Fa ridere con i suoi giochi di parole, i personaggi che porta in scena sono talvolta le parodie e talvolta lo specchio di signori che si incontrano quotidianamente e, pur non avendo alcuna pretesa di fare una cosiddetta comicità intelligente, le sue macchiette confermano che con la dichiarata ironia si può essere più credibili che con grandi discorsi tesi verso livelli più alti. Forse il potere della cultura lui lo ha veramente capito, e per questo può scherzare con una leggerezza e una sicurezza di arrivare al pubblico, che non cerca altro se non tante risate con cui distrarsi. Gianluca Impastato è pronto per una nuova importantissima avventura, forse la più risoluta e completa della sua carriera, come ci racconta lui stesso: il 3 maggio debutterà in anteprima assoluta al Teatro Manzoni di Milano con il suo nuovo spettacolo Il più grande mago del mondo.
Sarà il pubblico a decidere se possa essere più convincente come sommelier, come esploratore o come mago: di certo avere convinto il Teatro Manzoni ad aggiungere questa data fuori programma a poche settimane dalla chiusura della stagione è indicativo per noi e significativo per un milanese come lui che esordirà così sul prestigioso palcoscenico con un one man show che promette essere spassosissimo. Del resto da anni Impastato calca i palchi televisivi più noti, con la sua inconfondibile e contagiosa risata, e ogni volta è uno dei comici più divertenti. Nemmeno il Grande Fratello ha mostrato davvero chi fosse nel suo privato, e forse nemmeno gli interessa: ci scopre chi vuole conoscerci, e aldilà di ogni assurda e presunta accusa di bestemmia, Gianluca, che abbiamo voluto intervistare alla vigilia di questo innovativo spettacolo, si conferma una persona di grande delicatezza e legato alla sua famiglia e ai suoi valori.
Bergson diceva che nulla fa più ridere di uno che balla senza la musica: la comicità affonda le sue radici in quanto di più buffo ci possa essere nelle goffaggini e negli inciampi fisici e linguistici. Impastato ha capito che la semplicità è quella che, senza troppi giri di parole o teorie tecniche, può più di tutto suscitare emozioni. E le caricature sono, sempre per dirla con Bergson, la migliore espressione della società, portate all’eccesso.
Gianluca, ti dai alla magia ora?
Sono un artista completo ormai: canto, ballo, recito…mi manca solo la magia! La magia sarà il filo conduttore di questo spettacolo che andrà in scena in anteprima il 3 maggio e che porterò nei teatri in modo più completo nella prossima stagione.
A quasi cinquant’anni questo sarà quindi il tuo spettacolo della maturità?
Sì, dovrebbe essere il fiore all’occhiello di tutto il mio percorso artistico, sono giovane ma nemmeno troppo: sarà l’apice della mia carriera.
Ci sono persone a cui devi dire grazie per questa carriera?
Sicuramente i miei genitori che mi hanno fatto fare quello che desideravo senza mai influenzarmi, ne dirmi che sarebbe stato meglio fare altro nemmeno negli anni piu difficili della gavetta in cui si portavano a casa anche delle figuracce. Non sono ai stati teneri, ma il loro essere un po’ duri anche di fronte ai miei insuccessi mi ha aiutato. Nel corso degli anni varie persone mi hanno dato tanto: Renato Converso della Corte dei Miracoli di Milano, il primo posto dove abbiamo fatto spettacoli; Diego Abatantuono mi ha dato la forza di provare una carriera da solista; e ovviamente devo ringraziare i Turbolenti, senza i quali non potrei essere qua a parlare di questo spettacolo. In scena con me ci sarà anche Gianni Astone, con cui lavoro da diverso tempo. Ci sono un bel po’ di persone a cui devo dire grazie insomma.
Quindi oggi nello spettacolo esiste ancora spazio per i valori?
Sì, perché quella del comico è una carriera da precario; é fondamentale avere un supporto, avere una radice ben solida. Siamo dei precari di lusso: si vivono momenti felici e meno felici, e solo gli affetti ti aiutano a superare certi momenti.
