Siamo abituati a vederlo nei panni della Teresa, la simpatica signora de I Legnanesi con la gonna larga ma che potrebbe essere definita la classica donna che porta i pantaloni in famiglia. Ha saputo ridare vita a una maschera storica che sembrava intoccabile dopo la scomparsa del suo creatore, Felice Musazzi: lo ha fatto in punta di piedi con un rispettoso cambiamento che non desse spazio a eccessivi confronti. Conservando il dialetto, ma italianizzandolo un pò, per rendere comprensibile a tutti anche la lingua lombarda. Obiettivo centrato: dopo 70 anni di storia, infatti, i Legnanesi nel 2019 sono sbarcati in prima serata su Rete 4 quest’estate, per tornare il 26 dicembre con il loro nuovo film Non è Natale senza panettone.

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Antonio Provasio, cresciuto nella compagnia di Musazzi all’inizio degli anni ’80, tiene molto quindi a mantenere le tradizioni facendole conoscere in contesti sempre nuovi e aggiornati. Il mondo va avanti, procede inseguendo la tecnologia (e questo non è sinonimo necessariamente di evoluzione) ma intanto rischia di vedere sfumato tutto quello che è stato costruito con passione e con altrettanta attenzione negli anni precedenti. Questa vita usa e getta non piace ad Antonio, che con uno spettacolo dal titolo provocatorio, Mi sono rotto i ricordi, sale sul palco del Teatro Manzoni di Milano lunedì 16 dicembre alle 20.45. (clicca qui per leggere il comunicato stampa ufficiale).

Henri Bergson parlava del ricordo come della materializzazione mentale di ciò che il cervello ha immagazzinato tramite la memoria: a modo suo Provasio vuole permetterci di fare proprio questo percorso. Come attraverso una fotografia torniamo al momento passato, così con i racconti e i ricordi possiamo mantenere vive le nostre radici, da cui non si scappa e che possono solo cambiare forma ma non sostanza. Per sperare di tramandare i valori senza perdere l’identità, in un momento storicamente delicato come questo in cui sembra un delitto d’onore difendere la propria cultura, Antonio Provasio si affida così alla condivisione dei suoi ricordi della vita genuina. Che sono, in fondo, quelli di tutto il pubblico.

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Antonio ti sei rotto i ricordi o qualcuno ti ha rotto qualcos’altro e possiamo solo vivere con i ricordi, che restano intatti?

I ricordi sono indelebili. Il mio è uno sfogo: ho creato questo spettacolo insieme a mia moglie Mitia per non dimenticare quello che ho visto e mi è capitato dalla fine degli anni ’60 a oggi. La location dello spettacolo è un camerino dove arrivo prima di essere premiato per essere la Teresa dei Legnanesi: io ho però in mente di fare qualcosa di nuovo, Mi sono rotto i ricordi per l’appunto. Racconto quindi la mia vita, sulla scia del si stava meglio quando si stava peggio. Racconto di quando vivevo in un cortile, la gente era più socievole e più sociale. Creo una sinergia col pubblico, parlando di come era la tv dalla fine degli anni ’60 col Carosello e gli sceneggiati, e si arriva così a conversare su quella di oggi, completamente diversa. E’ un’occasione nata per tornare con la memoria a quello che abbiamo vissuto, e ne è venuto fuori uno spettacolo godibile e simpatico.

Giambattista Vico parlava di corsi e ricorsi storici: in qualche maniera le mode hanno sempre il loro ritorno, sebbene ogni volta vengano riproposte come qualcosa di incredibilmente nuovo. Cosa vorresti che possa tornare, nel futuro, di quella vita che viene qui ricordata?

Mi auguro la voglia di stare insieme: il ritorno alla vita del cortile che raccontiamo anche coi Legnanesi è ovviamente un’utopia, ma quella è la metafora per ricordare e auspicare lo spirito che vigeva nell’aiutarsi e non chiudersi in se stessi. Sarebbe bello se tornasse la voglia di tornare a essere meno social e più socievoli.

I testi teatrali stessi una volta si scrivevano a mano o con la macchina da scrivere, oggi si scrive tutto a computer: anche per il teatro esiste questa trasformazione sociale o è rimasta intatta la sua magia dell’origine?

Il teatro è una delle poche cose che è rimasta uguale: c’è la voglia di stare insieme in allegria. Il pubblico alla fine degli spettacoli con i Legnanesi ci ringrazia per quello che abbiamo portato sul palcoscenico, per le due ore passate con un coinvolgimento che distrae e fa stare insieme. Il teatro è condivisione. E i ringraziamenti del pubblico sono sempre la cosa più bella che possa accadere dopo uno spettacolo.

Milano è una città immensamente moderna, la più europea tra quelle italiane. Si è trasformata molto negli ultimi anni: cosa ti manca della Milano precedente?

Milano ora è diversa da come l’avevo vissuta io dalla fine degli anni ’80 quando iniziai a lavorare. Ci siamo troppo globalizzati perdendo le nostre tradizioni e la nostra cultura. La multietnicità è giusta per stare al passo coi tempi, ma non bisogna esagerare perchè la cosa più brutta è perdere la propria identità.

Si comincia quindi lunedì sera con una serata unica, nella speranza di vedere altre date il prossimo anno. Non sarai completamente solo sul palcoscenico, e si canterà…

E’ uno spettacolo godibile, divertente, fatto in un giorno diverso dal solito, il lunedì. Quindi è un motivo in più per uscire di casa all’inizio della settimana. Uno spettacolo che fa tornare fuori i ricordi che abbiamo un pò tutti. Sul palcoscenico con me ci saranno mia moglie Mitia Del Brocco, Maicol Trotta che interpreterà anche il ruolo di mio figlio: ci sarà quindi anche un simpatico confronto generazionale. Verrà a trovarmi Enrico Dalceri, la Mabilia dei Legnanesi, che canterà con noi un paio di canzoni. Ci si divertirà molto facendo partecipare anche il pubblico.

Massimiliano Beneggi