziato ad ascoltare questi generi musicali; non mi piaceva il calcio ed ero timidissimo con le ragazze.  Era un universo piuttosto disagevole insomma. A mano a mano ho sviluppato il senso dell’umorismo,e ho iniziato a portarlo avanti, ho visto che venivo guardato con interesse, curiosità: aveva un lato affascinante, era un superpotere che ti affrancava dal semplice ruolo di soggetto. Una delle cose più belle che ci capitano è incontrare persone che ci dicono di aver attraversato brutti momenti e con noi hanno trovato un momento di carica, di luce: è un superpotere che si ha quello di potere alleviare certi momenti più difficili di altre persone.

Pensi sia vero il paradigma per cui il comico nella vita reale sia più triste? Come nascono i vostri sketch?

Non è che sia più triste, diciamo che l’umorismo è una forma di arte perché ovviamente viene veicolato attraverso il fumetto, il teatro. L’arte scaturisce quando hai un animo particolarmente sensibile, quindi osservi quello che ti sta intorno e riesci a captarne e carpirne le sfumature e a tradurle nella tua forma di comunicazione. Questa sensibilità però fa anche sì che il comico sia più iperestetico, soggetto a emozioni che possano scaturire dall’esterno o dall’interno. La vita ha questa nota soffusa di malinconia che l’umorista coglie per primo e per primo prova a esorcizzarla con la sua arte.

In Gagmen vedremo solo scketch nuovi o riproponete anche vecch sketch?

Ci sono due sketch che non mettevamo in scena da una quindicina d’anni, poi un cavallo di battaglia che abbiamo voluto mantenere, mentre per il resto sono tutti nuovi.

Ci sarà anche molta musica…

Noi abbiamo bisogno di cambiarci tra vari costumi. He utilizziamo quindi, non per tutti gli sketch, ma avevamo bisogno di qualche siparietto musicale. Coinvolgiamo il nostro amico Attilio Di Giovanni con cui collaboro musicalmente dal 2001 per confezionare intervalli canori molto divertenti: si parte dall’assunto per cui lui millanta di aver scritto tante canzoni, in realtà ne ha scritta solo una ed è costretto a declinarla in una serie di modi differenti, ma è sempre la stessa canzone.

Quali progetti ci sono nel prossimo futuro? Si era parlato in estate anche di una partecipazione televisiva con Celentano.

Con Celentano non possiamo partecipare al suo Adrián adesso per gli impegni che ha Lillo, e pretendevano giustamente una partecipazione più attiva che noi col teatro sia insieme che singolarmente non possiamo assicurare. In Rai si era ventilata la versione televisiva del nostro programma radiofonico 610 per la primavera: i vertici Rai cambiano molto spesso, se i nuovi vertici confermeranno l’idea si farà.

Cosa credi si possa fare per riportare la gente a teatro e a godersi la magia di questo mondo?

È un po’ di anni che la crisi nera che il teatro aveva vissuto è passata, siamo in una crisi “grigia”. Ci vorrebbe qualcuno che vagliasse le proposte fatte. Spesso la gente va a teatro e incappa in produzioni che non sono un granché, quindi uno che non è spinto ad andare a teatro se si becca una fregatura ci mette una pietra sopra e non ci torna. Bisognerebbe proporre cose buone: può essere un monologo con quinte nere o uno spettacolo sfarzoso, l’importante è che la proposta sia molto interessante, aldilà dei nomi. Spesso sono usati grandi nomi televisivi per attirare il pubblico, ma magari il personaggio televisivo non ha nelle corde il mestiere del teatrante.

Massimiliano Beneggi 

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