Oggi la musica è molto cambiata e condizionata dal web e dai social: temi, o speri, che la stessa cosa accada prima o poi col teatro e il cabaret o pensi che in questo campo si manterrà una certa genuinità?
Io credo che per il teatro funzioni un po’ come nella lirica: ci sono delle forme di spettacolo che non cambieranno mai perchè hanno delle loro regole. E se cambieranno saranno sempre legate al passato, a quello che è stato fatto prima. Ormai sono state fatte tantissime cose. Può cambiare il linguaggio ma non lo spettacolo live: ora tutti fanno i video comici, anche perché sono pure molto remunerativi. Le strade che ho percorso io coi Turbolenti oggi sono più difficili da intraprendere, ma la comicità comunque crescerà sempre con i laboratori, pur essendoci meno ricambio rispetto agli anni d’oro di Zelig e Colorado.
A cosa ti ispiri per i tuoi sketch?
Mi ispiro alle mie passioni: puoi prendere in giro le situazioni solo se ne sei a conoscenza. Ho una passione per la storia e per il vino: cosi per i miei personaggi ho attinto da un bacino di informazioni grandissimo che ho potuto poi presentare al pubblico, senza mai soffrire di penuria di idee. Ho sempre potuto parlare molto di tante cose.
Sono quasi vent’anni che aspetto il debutto davanti al grande pubblico del Marzianino, uno dei personaggi più demenziali ma più divertenti che abbia mai visto, all’epoca a Lista d’Attesa su Telenova. Perché ci sono dei personaggi che non vengono più riproposti nel tempo?
Il personaggio nacque nel 2000 durante una stagione estiva, si chiamava Faustino: era un fan dei Turbolenti che li inseguiva ovunque. Nacque per scherzo. Ho cercato di riproporlo a Colorado negli anni di Luca e Paolo, ma non avendo purtroppo un grande feeling con loro non sono riuscito a farlo. A volte se passano tanti anni ti devi anche ricordare come si fa, quale sia la base su cui poggia la chiave comica di qualcosa.
Cosa fa ridere, da spettatore, Gianluca Impastato?
Tecnicamente ho delle lacune, quindi più che il comico tecnicamente bravo, mi piace la comicità di pancia, quelli che fanno davvero sganasciare come i Fichi d’india e Pucci. Mi piace Checco Zalone, che poi è la trasposizione di quello che sono stati Abatantuono, Sconsolata: una versione piu moderna della maschera meravigliosa del meridionale cafone che si confronta con la realtà differente del Nord. Tante volte non c’è niente di nuovo insomma, si riprende dal passato. La comicità comunque non può prescindere dall’intelligenza, e tanti esempi di comici straordinari lo dimostrano.
Cosa ti fa commuovere guardando la televisione?
Dipende dalla situazione che vivo al momento, non c’è qualcosa in particolare. Se mi lascia la fidanzata mi può fare piangere tutto: piango anche se segna l’Inter al 90’ nel derby.
Il Grande Fratello consente di mostrare la parte più vera di una persona o in fondo è sempre solo spettacolo e lo dobbiamo prendere come tale?
No, rimane uno spettacolo. Il Gianluca piu intimo c’e stato ma non interessava agli autori, e infatti sono stato squalificato ingiustamente. Loro volevano che facessi sempre il clown, quindi si creano delle dinamiche anche divertenti. Nelle prime settimane è tutto difficile, e quando la forzata convivenza procede nel tempo sei mette a dura prova, ma in fondo solo chi ha seguito le 24 ore di diretta puo’ dire di avere visto quella minima parte che è emersa davvero di me.
Per concludere, noi milanesi abbiamo sempre più remore a esternare l’appartenenza alla nostra terra: cosa rappresenta per te Milano?
Il senso di appartenenza a Milano lo può avere solo chi ci è nato: io ci sono nato 47 anni fa, ma ormai non me la ricordo più. E’ una città che o la odia o la si ama: é molto cambiata, è diventata talmente europea che è più difficile sentirsi appartenenti a Milano. Mi identifico in maniera più globale: oggi è una città meravigliosa.
Massimiliano Beneggi